Il primo lungometraggio del regista thailandese Phuttiphong Aroonpheng, Manta Ray, vincitore della sezione Orizzonti alla mostra del cinema di Venezia del 2018, mette in scena un dramma dalle tematiche profondamente attuali tramite una visione personale ed ipnotica.
Manta Ray (trailer) è la storia di un rapporto tra un pescatore che salva la vita ad uno sconosciuto, il quale inizia ad impossessarsi cautamente della sua vita a seguito della sua misteriosa scomparsa, come per un naturale ciclo di eventi. Il regista vuole in realtà rendere vivido un messaggio umanitario, la rappresentazione simbolica del dramma della popolazione Rohingya, minoranza etnica dello stato del Myanmar considerata come una comunità di immigrati e perseguitata brutalmente nell’ultimo decennio. Lo sconosciuto che non proferisce parola è quindi la comunità Rohingya, popolo senza voce, costretto a fuggire nella confinante Thailandia annegando in mare o venendo seppellito senza nome nella foresta. E’ tale premessa che porta a guardare questa pellicola con uno sguardo più mirato e consapevole.
Aroonpheng, con alle spalle diversi lavori da direttore della fotografia, cura Manta Ray dal punto di vista visivo attraverso la trasposizione di un ambiente esotico (almeno per lo spettatore occidentale) dal forte impatto. Piani d’insieme alternati a riprese a mano in cui la macchina da presa è percepita come un ulteriore personaggio in uno spazio prevalentemente naturale, quasi esoterico, teso a rivelare i significati nascosti del racconto. Poi l’uso ricorrente delle luci colorate che danno un senso di magico alla giungla, e la partitura musicale così densa conducono lo spettatore in un mondo onirico e tristemente segreto. Questo modo di raccontare “non convenzionale”, come ammette l’autore, affascina lo sguardo e accomuna il suo cinema ad un cinema di poesia estremamente diverso da quello pasoliniano nell’estetica ma non negli intenti. Manta Ray è una pellicola d’essai rivolta sicuramente ad un pubblico ristretto, che per i ritmi distesi, l’estetica artistica e le radici culturali intrinseche rimane ancorato ad un’ottica molto intima e difficilmente può fare breccia in un panorama occidentale, pur chiedendolo incessantemente anche a fronte di un intento umanitario.
Nonostante ciò il film riesce a tornare fiduciosamente in Italia, paese che lo ha consacrato lo scorso anno, a partire dal 10 ottobre.