Ha contraffatto documenti di George e Martha Washington, Abraham Lincoln, John Quincy Adams e Betsy Ross ed una poesia di Emily Dickinson. Ha ingannato amici, moglie, esperti di testi antichi, collezionisti e massimi esponenti della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Mark Hofmann è stato un noto falsario ed un’astuta mente criminale, quasi come il Frank Abagnale Jr. a cui Steven Spielberg si è ispirato per il suo Prova a prendermi (Catch me if you can, 2002). Omicidio tra i mormoni (Murder among the Mormons, trailer), la docuserie in tre puntate distribuita da Netflix il 3 marzo e diretta da Jared Hess (Napoleon Dynamite) e Tyler Measom (An Honest Liar), ci racconta la sua storia.
Il 15 Ottobre 1985 a Salt Lake City, nello Utah, due ordigni esplosivi provocano la morte di Steven Christensen, un collezionista di documenti, e di Kathy Sheets, la moglie di un dipendente dello stesso Christensen. Il giorno seguente un terzo ordigno esplode nell’autovettura di Mark Hofmann, ferendolo agli arti. Omicidio tra i mormoni ci parla degli avvenimenti avvenuti prima del giorno delle esplosioni e delle successive indagini per scoprire l’autore degli attacchi dinamitardi. Gli eventi ci vengono quindi presentati attraverso un alternarsi di filmati e notiziari dell’epoca, di interviste e di ricostruzioni di alcuni momenti salienti degli avvenimenti accaduti.
In una delle registrazioni Mark Hofmann afferma che «non conta tanto ciò che è autentico e ciò che non lo è, ma quanto ciò che la gente creda che sia autentico». Questa affermazione racchiude l’essenza della personalità e della vita di Hofmann e della sua scaltrezza, ma anche il senso che Hess e Measom hanno voluto estrapolare da essa e dai fatti accaduti nel 1985. Non è soltanto la mente criminale di Hofmann ad essere mostrata sullo schermo, ma anche come la gente tenda ad ignorare tutto ciò che non rientri nelle sue convinzioni. La mente umana ha bisogno di conferme e di punti di riferimento e Mark Hofmann si è insinuato in questo bisogno. Con la contraffazione della Lettera della Salamandra e del Oath of a Freeman, si prende rispettivamente gioco della chiesa mormone e dell’intera nazione degli Stati Uniti, mostrandoci la trasversale necessità di credere che le nostre convinzioni siano esatte, sia che si tratti di fede che di storia.
Come dirà una delle persone intervistate nella docuserie, la risposta teologica della chiesa mormone alla truffa di Hofmann è che «sebbene Dio sia un essere onniscente, da alle persone la facoltà di scegliere tra il bene e il male. Una individuazione universale dei crimini annullerebbe infatti il libero arbitrio». Come in F come falso (Vérités et mensonges, 1973), ma sicuramente non così riuscito come il film di Orson Welles, Omicidio tra i mormoni insinua dentro di noi delle domande senza darci alcuna risposta, se non quella che probabilmente le cose e le persone che ci circondano sono tutto meno quello che crediamo esse siano.