Nell’ottobre del 1973 usciva nelle sale statunitensi Mean Streets (trailer), il primo grande capolavoro di Martin Scorsese. Inizialmente distribuito solo in poche sale cinematografiche indipendenti. Con esso Scorsese consacra il suo successo presso il grande pubblico. Il film, di fatto, ha contribuito a consolidare la sua reputazione nel mondo del cinema e lo ha reso uno dei registi più influenti della sua generazione. Inoltre, la pellicola ha segnato l’inizio della straordinaria e iconica collaborazione tra Robert De Niro e Martin Scorsese ed è stato anche uno dei primi ruoli importanti dell’attore Harvey Keitel, che già aveva collaborato con Scorsese per il film: Who’s That Knocking at My Door del 1967.
Il film affronta il tema dell’amicizia, della criminalità, della colpa, della religione e della spiritualità, temi che diverranno cardini nelle successive opere del regista. Le strade violente del quartiere italo-americano sono lo sfondo sul quale si muovono i personaggi, luoghi che Scorsese ha conosciuto in prima persona. La pellicola è, infatti, profondamente autobiografica: un filtro attraverso il quale il regista rielabora le proprie esperienze di vita, le sue scelte personali e le sue radici culturali. È, infatti, la sua identità italo-americana a influenzare molte delle sue opere cinematografiche, non solo nei temi e nelle storie che affrontano, ma anche nel suo stile di regia. Già in Mean Streets, nonostante il budget profondamente limitato, il regista impone uno stile visivo estremamente distintivo, attraverso luci colorate, angoli di ripresa audaci e una colonna sonora eclettica, che include musica popolare, la quale crea un’atmosfera unica. Le influenze della cultura italiana, come l’opera e il neorealismo, si riflettono nelle scelte estetiche e narrative del regista e contribuiscono a rendere la sua opera profonda, autentica ed intima.
Martin Scorsese, prima ancora di essere un regista è un cinefilo, ha studiato cinematografia alla New York University, e l’influenza di tutte le visioni accumulate durante i suoi studi è ciò che ha permesso la nascita di Mean Streets, che a sua volta diventerà un grande punto di riferimento per tanti cineasti in tutto il mondo. Scorsese ha espresso in diverse occasioni che oltre al cinema, l’unico luogo in cui ha trovato ispirazione e conforto è stata la Chiesa. La sua forte credenza religiosa che sviluppa durante la sua adolescenza a Little Italy avrà un ruolo fondamentale nello sviluppo del suo primo film di successo. Charlie (Harvey Keitel) è, infatti, ossessionato dalla vergogna e dal senso di colpa causato delle sue azioni peccaminose e per questo motivo cercherà di redimersi attraverso l’autopunizione e la preghiera. Il peccato è la forza motrice che spinge il giovane ad agire e la sua ossessione nei confronti di esso mette in luce la lotta interiore che dilania il suo spirito, che vede scontrarsi la sua fede e la sua devozione alla sua vita criminale.
Cinquant’anni fa usciva al cinema quello che sarà definito “uno dei punti d’origine dei film moderni” e “un trionfo del cinema autoriale”: una storia potente che alla fine parla di “strada”, la strada che ti accoglie come una famiglia e che ti accetta per quello che sei. Una strada degradata, squallida, che ti rende un peccatore ma che ha anche il potere di redimerti. Mean Street parla anche di violenza, una violenza che Martin Scorsese, nella sua lunga intervista rilasciata per la rivista Ecran, definisce “reale”, non hollywoodiana, ma vera. La “violenza che appartiene alla vita”, che si espande nella quotidiana e progressiva discesa agli inferi di Charlie, Johnny Boy e il loro gruppo di amici. Una discesa ineluttabile verso la quale siamo trascinati e di cui inevitabilmente restiamo profondamente affascinati.