#RomaFF19: Nickel Boys, la recensione del film di RaMell Ross

Nickel Boys recensione

«Potevi cambiare la legge, ma non potevi cambiare le persone e il modo in cui si trattavano fra loro» scrive Colson Whitehead nel libro che gli è valso il suo secondo premio Pulitzer, Nickel Boys, e che arriva adesso sotto forma di adattamento cinematografico (trailer) alla Festa del Cinema di Roma in apertura della sezione Alice nella città. In queste parole si potrebbe racchiudere l’essenza della segregazione razziale e di come l’intolleranza verso un diverso colore della pelle sia arrivata a radicarsi in profondità nella mentalità americana (e non solo), diventando subdola, sistematica, e per questo difficile da estirpare.

Il nuovo film di RaMell Ross, fresco dell’anteprima mondiale al Telluride Film Festival e dell’apertura del New York Film Festival, è ambientato nei primi anni Sessanta in Florida. In questo periodo le leggi Jim Crow (istituite negli stati del sud degli USA per rafforzare la segregazione razziale) venivano duramente combattute dai movimenti per i diritti civili delle persone afroamericane, guidati da figure emblematiche come Martin Luther King. Protagonista è Elwood Curtis (Ethan Herisse), ragazzo dedito allo studio che vive con sua nonna (Aunjanue Ellis-Taylor) a Frenchtown e che non vede l’ora di iniziare il college. Il primo giorno di scuola, però, fa l’errore di accettare un passaggio da un’auto rubata e da lì inizia il suo incubo al riformatorio Nickel Academy. Qui stringe un rapporto di solidarietà con Turner (Brandon Wilson), con il quale cercherà di sopravvivere ai soprusi perpetrati all’interno dell’istituto.

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Caratteristica più interessante del film è sicuramente la scelta di restituire l’esperienza del protagonista attraverso un’inquadratura in prima persona. Difficile non pensare al linguaggio formale dei videogiochi, che si stanno facendo sempre più strada nelle produzioni audiovisive, ma la soggettiva in Nickel Boys è molto meno dinamica rispetto al classico first person shot. L’identificazione nei movimenti e nel punto di vista del protagonista (che occasionalmente si scambieranno con quelli dell’altro ragazzo) fa sì che si possano registrare dettagli, sguardi e sensazioni in una maniera molto più realistica, rendendo verosimile l’esperienza claustrofobica e terrificante vissuta dai due. Un esperimento interessante, dunque, e forse anche rischioso, considerando che non tutti potrebbero apprezzare tale modalità immersiva, ma che segna una divergenza narrativa rispetto ad altri film sull’argomento.

Nickel Boys ci parla attraverso il montaggio (curato da Nicholas Monsour), che fa un grande uso di immagini, filmati d’epoca e di repertorio, messi in contrasto con le vite profondamente segnate e interrotte di moltissimi ragazzi neri. RaMell Ross ci pone davanti l’ipocrisia della società americana alle prese con lo sviluppo tecnologico, scientifico ed economico da una parte, ma dall’altra costantemente avvelenata da un’intolleranza violenta e normalizzata verso altri esseri umani. «Come la giustizia, esisteva solo in teoria» scrive Whitehead, giustizia che di fatto i ragazzi della Nickel Academy (basata sulla reale Dozier School for Boys) non hanno mai realmente ottenuto.

Ricco di un cast brillante (tra cui bisogna menzionare Fred Hechinger, che sta dando prova del suo talento in titoli recenti e attesi, come Thelma, Il gladiatore 2 e Pavements), il film arriverà in Italia con Prime Video. Un’occasione sprecata per vivere questa storia potente attraverso il grande schermo, per il quale sembrerebbe essere più adatta. In ogni caso, è molto probabile che ne sentiremo ancora parlare, soprattutto in vista della prossima award season, per la quale potrebbe essere uno dei favoriti. Decisamente da non perdere.

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