
Pandemia, tradimenti, famiglia, maschilismo. Tanti argomenti bollono nel calderone del 2025 e nel nuovo film distribuito da Medusa Film, Muori di lei (trailer). Così come sono tante le pieghe che prende il film e i registri stilistici che adotta in cerca della sua identità, oscillando tra black comedy, film erotico e noir. È Stefano Sardo, noto per aver diretto Una relazione (2021), il regista e sceneggiatore (assieme a Giacomo Bendotti). L’autore piemontese crea e confeziona uno dei primi film mainstream italiani totalmente ambientati nel pieno del destabilizzante lockdown di ormai cinque anni fa, ancora fresco nella memoria di ogni italiano.
La trama, in apparenza, sembra asciutta: le vicissitudini di una coppia romana, formata da un’infermiera (Maria Chiara Giannetta) e un professore (Riccardo Scamarcio), durante la quarantena, con lo spettro di una nuova vicina (Mariela Garriga) destinata a portare scompiglio e rimescolare le carte in tavola. La scelta del quadro temporale e spaziale può senza ombra di dubbio risultare coinvolgente: le inquadrature sui tetti e sulle strade di una suggestiva e deserta Roma primaverile sembrano quasi surreali, tanto da illuderci che quel periodo storico non ci sia mai appartenuto. E anche la colonna sonora, che varia con eleganza tra passato e presente è funzionale alla costruzione di un ambiente che potrebbe fare da cornice a una storia interessante. Persino l’intreccio ad un certo punto del film trasuda qualche goccia di ambizione artistica, un lodevole intento di stupire.
Ma la natura strutturale dei problemi del film oscura gran parte delle intuizioni positive. Nello specifico, purtroppo, i personaggi riescono a regalare ben poche emozioni. Viene effettuata, già dai blocchi di partenza, una divisione oltremodo netta dei ruoli: da una parte gli uomini: tre individui uno più peccaminoso e subdolo del precedente, e dall’altra parte le donne: vittime, subordinate all’instabilità del genere opposto. Questo frazionamento violento del film va a vanificare l’apprezzabile e necessario tentativo di criticare modelli sociali retrogradi e maschilisti.

E, purtroppo, non sono di certo le prove attoriali a dare giustizia e spessore ai personaggi di Muori di lei, che, tra tradimenti e parentele non confessate, sembrano girare a vuoto. Riccardo Scamarcio veste i panni di Luca, un uomo accondiscendente e vigliacco, sopraffatto dagli eventi della storia a cui reagisce con la stessa espressione passiva, incapace di rendere lo spettatore partecipe di ciò che gli succede davanti agli occhi. Convince leggermente di più Amanda, la vicina di casa, che, dopo essere stata presentata come classica femme fatale, viene approfondita con una backstory che cerca di alzare l’asticella del film (in parte riuscendoci), ma rischiando di confondere ancora di più i toni e le atmosfere.
Altro aspetto dolente di Muori di lei sono certamente i dialoghi prevedibili e dimenticabili, rei di rendere la maggior parte delle interazioni tra i personaggi piatta e poco credibile. Eccezion fatta per i momenti prettamente comici, nei quali un registro più adatto ed equilibrato offre qualche battuta effettivamente divertente che ironizza con efficacia sulle situazioni dei protagonisti, chiamando in causa lo spettatore per rammentargli tempi meno sereni. Quando però il film cerca di ergersi a thriller più pretenzioso e dai toni più seri è abbastanza difficile riuscire a trovarlo credibile, e lo stesso vale per i momenti erotici della storia, che sembrano più che altro fini a sé stessi, privi di quella volontà di indagare possibilità potenzialmente accattivanti.
Stefano Sardo, tuttavia, opera una regia consapevole che regala qualche guizzo, nobilitando la condizione iniziale di voyeur del protagonista Luca, optando per un vedo non vedo frizzante e dinamico. Le poche scene d’azione funzionano, coreografate in modo tale da dare brio a tutti i movimenti. Muori di lei pone la lente d’ingrandimento su un periodo cardine della nostra storia recente, e lo fa servendosi di un comparto tecnico abbastanza valido. La pretesa tuttavia non viene rispettata da una storia debole, raccontata in modo blando e confusionario.
Dal 20 marzo al cinema.
(la moglie è un medico non un’infermiera)