Nuovo Cinema Paradiso – Le differenze tra le varie versioni del film

Nuovo cinema paradiso, recensione

Come molti sanno, del lungometraggio di Tornatore vincitore del Premio Oscar esistono tre differenti edizioni. Si tratta quindi del film del regista siciliano ad avere più versioni distribuite in commercio.

Dopo un veloce montaggio, in occasione dell’anteprima da proiettare alla rassegna Europa Cinema di Bari, Tornatore e Cristaldi presentano una sorta di copia work in progress, una versione non definitiva. Il regista ha ricordato quanto fosse stato frettoloso non solo il montaggio, ma anche il missaggio sonoro di questa copia, ultimata quasi a ridosso della proiezione da svolgere a Bari, il 29 settembre 1988. La copia presentata, comprensiva di tutte le scene girate per il film, aveva una lunghezza di 4783 m. ovvero 175’ 03’’ a 24 fps. Nonostante molti critici avessero notato le prolissità del racconto, questa prima proiezione viene accolta da una standing ovation di ben dieci minuti. Per conseguenza, nella kermesse il film ottiene un premio davvero curioso, ovvero il Miglior Contributo Tecnico Artistico, la cui motivazione è per «il talento complessivo creativo, artistico e tecnico nella entusiasmante prima parte del film»[1]. Molto più catturata dall’episodio dell’infanzia, ammiragliato dal piccolo Totò Cascio come protagonista, la giuria premia il film quindi, senza inutili ipocrisie, solo per quella porzione di pellicola.

Prima dell’edizione proiettata a Bari, il film presentava una caratteristica nel sonoro che nelle edizioni successive non sarà più recuperata, neanche in dvd, e riguarda la proiezione “privata” di Verso la vita in cui Padre Adelfio (Leopoldo Trieste) suona la campanella seduto in sala per indicare a Alfredo i baci da sforbiciare. Al terzo bacio da tagliare urla un «no!» e al primo piano della campanella, al cui tintinnio udiamo il rimbombo di una campana, segue l’inquadratura delle campane della chiesa del paese, creando così una sorta di intreccio audio molto efficace. Nelle intenzioni iniziali di Tornatore la campanella manteneva il suo suono; sarà il grande Sergio Leone a suggerirgli «mettice direttamente ‘a campana!» [2], probabilmente in una primissima proiezione in moviola precedente a Europa Cinema nel mese di settembre, a montaggio in corso.

In seguito alla proiezione barese, Tornatore prosegue il montaggio, tagliando scene, accorciando e asciugando numerosi passaggi narrativi: salta il breve incontro tra Totò adulto e i due coatti al semaforo. Vengono velocizzati alcuni punti come l’entrata di Totò a scuola, oppure i bambini che guardano Il mulino del Po (1949, A. Lattuada) al cinema. La prima esperienza sessuale di Totò ragazzo nel cinema con la prostituta del paese viene del tutto eliminata, così come viene sforbiciato il tratto di dialogo di Alfredo che, prima di parlare di Elena attraverso il filmino a passo ridotto che mostra Totò, narra che quando proiettò Tempi moderni di Chaplin in una domenica del 1940 sarebbe morta la sua prima consorte. Successivamente viene anche tagliato un piccolo diverbio tra Totò e Alfredo, pochi istanti prima del celebre racconto del soldato e della principessa. La scena è bella, e merita di essere raccontata. Alle solite massime del proiezionista ormai cieco, il ragazzo reagisce spazientito «basta con le tue prediche, sembra che il mondo l’hai fatto tu!». Alfredo si difende, passa una bici, ma l’uomo, non vedente, si sente spaesato senza il suo figlio “adottivo” pronto a tenerlo per mano, il quale si riavvicina.

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Tutto il blocco narrativo riguardante la proiezione di Catene (accompagnato dalla famosa scena con le pizze portate in bici da un cinema all’altro) nella versione primaria era collocato molto prima dell’incontro con Elena; nella versione successiva Tornatore decide di collocarlo dopo, a corteggiamento già avviato.

Durante l’attesa di Totò sotto il portone di Elena alla vigilia di Capodanno, viene tagliata la scena in cui vediamo la famiglia (alla quale si è aggiunto il fido Alfredo) attenderlo per il brindisi augurale. Nella versione primaria, preceduto da una breve scena in cui Spaccafico (Enzo Cannavale) riceveva costernato la cartolina rosa di Totò, si vedeva l’ultimo incontro tra Elena e il suo spasimante che le spiega che, come orfano di guerra, non ha l’obbligo del servizio militare e che non ritiene giusto questo suo arruolamento. Nella versione per il cinema il tutto viene velocizzato con le voci dei due protagonisti fuori campo sullo sfondo delle inquadrature di Totò adulto e canuto, insonne, mentre ricorda il tutto. La lunga e affannosa corsa del protagonista a casa di Elena era accompagnata, in montaggio parallelo, dalla proiezione al cinema de Il grido (1957, M. Antonioni). Tornatore mantiene lo svolgimento, ma nel montaggio “breve” toglie tutti i riferimenti al film, sia il manifesto che le scene mostrate in proiezione. Anche il servizio militare di Totò viene molto velocizzato, togliendo alcuni brevissimi inserti come uno scherzo dei suoi commilitoni, o il suo disappunto per essere ancora in caserma dopo quasi un anno, fino alla notizia del ritorno a casa da parte dell’infermiera mentre è a letto in clinica.

Un’altra scena che il regista decide di non lasciare è quella, poco dopo il funerale di Alfredo, con Totò, sua madre e la famiglia di sua sorella a pranzo, nella quale il maturo regista spiega ai suoi curiosi nipoti quanto non sia interessante la vita professionale di un regista cinematografico affermato. Totò Di Vita (che da regista si fa chiamare Lenera) vuole trascorrere qualche giorno in pace a Giancaldo, essendovi tornato dopo trent’anni, ma il telefono della produzione squilla costantemente (accadrà anche poche scene dopo, quando lui è a casa di sua madre, e arriverà a staccarne la spina, esausto) per avere sue notizie. Nelle versioni successive via tutto.

Durante il ritrovo di Totò con Elena, ormai sposata e con figli, vengono tolti i riferimenti al marito: nella prima versione, mentre il regista spia quella ragazza così somigliante al suo mai dimenticato amore di gioventù, si accorge che il padre non può essere che “Boccia”, il suo vecchio amico d’infanzia, inconfondibile per la grande voglia di fragola sulla tempia sinistra. Riconoscendolo (andando comunque per intuito), lo cerca sull’elenco telefonico e solo così riesce a raggiungere Elena telefonicamente, dalla cabina del bar di fronte. Questa porzione di scena nella nuova versione viene eliminata, rendendo così inspiegabile come Totò abbia potuto identificare il numero di telefono di casa della donna.

In seguito al lungo discorso tra i due in auto, durante il quale emerge che è stata colpa di Alfredo che i due amanti si erano persi di vista (e anche per colpa di Totò che non si accorse di un biglietto scritto da Elena), i due protagonisti si abbracciano, si baciano appassionatamente, arrivando a fare l’amore per la prima e unica volta. Nella versione per il cinema quell’inquadratura viene accorciata, togliendo qualsiasi riferimento all’atto sessuale. Di conseguenza salta una breve scena, montata poco dopo nella versione da 175’, che vede i due l’ultima volta al telefono, poco prima della demolizione del cinema. Totò spera che Elena tenga a mantenere i contatti con il regista, ma la donna gela le sue aspettative rispondendogli che, ora che i due hanno finalmente fatto sesso, dal momento che da ragazzi non c’erano mai riusciti, non può esserci finale migliore. Poco prima di questa sequenza, ne era presente un’altra, molto bella, con Totò che cerca furiosamente il biglietto di Elena di trent’anni prima che aveva sbadatamente coperto. L’ultima scena che perisce sotto le forbici nella versione per il cinema è un breve dialogo tra Totò, un produttore e la sua segretaria (interpretata da Pietra Tornatore, sorella del regista), prima che questi veda in saletta di proiezione il rullo con i baci tagliati regalatogli da Alfredo.

Con questo lungo lavoro di sforbiciatura (al quale vanno aggiunte comunque altre modifiche di missaggio e numerosi microtagli, impossibili da riportare per intero in questa sede) il film scende di durata a 157’ 32’’. La versione presentata in commissione di censura (e quindi in sala) si accorcia a 4300 metri. A montaggio ultimato Cristaldi organizza, come ricorderà Tornatore, alcune proiezioni con registi italiani suoi amici che portano sia al produttore che al regista enormi aspettative di successo[3]. La pellicola ottiene il visto di censura (n° 84.141) l’11 novembre 1988 ed esce nelle sale pochi giorni dopo. Come ben si sa, l’affluenza sarà così poca che dopo pochissimo tempo (circa tre settimane) la pellicola viene ritirata. E all’insuccesso di pubblico si aggiunge una turbolenta polemica con il Festival di Berlino. Agli inizi del 1989 il presidente del Festival tedesco, Moritz De Hadeln, invita alcuni film italiani alla kermesse tedesca, e Nuovo Cinema Paradiso viene infilato, ma non in concorso. Tuttavia, alcune dichiarazioni che il dirigente rilascia su La Stampa innervosiranno non poco sia Tornatore che Cristaldi, tanto che il 3 febbraio arriva il verdetto da parte del produttore: il film non parteciperà al Festival di Berlino[4].

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Nel frattempo, nella speranza di recuperare qualcosa, Tornatore decide di realizzare una terza versione del film, ancora più corta della prima presentata nelle sale. Voluta dal regista stesso, e non da Cristaldi, come è stato erroneamente scritto più volte, questa nuova edizione è più corta di ben 32 minuti rispetto alla precedente, e addirittura di 50 rispetto alla prima imbastitura barese di settembre ’88. Ed è il regista a raccontare come si svolse il taglio: «mi dissero che questo film a due ore avrebbe fatto i miliardi. Allora tornai in moviola, tagliai il film […] richiamai Cristaldi e gli dissi ‘Franco, ora il film è a due ore, fategli fare i miliardi’ e lui reagì ‘hai rovinato il film, che hai tagliato?’, lo volle vedere… seguirono riunioni dopo […] ma era l’unico taglio possibile; certo avremmo potuto tentare, tornando in moviola, altre forme di sintesi, ma sarebbe stato un salto nel buio e costato troppo»[5]. I tagli della nuova edizione sono ancor più radicali, estremi. Innanzitutto, spariscono altre scene, tra cui il siparietto tra Boccia e la prostituta e la proiezione di Poveri ma belli nell’arena estiva. Saltano altri brevi frammenti, tra cui la malinconica panoramica di Alfredo e della madre di Totò insonni poco prima della sua partenza per Roma.

Ma non sono in fondo questi sforbiciamenti a modificare il film; quello che farà davvero la differenza tra questa e le due precedenti versioni è la totale rimozione del personaggio di Elena da adulta. Come hanno detto in molti, tra cui Massimo Cristaldi (figlio di Franco) e il regista stesso, un taglio che permise al film di raggiungere le due ore canoniche senza stravolgere il ritmo del film. Tornatore, così facendo, elimina di conseguenza tante altre scene, come la corsa (in montaggio parallelo) di Totò verso casa di Elena, l’incontro tra il regista adulto e la figlia di Elena sorprendentemente somigliante a sua madre da giovane e – ovviamente – l’intero ritrovo tra i due, lungo ben quindici minuti. Per conseguenza della parte ambientata nel presente rimane poco. Unica connessione con il rincontro con Elena che Tornatore decide di mantenere è un breve momento in cui Totò adulto, dopo aver visitato il suo vecchio cinema prossimo a essere demolito, riguarda con malinconia i suoi vecchi filmati amatoriali nei quali riprendeva quella ragazza che tanto gli aveva fatto battere il cuore.

Parecchi mesi dopo, il regista Robert Wise, visionando il film in questa versione, confidò a Tornatore, «io al posto tuo gli avrei fatto ritrovare Elena da grande», ignaro che il regista aveva girato questa porzione di storia, decidendo però di eliminarla completamente.

La nuova versione viene ripresentata al cinema nel marzo 1989, e viene accolta con lo stesso disastroso insuccesso della prima. Unica eccezione è il Cinema Aurora di Messina, dove il film incassa parecchi milioni grazie a un divertente espediente del proprietario; pur di invogliare i clienti a vederlo, l’uomo (che aveva amato la pellicola) espone un cartellone all’ingresso con su scritto “ingresso gratuito, pagate solo se vi piace”.

Il film viene presentato al Festival di Cannes 1989, nonostante l’insuccesso delle due precedenti edizioni, segno che sia Tornatore che Cristaldi sono due ossi duri e non vogliono arrendersi a far sprofondare nel dimenticatoio questa pellicola. Potrebbe davvero l’ultima occasione di lancio per il film e, come nei romanzi d’appendice, alla Croisette Nuovo Cinema Paradiso riscuote un gigantesco successo di critica, arrivando a vincere il Gran Prix Speciale della Giuria. La cosa spinge Cristaldi a ridistribuire il film per la terza volta, in piena estate. Ed è da quella uscita che inizia la vera e propria ribalta commerciale della pellicola. Costata circa quattro miliardi di lire, nell’arco di un anno riuscirà finalmente a ricoprire i costi di produzione e a incassarne altrettanti; il lungometraggio guadagnerà, alla fine della sua corsa al cinema, oltre dieci milioni. La quarta e ultima uscita, ovviamente in versione corta, avviene nel marzo 1990, in seguito alla vittoria della pellicola con il Premio Oscar come Miglior Film Straniero. Alcuni mesi dopo, tuttavia, Cristaldi decise di ripristinare, per il mercato home video (quindi in videocassetta), la versione “integrale” proiettata a Europa Cinema, anche perché era quella a cui era più affezionato. Così, mentre la versione da quasi tre ore verrà ripubblicata molti anni dopo in Dvd, della versione cinematografica da 157’ se ne perderanno le tracce. Ne rimane una sola copia in 35mm alla Cineteca Nazionale, digitalizzata e consultabile in sede a Via Tuscolana.

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Ma non sono del tutto finite qui le vicende delle versioni del film; nei mesi successivi alcune beghe legate a problemi commerciali costringeranno Tornatore a rimettere mano al montaggio. Ad esempio; la sequenza finale dei baci nelle prime versioni (edizione Europa Cinema e prima uscita da 157’) è molto più lunga rispetto al montaggio successivamente pubblicato in Vhs e Dvd. Mai ripristinati neanche nella versione director’s cut, per evidenti problemi economici, i baci tagliati sono soprattutto quelli di film americani anni Trenta e Quaranta, da quello di Ninotchka (1939)con Greta Garbo o di Casablanca (1942) con Bogart e la Bergman. Così come, prima della proiezione a Cannes, Tornatore si vede costretto a eliminare il leone ruggente della MGM nell’episodio di Totò bambino, imitato da tutti i più piccini in sala, sopprimendo di conseguenza anche un’inquadratura di una mascherina del cinema. Lo stesso regista ha ammesso queste problematiche, confessando «il marchio Mgm costava mezzo milione di dollari […] altri baci, come quello tra Orson Welles e Rita Hayworth ne La signora di Shangai non li inserimmo proprio perché costavano quasi un milione di dollari […] man mano che la cosa andava avanti fui costretto a eliminare altri baci, perché nel frattempo le trattative con i produttori che detenevano i diritti si erano interrotte»[6]. Con questi altri tagli la durata del film, nella versione comunemente denominata edizione dell’Oscar, scende a 123’10’’, per un totale di 3370 m. circa, mentre versione originale “intera” pubblicata su Dvd e Blu-Ray in Italia e all’estero ha attualmente un metraggio di circa 173’35’’ (4750 m.).

Non reintegrabili (come già spiegato) neanche con l’ultima edizione Dvd che seppure abbia riproposto la primissima edizione amata da Cristaldi, i baci in versione integrale e il leone MGM sono visionabili solo nella copia 35mm della Cineteca Nazionale. Un’altra inquadratura presente in quella copia, ma inspiegabilmente soppressa da tutte le successive, riguarda quella della madre di Elena mentre trae in inganno Totò che chiama a casa, convinto di parlare proprio con Elena.

Delle tre versioni esistenti del film Tornatore ha recentemente confessato di aver sempre avuto una preferenza per quella da 157’; non solo perché si trattava della prima edizione uscita al cinema, ma anche perché essa manteneva l’intero arco narrativo del film in una forma più sintetica – e più piacevole – rispetto all’edizione rough, non ultimata, proiettata a Europa Cinema, che invece era la preferita del produttore. Sebbene il film, in tutte le versioni, mantenga la struttura A-B-A, è logico che nel montaggio da quasi tre ore vi sia una distensione ritmico/narrativa molto più godibile che in quella da due ore e mezza o in quella da due ore. Ma è anche vero che, come sostiene lo stesso Tornatore, la versione “integrale” sia una sorta di romanzo, mentre quella più corta assomiglia a un racconto, proprio per il fatto che la rievocazione dell’infanzia e dell’adolescenza del protagonista sono il corpo centrale del film, mentre in quella lunga non più di 3/5 dell’intera durata. Ma, oggettivamente, una preferenza sia di carattere filologico che di realismo narrativo per la versione da 175’ è scontata per chiunque rispetti il film, proprio perché (come spiegato nella descrizione dei tagli) numerosi passaggi della trama sono illustrati con maggiore credibilità.


FONTI:

[1] “Tornatore e Amelio i migliori italiani” la Repubblica, 2 ottobre 1988

[2] Commento audio al film di Giuseppe Tornatore per l’edizione corta in DVD, 20th Century Fox, 2002/Dolmen Home Video, 2007

[3] Dichiarazioni di Tornatore durante l’incontro sul film tenuto alla Casa del Cinema il 3 dicembre 2008, pubblicato su Youtube nella collana video “Percorsi di cinema” (ANAC Autori)

[4] “Cristaldi: ritiro il film. De Hadeln ha offeso l’Italia” la Repubblica, 3 febbraio 1989

[5] Dichiarazioni di Tornatore durante l’incontro sul film tenuto alla Casa del Cinema il 3 dicembre 2008, cit.

[6] Dichiarazioni di Giuseppe Tornatore al Bifest 2018

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