Da molti anni ormai l’arte del maestro d’animazione giapponese Miyazaki Hayao affascina appassionati di tutto il mondo, che continuano ad essere attratti dallo stile inconfondibile delle sue opere. Le sue pellicole, così come il loro processo di realizzazione, sono state ampiamente esplorate da analisi, saggi e documentari volti a guidare lo spettatore nella comprensione della profonda filosofia del regista nipponico. Per questo motivo, l’annuncio di un nuovo documentario sull’argomento, presentato all’81° Festival del Cinema di Venezia in concorso nella sezione documentari di Venezia Classici, è stato accolto con una certa curiosità.
In Miyazaki, l’esprit de la nature (trailer) il regista francese Léo Favier (che ha scritto la sceneggiatura insieme a Léo Brachet) si concentra su uno dei temi più cari al celebre regista, che ritorna costantemente nella maggior parte delle sue opere: il rapporto tra l’uomo e la natura.
Una voce narrante guida lo spettatore attraverso spezzoni di film e precedenti documentari, creando una linea temporale della vita di Miyazaki, ripercorrendo gli eventi principali che hanno influenzato il suo percorso, mentre affronta anche la tesi centrale del documentario. A supportare la narrazione intervengono diversi personaggi, tra cui il figlio Miyazaki Goro, il filosofo Philippe Descola, Susan Napier (regista di Miyazakiworld) e il produttore Suzuki Toshio, offrendo aneddoti o interpretazioni delle opere del regista.
Tuttavia, l’opera, che nel complesso ha una durata di poco più di un’ora e venti minuti, risulta incapace di analizzare in profondità il tema che si propone di affrontare. Proprio perché il pubblico ha già un’ampia conoscenza consolidata del maestro giapponese, ci si sarebbe aspettati un’attenzione per l’analisi che andasse oltre un livello superficiale e che soprattutto non prendesse in considerazione la lunga storia del regista. Invece, il risultato è un breve documentario dalla struttura elementare, adatto a chi non conosce la storia di Miyazaki o, più in generale, se non si hanno troppe aspettative.
Il livello della narrazione, inoltre, risulta estremamente povero e approssimativo. Una voce monotona alterna le spiegazioni tra concetti generali della filosofia di Miyazaki e resoconti della sua vita, senza focalizzarsi sull’uno o sull’altro, producendo un discorso vuoto e incapace di suscitare la catarsi del pubblico.
Una delusione, dunque, per tutti i fan del celebre Studio Ghibli, che sicuramente si aspettavano un approccio più fresco e originale sull’argomento. Un documentario che avrebbe potuto offrire molto di più se si fosse concentrato esclusivamente sul proposito originale. Il tema, infatti, avrebbe potuto affascinare per la sua rilevanza nella nostra attualità, offrendo l’opportunità di sviluppare un discorso efficace per sensibilizzare sulla crisi climatica, le guerre e l’impatto dell’uomo sulla biodiversità attraverso le sagge parole di Miyazaki. Tuttavia, questi aspetti restano solo accennati, lasciando all’opera di Favier una sensazione di incompletezza.