Lux Santa, la recensione: fare luce sul territorio

Lux Santa, la recensione

La cosa decisamente più interessante di Lux Santa, il documentario presentato dal giovane regista calabrese Matteo Russo al 41° Torino Film Festival, è che ci fa chiedere cosa significhi la tradizione, in paesi fortemente radicati nella tradizione, per una generazione che di quella tradizione non se ne fa nulla. O almeno, che sembrerebbe non farsene nulla secondo la vulgata comune. Racconta infatti dell’usanza presente nel crotonese di bruciare delle enormi pire di legno – composte da ammassi di vecchi mobili, legna, travi e qualsiasi altro comburente trovabile nel paese – in onore a Santa Lucia, la “santa cieca”, per restituirle la luce negli occhi (da qui lo spirituale e arcaico titolo). 

La narrazione di questo documentario dall’approccio quasi neorealista si impernia su dei ragazzi poco più che adolescenti, appartenenti al quartiere Fondo Gesù (uno dei più difficili di Crotone), che ambiscono a mettere in piedi il fuoco più alto e spettacolare di tutti, per poter essere finalmente notati da qualche troupe giornalistica che tutti gli anni si affaccia a riportare il fenomeno. Sono ragazzi che, senza anacronismi inutili, vivono, parlano e si comportano come dei veri ragazzi di oggi – gli attori sono non professionisti che interpretano realmente loro stessi – eppure si confrontano con una tradizione antichissima e piuttosto demodé

La loro stoica abnegazione nello stare dietro a questo rituale, in un posto dimenticato da Dio, assume quindi una pregnanza fondamentale, oltre la semplice abitudine tramandata da generazioni. Sì, c’è anche questo fattore che tieni in vita i fuochi di Santa Lucia, ma fare il rogo più alto di tutti significa soprattutto contare qualcosa, darsi un obiettivo in un contesto così arido e disperato, sopperire sostanzialmente a un vuoto sconcertante (non colmato né dallo Stato, che compare solo in forma punitiva, né dalle figure paterne) per poter anche solo per un giorno finalmente esistere. Mettere insieme una squadra per compiere questa impresa è un’impresa a sua volta, tra ragazzi annoiati, adulti giudicanti e avversari sleali, ma diventa una necessità improrogabile per dare un senso alla propria vita; la tradizione, in un luogo così fermo, riesce a non restare un manufatto impolverato grazie proprio all’assenza di altro, e al suo essere unica fonte di rigenerazione catartica del microcosmo sociale.

Lux Santa, la recensione

È un film molto interessante, inoltre, perché illumina un mondo che ha già inondato l’immaginario culturale del nostro cinema recente (e non solo) come quello della periferia meridionale, che però molto spesso è rimasto confinato alle immagini dei rioni napoletani. Nel presentare un materiale nuovo, che vive una sorta di “ritardo” nella rappresentazione come quello calabrese, Russo fa una scelta a suo modo coraggiosa e fortemente sostenuta: per quanto un quartiere come Fondo Gesù, uno tra i più pericolosi della zona, avrebbe potuto offrire scenari narrativi criminosi, estingue qualsiasi tentazione malavitosa e/o goliardica di facile presa, decidendo di fare un lavoro serio e fiducioso sulle difficili vite di ragazzi veri.

Lux Santa non è esente da critiche: forse si lascia per buona parte della sua durata trascinare dallo scorrere degli eventi, senza costruire una doverosa impalcatura di conflitti che gioverebbe alla narrazione (forse ci arriva troppo tardi, e sembra quasi per caso); e forse il formato ristretto 1:33 non comunica bene con altre scelte fotografiche (una ricerca ricorrente di una lunga profondità di campo), risultando inutilmente limitante rispetto a inquadrature che spesso chiedono maggiore aria ad un ambiente parzialmente inedito. Sembra che visivamente si sia persa l’occasione di raccontarlo meglio, preferendo una scelta formale che piuttosto che fondersi alla psicologia dei personaggi (e del luogo) è stridente e rischia di cadere nel manierismo. Ma è uno sguardo comunque curioso, valido, che prova a essere diverso e lo fa per un patrimonio geoculturale – condiviso dal suo promettente regista – a cui tiene davvero, e questo è senza dubbio lodevole.

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