È disponibile da fine gennaio 2020 la serie Luna Nera (trailer), il terzo prodotto Netflix italiano dopo Suburra e Baby. La storia parla di donne, di anticonformiste, di streghe. Nella campagna laziale del XVII secolo la protagonista Ade (Antonia Fotaras) è un’adolescente che conduce una vita umile dividendosi tra il suo lavoro di levatrice e la cura del suo fratellino. La ragazza si ritrova improvvisamente ad essere perseguitata dai suoi stessi compaesani perché ritenuta una strega ed è costretta a fuggire per trovare riparo presso un gruppo di donne, reiette della società. Tra amicizie tutte al femminile, un senso di protezione che ognuna prova verso le altre e un affetto profondo che lega le donne della comunità, Ade inizia il proprio percorso di scoperta e crescita personale. Inoltre, passando dal fare da cornice al guadagnarsi quasi il centro delle vicende, c’è un immancabile amore che sembra impossibile poiché coinvolge due nemici naturali, probabilmente destinati a non poter essere mai felici insieme.
Tutta la storia si divide tra scienza e superstizione, tra razionalità e magia. La serie è tratta dal primo volume dall’opera omonima scritta da Tiziana Triana ed edita da Sonzogno, Luna Nera – Le città perdute, romanzo di genere fiction storica, dark fantasy. Adattare un simile tipo di narrativa, nel quale le vicende storiche realmente accadute si fondono con un immaginario fantastico, è sicuramente una sfida enorme per la serialità italiana. Questa sfida offre però, al contempo, attraverso la possibilità di portare sullo schermo donne con poteri sovrannaturali, un’opportunità di riscatto per tutte le “streghe” che nel corso del tempo sono state annientate nel mondo reale e che nella finzione narrativa hanno invece modo di difendersi ed opporsi a chi dà loro la caccia. Al centro di tutto si pone, difatti, la stregoneria, invenzione di uno dei momenti più bui che il mondo abbia mai vissuto, ma appunto, evento storico realmente verificatosi: tra il XV e il XVIII secolo moltissime furono le donne catturate, torturate e bruciate o uccise in modi altrettanto efferati con l’accusa di stregoneria. L’intento della serie è quello di utilizzare la caccia alle streghe come allegoria per affrontare il tema della condizione delle donne e la discriminazione da sempre perpetrata a loro spese in ogni epoca e società.
Il cast tecnico principale è quasi interamente composto da donne fatta eccezione per i produttori: Domenico Procacci per Fandango e Felipe Tewes, responsabile dei prodotti originali Netflix in Europa. Per il resto le donne prevalgono a partire dall’autrice del libro che ha partecipato alla stesura della sceneggiatura insieme alle sceneggiatrici Francesca Manieri (tra i cui lavori figurano la sceneggiatura de Il primo re, Mattero Rovere, 2019 e de Il miracolo, serie tv di Niccolò Ammaniti), Laura Paolucci (L’amica geniale, Saverio Costanzo, dal 2018) e Vanessa Picciarelli (Bangla, Phaim Bhuiyan, 2019). La regia è altresì affidata a tre donne: Francesca Comencini (tra gli altri Gomorra – La serie, dal 2014), Susanna Nicchiarelli (Nico, 1988, 2017) e Paola Randi (Tito e gli alieni, 2018).
L’elevata presenza femminile sia nel cast tecnico che in quello artistico, quest’ultimo composto da attrici e attori sia esordienti che provenienti dal mondo del teatro con una vasta esperienza di palco alle spalle (ad esempio Manuele Mandracchia e Federica Fracassi), non riesce a passare inosservata e questo ha un doppio effetto: se da una parte è scontato notare e finanche apprezzare una scelta simile che è, obiettivamente, insolita, dall’altra il molto parlarne con atteggiamento esterrefatto non fa che renderla una manovra da ritenersi assurda piuttosto che innovativa. Un cast composto da donne, altrettante donne alla sceneggiatura e alla regia, si tratta di un caso che fa scalpore, è naturale, ma per muovercisi tutti insieme in una direzione di possibile normalizzazione è contro producente attribuire tanta importanza al genere sessuale di chi ha lavorato ad una serie tv.
Partendo da questo presupposto il risultato è un prodotto effettivamente scritto, diretto e realizzato con intento femminista che riesce anche nel suddetto intento in alcune circostanze. Il fatto, ad esempio, che le donne della comunità magica non aspettino l’arrivo del prode paladino per essere salvate o protette, ma preferiscano contare solo sulle proprie forze per salvarsi da sole rompe gli schemi preconcetti che vedono la donna come una delicata creatura che può ambire solo al ruolo di damigella in pericolo. Tuttavia la serie non ha volontà di porsi come un prodotto segregazionista né tanto meno separatista. Si rivolge ad un pubblico ampio, senza avere un preciso target, sicuramente non un genere di riferimento specifico. Basti pensare a quante opere cinematografiche e seriali con protagonisti prevalentemente maschili si rivolgono ad un pubblico senza un preciso genere. Ecco, questa è la normalizzazione alla quale sarebbe il caso di ambire anche per quanto concerne altrettante opere audiovisive con protagoniste prevalentemente femminili.
È in atto la quarta ondata femminista e questa volta tutti sono invitati a partecipare a prescindere dal proprio genere, orientamento sessuale, etnia o condizione sociale. Come per tutte le evoluzioni, i cambiamenti stanno avvenendo con lentezza e costanza, ma la rivoluzione che coinvolge il modo di vedere il mondo e concepire la realtà può mutare solo se si verifica la normalizzazione di quanto può apparire estremamente fuori dall’ordinario.
Per concludere, avevamo davvero bisogno di una serie fantasy realizzata in un paese che da sempre ha fornito innumerevoli spunti, ad esempio storici o paesaggistici, per un numero imprecisato di opere letterarie e cinematografiche? L’Italia non ha una tradizione forte per quanto riguarda il genere fantasy e questo ha concesso di creare un territorio di vasta sperimentazione ma ha anche ampliato lo spettro di possibilità dei fallimenti. Ogni azione pionieristica comporta dei rischi e tutto ciò che sta dietro alla realizzazione della serie Luna Nera accetta coraggiosamente di correre dei rischi.
L’allegoria della caccia alle streghe come discriminazione della donna funziona ancora oggi dal momento in cui non è raro subire discriminazioni nel momento in cui una donna si mostra diversa rispetto a quello che la società si aspetterebbe da lei o manifesta l’intenzione di intraprendere una strada ritenuta non convenzionale; un esempio banale: una donna che rinuncia alla maternità viene spesso considerata egoista, troppo concentrata su se stessa per accettare di rinunciare a qualche libertà personale per preoccuparsi anche di un altro essere umano. È una serie da guardare senza aspettative e nella speranza che possa aprire la strada ad altri progetti tanto ambiziosi. Allo stesso tempo si spera possa istillare qualche piccola riflessione su cosa significasse essere donna secoli fa e cosa significa esserlo nella contemporaneità.