Aria fritta?
A vent’anni dall’uscita di Matrix non si ha nemmeno il dubbio sul fatto che sia entrato nel canone dei migliori film di fantascienza. Oggi è quasi un obbligo accostarlo a film come eXistenZ o Blade Runner. Ci si dimentica, però, di come fu accolto nell’ormai lontano 1999. Quotidiani e riviste di settore sono sembrate d’accordo nel definire Matrix “aria fritta” (Cineforum dixit), un pastiche postmoderno di teorie del complotto e filosofie orientali. E la nuova critica, frettolosa di canonizzare il proprio gusto e cercando una spiegazione all’immenso favore popolare che la pellicola ha incontrato, si è concentrata sulle lodi all’aspetto formale del film: le scene d’azione non saranno più le stesse, gli effetti speciali visionari, tecniche di ripresa pionieristiche, etc.
Tutte lodi giustificate, ma che col tempo sembrano aver confermato le critiche sulla sua vuotezza dietro l’apparato spettacolare. Forse, allora, il miglior intento che si può avere a vent’anni dalla sua uscita è quello di riguardare Matrix ponendo in secondo piano proprio quel lato tecnologico che sembra così ingombrante da adombrarne il senso o a ridurlo ad un semplicistico “c’è sempre una speranza”. Perché, se è vero che il film pone questa esortazione nel finale, nel suo svolgimento pone un gigantesco ma sul quale è necessario ragionare.
Cerchiamo di guardare alla parabola di Thomas Anderson, alias Neo, ed ai due mondi in cui si muove. Il primo, finzionale e virtuale, è quello della Matrice, che crea un sistema di falsi bisogni e desideri, nel quale si ha la parvenza di esser liberi, ma si è in realtà controllati da un’intelligenza artificiale che sfrutta gli esseri umani per il proprio sostentamento. Il secondo mondo è quello reale e concreto, nel quale la terra è stata distrutta dall’uomo e dalle sue macchine, nella quale l’uomo è solo una batteria biologica necessaria a tenere in vita l’AI. Si contrappongono un mondo umano ed un mondo post-umano. E nel vivere questi due mondi, lo stesso Neo si trasformerà da un essere umano ad un essere post-umano.
Umano o post-umano?
Partiamo dal mondo finzionale. Esso può esser visto come una rappresentazione di una pura ideologia. È una realtà sociale ideologica in quanto si basa sull’ignoranza del soggetto rispetto alla sua reale essenza in quanto totalmente virtuale e separata dalla vita concreta. Può esser vissuta perché contraddittoria come la vita reale, come lo stesso agente Smith ammette. Si ha quindi un sistema di bisogni e di sofferenze che entrano a far parte di un individuo, della sua identità. Da qui l’apparente impossibilità di molti ad uscirne. La propria identità è il fondamento della vita di qualsiasi individuo e la sua messa in discussione produce un sentimento definibile rabbia narcisistica, una rabbia verso l’Altro dovuta alla sensazione di perdere sé stessi, che in questo caso si traduce in una difesa del sistema in cui si è; anche se esso va contro le condizioni degli stessi individui che ne fanno parte, proprio perché essi non ne comprendono la vera essenza.
Le incoerenze del sistema ed il fatto di essere un outsider dalla doppia vita contraddittoria (impiegato di un’agenzia di software di giorno, hacker fuorilegge di notte) portano Neo a dubitare del sistema e delle verità conclamate legate ad esso. Neo vuole la verità e la ricerca di quest’ultima lo porterà a confrontarsi con Morpheus, che gli propone una via d’uscita. Perché quella via d’uscita non dovrebbe essere un’altra rappresentazione finzionale di quel mondo? Perché non potrebbe essere essa stessa un’ideologia? Perché quel percorso alternativo si basa sulla fede nella verità. Per questo Morpheus nel famoso colloquio con Neo non si sbottona, non gli spiega la sua battaglia, non gli spiega quello in cui crede. Gli chiede, piuttosto, di credere nella possibilità che il suo punto di vista possa esser vero e che la realtà sia un’altra. In altre parole, gli chiede di avere fede nel confronto con l’Altro, di credere in un possibile dialogo.
Si ha, quindi, il passaggio al mondo distopico reale. Neo si risveglia in un mondo post-umano, in cui l’individuo è completamente oggettificato, è una batteria da sfruttare per la sopravvivenza dell’AI che controlla Matrix. Il mondo non è più naturale, ovvero non vi è più una contrapposizione tra uomo e natura nella quale il primo deve lottare per la sua sopravvivenza. Alla Natura si è sostituita la tecnologia, una creazione dell’uomo stesso. Anche il suo corpo è ormai un ibrido uomo-macchina. Un cambio di paradigma così profondo presuppone un cambio di identità. Infatti, il necessario passaggio dallo statuto di umano a quello di post-umano non è definito solamente dal cambiamento del suo corpo, fonte primaria della costruzione dell’identità, ma dipende anche dal contesto circostante. Ad esempio, una persona che perde una gamba, che viene sostituita da una protesi artificiale, rimane pur sempre la stessa persona, conserva la sua umanità. È il contesto, l’Altro, che la determina. Neo è un post-umano perché l’umanità non è più alla mercé degli elementi geologici e quindi della natura; è diventata essa stessa un elemento geologico, in grado di distruggere l’ambiente che ha attorno a sé e rendere impossibile la vita in esso, al pari di una qualsiasi catastrofe naturale.
Ed è qui il film mostra il suo lato più interessante. Assistiamo letteralmente ad un training sensoriale: Neo impara letteralmente a muoversi nel nuovo tipo di spazio, che è diverso non solamente sulla concretezza della vita materiale, lo è anche a livello mentale. Lo spazio materiale del mondo post-apocalittico infatti si affianca ad una proliferazione di spazi virtuali, puramente mentali. Questi spazi sono vissuti come positivi da Neo e dalla banda di Morpheus perché creati a loro piacimento, in base alle loro necessità reali. Neo ha bisogno di imparare il Kung Fu? Eccoci in un dojo. Non solo, ma le conoscenze necessarie vengono caricate immediatamente nella sua mente. La tecnologia è svuotata dall’ideologia dominante e risponde a necessità reali: Neo nel mondo precedente era prigioniero dell’ideologia e la tecnologia erano le sbarre di quella prigione. Ma quelle stesse sbarre possono essere usate come spranghe.
Tutto ciò non è abbastanza. La tecnologia è uno strumento ed in quanto tale il suo utilizzo è legato alla volontà del suo possessore. Una volta sviluppata l’abilità di pensare e vivere nel nuovo contesto post-umano, l’identità del soggetto non può rimanere la stessa: ha bisogno di un nuovo confronto con l’Altro, questa volta un Altro tecnologico. Neo, quindi, viene portato dall’Oracolo, un’entità puramente tecnologica votata alla causa di Morpheus, per farsi rivelare se è il Prescelto. L’Oracolo, però, non dice nulla che Neo non sappia già. Anzi, gli dice esattamente ciò che vuole sentirsi dire. Perché? L’Oracolo, in quanto Altro, rappresenta ciò che Neo non è. Gli offre quindi una conoscenza negativa, che ha uno scopo ben preciso: quello di cementare l’identità di Neo, convinto fermamente di non essere il Prescelto.
“Non ti preoccupare per il vaso.” Dice l’Oracolo a Neo, che gli chiede come faceva a sapere che avrebbe rotto il vaso vicino all’entrata della stanza. “La domanda non è come facevo a saperlo, ma: se non te lo avessi detto, lo avresti rotto ugualmente?” risponde l’Oracolo. A Neo non viene imposta un’identità secondo una nuova ideologia, viene lasciato nelle sue convinzioni ed è reso libero di autodeterminarsi. Se non fosse così, Neo farebbe la fine del pazzo che si credeva un chicco di grano: dopo mesi di cure psichiatriche, i medici riescono a convincerlo di essere un uomo. Uscito dall’ospedale, dopo poco, il pazzo rientra di corsa. “Ho incontrato una gallina ed ho avuto paura di essere mangiato”, esclama. I medici tentano di calmarlo dicendogli di calmarlo: “E di cosa hai paura? Ora sai di essere un uomo e non un chicco di grano”. Al che il pazzo risponde: “Certo, io lo so, ma la gallina?”
Per questo Neo, finalmente acquisita la consapevolezza di poter decidere il suo futuro in base ad i suoi principi, decide di andare contro la profezia dell’Oracolo che gli aveva detto che uno tra lui e Morpheus sarebbe morto. Neo fa un atto di fede innanzitutto verso sé stesso (“credo di poter salvare entrambi”, dice a Trinity), verso quello in cui crede, e di conseguenza verso la causa. Accettando il possibile annientamento di sé stesso, accettando quindi i possibili effetti negativi che il cambiamento comporta fino al loro estremo, Neo recupera il rapporto con l’Altro tecnologico, diventando tutt’uno con esso, trascendendo. Alla fine del film il cambiamento diviene possibile, ma solamente dopo la presa di coscienza che questo investe anche sé stessi e che l’Altro tecnologico, liberato dall’ideologia, può diventare lo strumento massimo di miglioramento di sé e di liberazione.
Siamo ancora umani?
Si è dimostrato, quindi, che Matrix non è un film vuoto come gli si imputò nelle critiche di 20 anni fa. Le critiche che oggi vengono giudicate ingiuste sono forse figlie del fatto che vent’anni fa la comprensione del profondo cambiamento che il mondo stava attraversando non era ancora matura. Certamente la tecnologia era stata più volte mostrata nel suo lato inquietante di strumento di potere, ma quasi mai si era guardato alla tecnologia con l’intento di rappresentarla come un possibile strumento rivoluzionario e di cambiamento dello statuto dell’umano. Questo è quello che rende Matrix un film profondamente attuale, il fatto di aver capito come la tecnologia possa esser in grado di cambiare l’essenza stessa dell’uomo e di come si debba innanzitutto fare i conti con ciò. D’altro canto, è un avviso, un monito ad attuare un cambiamento nel singolare (Neo e la sua ricerca di una identità definita) e nel particolare (Neo che capisce che i suoi valori possono rispecchiarsi nella causa di liberazione di Morpheus) prima di passare all’universale liberazione. Quest’ultima deve avvenire attraverso l’utilizzo dello strumento tecnologico depurato dall’ideologia.
Pensiamo a quanto sia cambiato il mondo con l’avvento di Internet e ai numerosi problemi impossibili da affrontare se non globalmente. Riscaldamento globale, inquinamento dovuto a plastica e utilizzo di combustibili fossili: tutti problemi che testimoniano di come stiamo entrando in un’epoca in cui il problema fondamentale dell’autoannientamento implica un diverso statuto di umanità ed un ripensamento dei valori. Solo ricostruendo un nuovo sistema di valori, nel rispetto dell’autodeterminazione, potrà consentire un approccio soddisfacente a questi problemi. Internet in questo scenario offre una possibilità unica di confronto, di unione e di autodeterminazione, come dimostrano le proteste portate avanti dal movimento #MeToo e da Greta Thunberg. A patto, però, che il Web non sia costretto a sottostare a qualche tipo di ideologia.
È proprio questo ruolo di strumento libero che dovremmo preservare nell’Internet. Ruolo che nella storia recente viene sempre più messo a rischio, visti i numerosi tentativi di assoggettare il Web a degli scopi di dominio. Si pensi al caso Cambridge Analytica. Si pensi all’ingerenza russa nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Si pensi a Google che traccia la posizione degli utenti anche quando questi negano il loro consenso. Lo spazio virtuale e mentale dell’Internet è in pericolo e questi fatti ci mostrano come Matrix sia stato lungimirante nel lanciare questo allarme e non complottista come si disse (e spesso ancora si dice). Il suo limite forse è quello di assumere una concezione classica di ideologia e di non considerarne una nuova (se gli individui conoscono l’essenza della realtà ideologica, ma continuano ad esserne schiavi di loro spontanea volontà, come si spiega tutto ciò?). Matrix, comunque, rimane un monito che a vent’anni di distanza dalla sua uscita risulta amplificato e ancor più necessario considerare: il mondo attorno a noi cambia e con esso dobbiamo cambiare anche noi e decidere chi siamo diventati, solo allora sarà possibile cambiare attivamente ciò che ci sta attorno. Liberare la mente per liberare il mondo!
Bibliografia:
Slavoj Žižek, L’oggetto sublime dell’ideologia, Ponte alle grazie, Milano 2014.
Slavoj Žižek, Come un ladro in pieno giorno. Il potere all’epoca della postumanità, Ponte alle grazie, Milano 2019.
Vezio Ruggieri, L’identità in psicologia e teatro, Analisi psicofisiologica della struttura dell’Io, Edizioni Magi, Roma 2001.