Portare i vampiri al cinema nel 2025 non deve essere facile. Si tratta di creature delle tenebre dal fascino macabro e conturbante. Attrazione che colpisce in diversa misura tutti noi. E come sarebbe possibile affermare il contrario? Il vampiro è da sempre una fissazione di lettori e spettatori da tutto il mondo. Rappresenta la paura della morte, degli assalti notturni, del perdere il controllo dei propri istinti, di diventare marionette nelle mani altrui e soprattutto, aspetto spesso dimenticato, del sesso e delle sue ramificazioni più carnali e pericolose.
D’altro canto elencare tutti i film dedicati alla figura del vampiro, dall’invenzione della cinepresa fino ad oggi, è un’impresa titanica. Tale numero esorbitante diventa sempre più sconcertante se si considera che le sole opere che presentano come antagonista Vlad Tepes, il celeberrimo Dracula proveniente dal classico letterario di Bram Stoker, vanno ben oltre il centinaio. Senza considerare che la stessa figura del vampiro al cinema ha avuto sia periodi di splendore e fama, sia periodi tutt’altro che fortunati.
Tutto questo per dire che il Nosferatu (trailer) targato Robert Eggers aveva davanti a sé una strada tutto fuorchè facile. Stando alle premesse, a stralci di interviste, o dai trailer rilasciati, il remake delle vicende che vedono protagonista il gemello cinematografico di Vlad, ovvero il conte Orlok, aveva davanti un’occasione da non sprecare. Presentare un vampiro diverso e lontano dai canoni ben noti al pubblico. Rifuggire la versione elegante, il damerino patinato che molti ormai associano al nome Dracula. Questo nuovo Nosferatu pareva essere un’entità completamente nuova, più in linea con la creatura gotica di Stoker. Un conte rumeno ripugnante, potente, inarrestabile e tuttavia…macabramente affascinante.
Di tale remake è da diversi anni che si chiacchiera e discute. Eggers, regista già di altri grandi successi di critica, come l’horror gotico The VVitch, che ha contribuito alla nascita di una stella come Anya Taylor-Joy, o gli acclamati The Lighthouse o The Northman, ha spesso dichiarato come proprio il classico degli anni 20, il Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau fosse uno dei suoi film preferiti in assoluto. E durante la visione del suo Nosferatu, tale amore è davvero palpabile. Dal matrimonio di tutti questi elementi quindi sarebbero potuti uscire due possibili film. O una lettera d’amore al genere gotico, al romanzo di Stoker e al classico di Murnau o un film autocelebrativo, onanista, pieno zeppo di riferimenti classici ma impossibile da digerire per il pubblico. Potete solo immaginare il sospiro di sollievo tratto una volta terminate le due ore e un quarto di film.
Quanti abbiano già letto l’originale romanzo di Stoker, o visto il film del 1922, troveranno davvero molte analogie con la trama qui riportata. Vale comunque la pena citare qualche evento saliente per avere il giusto contesto. Ci troviamo nel 1838 a Wisborg, in Germania. Thomas (Nicholas Hoult) ed Ellen Hutter (Lily-Rose Depp) sono una giovane coppia di sposini. Per questioni di lavoro, Thomas si ritrova a viaggiare sino in Transilvania per incontrare un cliente, il misterioso Conte Orlok (Bill Skarsgård), intenzionato a comprare un rudere proprio a Wisborg. Ciò che Thomas non sa è che si tratta di una trappola ordita dal suo principale, il signor Knock (Simon McBurney), un lacchè in combutta con il conte. Orlok ha infatti mire molto più ampie, soggiogare i cittadini al suo volere, consumare le vite delle persone che lì vi abitano con la peste portata dai ratti e soprattutto reclamare il suo possesso di Ellen, con cui pare condividere uno strano legame. Da un lato Thomas dovrà lottare contro pericoli e insidie in una terra che non conosce per ritornare a casa, dall’altra parte Ellen verrà assediata da incubi e persecuzioni che colpiranno lei e chi le sta vicino. Una lotta tra bene e male è quindi in arrivo e solo una cosa è certa: nessuno verrà risparmiato.
Per quanto sulla carta il film di Eggers paia non discostarsi tanto dalle storie classiche dedicate a Vlad e compari, non è un’iperbole definire questo nuovo film come una delle opere più ipnoticamente affascinanti dedicate alla figura del vampiro. Ci troviamo infatti di fronte, in tutto e per tutto, ad un romanzo gotico filmato e messo in scena con una cura maniacale. Il Conte Orlok del film è infatti rappresentato come un flagello, una peste da cui è impossibile fuggire, un maleficio che si muove nell’ombra e capace, una volta catturato, di stritolarti senza lasciarti respiro nei polmoni. Proprio questo è l’elemento che colpisce di più dell’opera di Eggers: un’atmosfera agghiacciante, un’ansia continua che pervade ogni fotogramma del film.
Tra gli altri elementi che folgorano durante la visione, c’è senz’altro la fotografia firmata Jarin Blaschke, collaboratore storico di Eggers. C’è qualcosa di incredibilmente elegante e studiato nel modo in cui sono messe in scena le varie sequenza del film.Ad una visione distratta allo spettatore potrebbe arrivare d’istinto solo il risultato di tale fotografia: un vago ed inspiegabile senso di agitazione e di inquietudine senza fine. Osservando più attentamente non è difficile comprendere come nasca questo incantesimo.
Vi è un uso esteso ma accurato e attento di fonti di luce naturali e diegetiche (ovvero presenti in scena e contestualmente “reali”). Siano queste torce accese, lampade d’ambiente, lanterne o quello che dovrebbe sembrare il chiarore di una luna nel cielo. L’impressione, anche nelle scene apparentemente più aperte, è di luoghi angusti, chiusi e intimi. D’altro canto vi è un uso continuo di primi piani molto ravvicinati, tanto da trasformare alcuni dialoghi in una sequela di campi e controcampi dove i due interlocutori sembrano in realtà parlare e fissare il pubblico. Tali inquadrature strette e soffocanti sono comunque molto variegate. Ad esempio colpisce l’uso continuo di piani in cui due o più individui parlano mostrando il profilo al pubblico, come a ricreare qualche illustrazione d’altri tempi o, più probabilmente, dipinti su tela di secoli passati. Risultato di questa scelta fotografica è che, tranne qualche momento, allo spettatore non è del tutta presente la vera geografia degli ambienti, un angolo cieco enorme in cui qualunque minaccia potrebbe nascondersi.
Altrettanta perizia si può trovare nell’uso del sonoro. Aldilà di uno score che accompagna bene il film ma senza prendere mai il sopravvento, ci sono alcuni tocchi da maestro che non si può che applaudire. Un esempio esplicativo, e non spoileroso, è sicuramente l’incontro tra Thomas e la carrozza che lo porterà al castello del conte. Un uomo che cammina da solo in una fitta foresta al chiaro di luna fino a che una carrozza, non gli si ferma davanti non prima di averlo quasi investito. Un’immagine quasi da fiaba dark, irreale ma comunque verosimile, e che risulta comunque potente e visceralmente spaventosa. A livello di suono in tale scena colpiscono i piccoli tocchi, come ad esempio il silenzio dell’ambiente silvano che lentamente si trasforma nel battito del cuore di Thomas, lentamente inglobato dal suono degli zoccoli dei cavalli in arrivo.
Altro pilastro da non sottovalutare è il cast scelto per il film. Tutti gli attori, sia per merito della scrittura che per il lavoro minuzioso di ricostruzione storica (tramite scenografie dettagliate e costumi certosini) donano al film delle perfomances da urlo. A partire da Nicholas Hoult che, merito soprattutto di una sceneggiatura ampliata, riesce ad offrire un ventaglio molto ampio di emozioni e momenti di crisi. Altrettanto incredibile la performance di Lily-Rose Depp, all’atto pratico il vero fulcro della vicenda, il suo ruolo è ben più ampio rispetto ad altri adattamenti. Depp è talmente credibile come scream queen gotica da non far rimpiangere altre attrici leggendarie come Linda Blair o Jamie Lee Curtis. Altrettanto convincenti risultano anche i comprimari, come il Friedrich Harding di Aaron Taylor-Johnson o la Anna Harding di Emma Corrin o il simpaticissimo e magnetico Professor Franz interpretato dal veterano Willem DaFoe.
Un discorso a parte merita l’effettivo conte Orlok interpretato da Bill Skarsgard. Se fosse infatti necessario sottolinearlo, Nosferatu è la dimostrazione più concreta di come svelare lentamente, giocare con le ombre e gli effetti visivi possa rendere indimenticabile un mostro al cinema. Questo nuovo Orlok è, come detto, un flagello, un agente dell’ombra, una creatura che usa i propri poteri e sotterfugi per rigirare gli uomini mortali come fossero creta tra le sue mani. Allo stesso modo quando appare in scena fisicamente possiede una presenza magnetica ed un carisma che lascia lo spettatore attonito.
Unico neo che, purtroppo è il caso di segnalare, è la presenza a più riprese di qualche jumpscare. Per quanto normalmente possano passare in secondo piano in altri film horror, nell’opera di Eggers risultano assolutamente fuori posto. Riuscendo qualche volta a rompere l’incantesimo costruito da ogni altro componente messo in scena.
In conclusione, come giudicare Nosferatu? L’opera di Eggers, per quanto eccelsa tecnicamente e concettualmente, non è certo un film per tutti. Si tratta di un prodotto che pretende che lo spettatore presti attenzione, che “stia al suo gioco”. Esattamente come un lettore non è capace in ogni momento o periodo della sua vita a leggere un romanzo gotico, ma deve anzi trovarsi nel giusto mood per apprezzarlo a pieno, con le sue esagerazioni ed iperboli, lo spettatore che andrà in sala a vedere il film, deve essere cosciente di questo prima che si spengano le luci.
Aldilà di questo, Nosferatu è uno dei picchi più magistrali del filone horror gotico, a lungo tempo bistrattato da pubblico e critica. La fusione di diverse opere cardine del cinema e di un materiale di base elevato ad esperienza audio-visiva nitida e immersiva. In breve: se siete fan dell’horror o del gotico, non potrete assolutamente perdervelo. Se invece aveste paura di quanto potrete vedere proiettato, vi consiglio di fare qualche respiro e di recarvi comunque in sala, perché incantesimi di questo tipo sono tutt’altro che frequenti.
Al cinema.