Nightmare Alley – La fiera delle illusioni, la recensione: Del Toro torna in sala con un noir agrodolce

Nightmare Alley - La fiera delle illusioni

Anni quaranta, Stati Uniti. Un misterioso uomo fuggendo dal suo passato altrettanto indecifrabile si ritrova a lavorare in un circo itinerante per poter sopravvivere. Tra i tendoni trova due cose: l’amore della sua vita e la sua vera vocazione, il mentalismo. Proprio come ci si aspetterebbe dal proprio eroe, l’uomo salva la sua bella, liberandola dalla miseria cui non appartiene. I due affrontano insieme il mondo trovando il loro nido d’amore – e di successo – nell’alta società newyorchese. Molto semplice. Se non fosse che Nightmare Alley (qui il trailer) è la storia di una grande illusione (sorprendentemente azzeccato il titolo italiano); un’illusione insidiosa che pervade ogni inquadratura della pellicola, dal primo fino all’ultimo shot.

Stanton Carlisle (Bradley Cooper) è il nostro criptico protagonista che, ormai senza un soldo, decide di unirsi a un freak show. Qui si invaghisce della folgorante Molly (Rooney Mara) e conosce una coppia di artisti stravaganti, Zeena (Toni Collette) e suo marito Pete (David Strathairn), che lo istruiscono nell’arte del mentalismo, una truffa perfezionata al dettaglio cui Stanton sembra destinato. Per coronare la loro unione, Stanton e Molly lasciano il circo a seguito di un tragico incidente. Un’ellissi di due anni ci trasporta a New York dove i due hanno avuto – e continuano ad avere – moltissimo successo. Fin qui la narrazione tiene indiscutibilmente una traiettoria ascendente. Sarà l’incontro con la psicologa Lilith Ritter (Cate Blanchett) a scaraventare Stanton in una spirale che lo condurrà ad una conclusione poetica, circolare, inevitabile e tragicamente ironica.

Nightmare Alley - La fiera delle illusioni

Sebbene sia nel complesso un film entusiasmante, Nightmare Alley potrebbe risultare poco scorrevole perché sbilanciato verso la parte iniziale. La pellicola infatti, della durata complessiva di due ore e mezza, si dedica in modo più approfondito a ciò che precede la cesura determinata dall’ellissi. L’apprendistato di Stanton e le vicende del circo sembrano avere ben più ampio respiro rispetto alla seconda parte, in cui l’eroe intraprende la scalata verso il successo. Nonostante i toni e l’estetica noir, si ha insomma l’impressione che l’azione tardi ad arrivare.

E questo ritardo è conseguenza anche del fatto che tutto il film è saldamente ancorato sulla figura di Stanton e impiega tutte le sue forze in un’approfondita riflessione sul personaggio, cercando man mano di scoprirlo, di svelare la sua vera natura assieme allo spettatore. È una riflessione sulla morale, sulle ambizioni, sui sensi di colpa, sulla morbosa voglia di staccarsi dal proprio passato con la fallace convinzione che questo porterà al successo.

Oltre al ruolo reggente delle interpretazioni, tra cui ricordiamo anche quelle di Willem Dafoe e Ron Perlman, degni di nota i costumi, la scenografia e la fotografia del fidato Dan Laustsen (collaboratore del regista anche in Crimson Peak e in The Shape of Water) che, in totale armonia, restituiscono una forma precisa e accurata all’efficacie narrazione e direzione di Guillermo del Toro. Ma tornando agli interpreti, interessante sicuramente il ruolo da protagonista coperto da Bradley Cooper che offre al personaggio di Stanton Carlisle una caratterizzazione estremamente criptica e affascinante (sostenuta sicuramente anche dal reparto trucco/parrucco e costumi) cui evidentemente né il pubblico né gli altri personaggi riescono a sottrarsi.

Con Nightmare Alley – La fiera delle illusioni Guillermo del Toro apre in modo spettacolare la nuova stagione del grande cinema. Consigliatissima quindi la visione, rigorosamente in sala dal 27 gennaio.

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