Gli occhi si dischiudono lentamente rimandando un’immagine distorta della stanza. In sottofondo si sente la canzone The Man Who Sold the World di David Bowie proveniente da una radio. Per un attimo sembra di essere sospesi tra sogno e realtà. Quando finalmente Snake è cosciente e i medici si accorgono che ha ripreso i sensi, lo circondano per chiarirgli la situazione: è passato molto tempo dalla conclusione del prologo che abbiamo visto in Metal Gear Solid V: Ground Zeroes, nel quale Snake è rimasto coinvolto in un incidente che gli ha fatto perdere un braccio e “regalato” un frammento di osso, parte del corpo di Paz, che gli si è conficcato nella testa e da cui ora spunta a mo’ di corno demoniaco. Come se non bastasse, scopre che ha vissuto gli ultimi nove anni in coma su un letto di ospedale. Non passa molto tempo prima che Snake venga a sapere che l’intero mondo lo vuole morto, ora che ha scoperto della sua sopravvivenza, ed infatti dopo poco una forza militare assalta l’ospedale alla sua ricerca. Nonostante il corpo sia in condizioni critiche, Snake sarà chiamato a riprendersi rapidamente e fuggire, per poi ricostituire la sua armata di mercenari e vendicarsi verso chi, nove anni prima, gli ha fatto perdere tutto – la sua base miliare, i suoi compagni, il tempo e parte del suo corpo. Queste sono le premesse con cui si apre la storia di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, e il dolore fantasma sarà la tematica che farà da sfondo all’intera opera, la quale trasmetterà con grande abilità emozionale il senso di perdita, anche dal punto di vista metatestuale.
Da sempre la saga di Metal Gear Solid è stata improntata al genere stealth e questa volta vedremo la cosa amplificata alla massima potenza. Infatti la vera novità di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain è l’aggiunta dell’Open World. Mentre inizialmente eravamo abituati a percorsi lineari, qui ci ritroviamo ad avere la possibilità di infiltrarci da qualunque tipo di angolazione, durante differenti periodi della giornata e con un meteo variabile. Questo rivoluziona completamente l’approccio al nostro obiettivo, dandoci la completa libertà di scegliere come comportarci in base alla situazione contingente e agire di conseguenza con la miriade di possibilità che ci vengono offerte, sia attraverso il contesto, che attraverso i numerosi gadget. Inoltre, proprio come nel capitolo Metal Gear Solid: Peace Walker, anche questa volta saremo spalleggiati dalla nostra mother base, la piattaforma marittima ai comandi di Snake, luogo che noi dovremo espandere tramite la raccolta di risorse sul campo e il reclutamento di nuovi soldati con il pallone fulton, in modo da poter godere di svariate tipologie di sostegno sul campo. Molte cutscenes sono facoltative e avvengono sulla mother base, quindi nonostante possa essere noioso e ripetitivo tornare spesso a fargli visita, è consigliabile farlo comunque assiduamente.
Altra nuova feature, è quella delle “spalle”, personaggi unici, metà dei quali reclutabili facoltativamente dal giocatore, che potranno unirsi a noi in battaglia e fornirci molteplici e differenti abilità che possono cambiare completamente le sorti del combattimento. Nonostante sia un titolo Open World, su PS4 girerà senza problemi a 1080p/60fps, su Xbox One a 900p/60fps, mentre su PS3 e Xbox 360 girerà a 720p/30fps, per i PC infine, con una configurazione hardware adeguata si potrà visualizzare con una risoluzione fino a 4K e frame rate a 60fps.
Come sempre il titolo è accompagnato da una colonna sonora incalzante e di alto livello musicale, ancora una volta diretta da Harry Gregson Williams, che ci trasporta completamente all’interno della storia attraverso l’uso dei suoni che rimarcano l’atmosfera pesante che permea il gioco. Anche la direzione delle scene non ha perso la sua qualità, sempre dirette da Hideo Kojima, regista cinematografico mancato. In particolare è evidente il richiamo a Nodo alla gola di Alfred Hitchcock, con la camera che durante le scene segue un unico piano sequenza che si focalizza sugli eventi più importanti, tecnica utilizzata all’interno del videogioco per rendere le sequenze più veritiere e fluide. Ma come sempre niente è completamente perfetto, infatti a causa della natura Open World, la frequenza delle cutscenes è troppo dilatata, inoltre il videogioco è stato infarcito di missioni riempitive che spezzano la narrazione, la quale benché sempre di alto livello, diventa difficile da fruire. Il videogioco è diviso in due capitoli, mentre il primo non presenta particolari problemi, il secondo è per lo più costituito da missioni già completate, che devono essere rigiocate con una difficoltà aumentata, solo in questo modo le nuove “missioni trama” possono essere sbloccate. Fortunatamente ci è data la possibilità di completare tre semplici missioni secondarie come alternativa per sbloccare comunque una nuova “missione trama”. In proporzione, queste missioni sono meno numerose rispetto a quelle che hanno caratterizzato il primo capitolo, per questo motivo la narrazione può risultare incompleta.
Ancora una volta Hideo Kojima ci illumina con uno dei suoi prodotti unici Metal Gear Solid V: The Phantom Pain. È tutto ciò che lui ha sempre voluto realizzare, come ha recentemente dichiarato, e benché alcune scelte di narrazione possono risultare discutibili, il valore del titolo rimane al di sopra della media dei videogiochi sul mercato, sia dal punto di vista narrativo che gameplay parlando.
Daniele Terracina