Questo articolo contiene spoiler del film.
Fin dall’uscita del trailer, passando per la premiere a Cannes fino all’uscita nelle sale, il nuovo film di Wes Anderson, The French Dispatch of Liberty, Kansas Evening Sun, è stato elogiato da alcuni critici per essere un inno al giornalismo. La cosa ha senso ovviamente: la rivista protagonista che dà il titolo al film è chiaramente ispirata dal New Yorker, ricalcandone lo stile a partire dalle iconiche copertine. Anche i tre racconti interni che vengono presentati come lunghi reportage di oltre venti pagine fanno il verso a quelli che si possono leggere sul settimanale newyorkese, intramezzati da riunioni di redazione (c’è anche un quarto racconto più breve che apre il film).
Ma The French Dispatch non è solo questo. La critica più dura mossa verso il decimo film del regista texano è di essere troppo interessato alla forma rispetto al contenuto, andando a inficiare l’emozione e facendo mancare empatia con i personaggi. Queste critiche sono legittime. Le quattro storie, ambientate all’interno della città immaginaria di Ennui-sur-Blasé, contengono una quantità di personaggi innumerevole, come innumerevoli sono le star che li interpretano. Ma quello che caratterizza la forma di questo film è la forte influenza, mai nascosta e anzi, dichiarata in più momenti, del fumetto franco-belga, soprattutto lo stile della linea chiara (ligne claire).
Ma cos’è la linea chiara e perché ha influenzato The French Dispatch? Si tratta di uno stile di disegno tipico dell’epoca d’oro del fumetto franco-belga, che vede un uso di contorni neri molto precisi per disegnare le figure, senza ricorrere al tratteggio. I personaggi possono essere molto stilizzati ma che siano realistici nelle proporzioni (per fare un esempio, i personaggi di Asterix non rientrano in questo caso, non seguendo delle proporzioni realistiche per quanto riguarda la fisionomia dei personaggi). Questi personaggi inoltre si muovono all’interno di una scenografia piuttosto realistica. Il fumetto può essere sia in bianco e nero che a colori e, nel secondo caso, questi sono piatti e dalle tonalità pastello.
Lo stile trova in Hergé, creatore di Tintin, il suo padre stilistico e in riviste come Le Journal de Spirou una palestra per tutti gli artisti che hanno fatto di questo stile la loro cifra. Altri autori e fumetti di riferimento sono Edgar P. Jacobs e il suo Blake e Mortimer o Yves Chaland e Les Aventures de Freddy Lombard. La linea chiara ha influenzato fumettisti al di fuori dei confini francofoni come l’italiano Vittorio Giardino e gli americani Chris Ware e Adrian Tomine (quest’ultimo oltre a fare fumetti collabora regolarmente con il New Yorker ed è autore di numerose copertine della rivista). Lo stile a linea chiara inoltre prevede un utilizzo piuttosto rigoroso delle vignette all’interno della tavola (la pagina di un fumetto).
La tavola si sviluppa su quattro o tre strisce e le vignette devono essere leggermente rettangolari non lontane dalla forma di un quadrato. Un fumettista a linea chiara si permette di utilizzare vignette orizzontali che si prendono l’intera striscia molto raramente e per scopi narrativi precisi (introdurre una scenografia, spezzare il ritmo della narrazione, mettere in risalto una certa azione).
Tutti questi elementi sono riscontrabili in The French Dispatch, dall’utilizzo dei colori (alternati al bianco e nero) e soprattutto all’uso delle inquadrature che in gran parte ci sono presentate in un formato a 1.37:1. In rari momenti questo formato viene sostituito da inquadrature più larghe con un rapporto d’aspetto 2.39:1 per mostrarci un totale di una grande sala. Esempi del genere li troviamo quando vengono mostrati gli affreschi di Moses Rosenthaler (Benicio Del Toro) per la prima volta, o i prigionieri pronti a scatenare una rivolta carceraria.
Oltre a questo, Wes Anderson ricorre allo split screen per mostrarci come dei personaggi reagiscono a delle azioni di altri, componendo lo schermo di una serie di vignette come se fosse una tavola di un fumetto. Un altro esempio dell’influenza del fumetto a linea chiara si riscontra nell’inseguimento in automobile dell’ultimo racconto animato. Questa sequenza è stata supervisionata dall’artista francese Gwenn Germain che già aveva lavorato con Wes Anderson ne L’isola dei cani.
A tutti questi elementi va aggiunto quello che ci spinge a vedere un omaggio al fumetto francese e riguarda l’ambientazione francese tra gli anni Cinquanta e Sessanta di The French Dispatch, che è proprio l’epoca d’oro di Spirou e del fumetto a linea chiara. Ma è soprattutto la scelta di utilizzare la città di Angoulême come set facendola diventare la fittizia Ennui-sur-Blasé che attira l’attenzione.
Ringraziata insieme ai suoi abitanti dal regista nei titoli di coda, la scelta di Angoulême in questo discorso non è casuale. Questa cittadina di 47 mila abitanti può essere considerata come la capitale del fumetto franco-belga insieme a Bruxelles, ospitando ogni gennaio il Festival international de la bande dessinée d’Angoulême, ovvero il terzo festival del fumetto più grande al mondo per biglietti venduti dopo il Comiket di Tokyo e il Lucca Comics & Games.
È evidente quindi come l’influenza del fumetto franco-belga (e soprattutto di quello a linea chiara) sia molto forte in The French Dispatch, che nel corso della sua carriera ha sempre riempito i suoi film di elementi che ama e non è difficile la bande dessinée rientri tra questi.