Dieci concorrenti, comici dalle esperienze più variegate, rinchiusi in una casa-teatro per sei lunghe ore. L’obiettivo di ogni partecipante? Far ridere gli altri, servendosi di tutti i mezzi a disposizione (battute, gag, oggetti, imitazioni, travestimenti). La regola? Non ridere mai, pena l’ammonizione e, in seguito, l’espulsione dal gioco. In palio, per il vincitore, 100.000 € da devolvere in beneficienza. Separata dall’arena della (non) risata da un corridoio in stile Shining, la stanza regia, dove si trovano i due presentatori: Fedez e Mara Maionchi. È una sorta di VAR Room dove i conduttori-arbitri dal fischietto intransigente osservano attentamente anche il minimo accenno di riso e muovono le pedine del gioco premendo leve e pulsanti di cui non conoscono la funzione. Distribuito su Prime Video, Lol – chi ride è fuori (trailer) è un game show di sei episodi, mix di stili e forme del comico, terra di mezzo di monologhisti provenienti dal mondo della stand up comedy, artisti consacrati nel web e pionieri della vecchia scuola della comicità italiana.
L’arrivo di Lol sulla piattaforma streaming, a dire il vero, è passato piuttosto in sordina: si paventava l’ennesimo show televisivo che cerca spudoratamente di suscitare la risata nel pubblico, uno di quelli fatti di slogan (magari anche nel titolo, perché no?) e musichette pop con il presentatore dal sorriso plastico forzatamente divertito. E invece no, tutt’altra storia. Lol è una piacevole scoperta, o meglio, la conferma che ridere, e far ridere, è un arte da maneggiare con minuzia.
“Chi ride per primo perde”. Quante volte ci abbiamo giocato da bambini. Bastava guardarsi negli occhi e restare in silenzio, fare facce buffe per mettere in difficoltà il nostro compagno di banco e, nel peggiore dei casi, uscirne spensieratamente sconfitti. Ed è esattamente ciò che succede in Lol, dove perde chi assapora più degli altri lo spirito ludico del comedy show, meritevole di recuperare uno sguardo bambinesco, per cui il riso è quanto più difficile da trattenere: impulso primario tanto da diventare una seduzione. Perdere non è poi tanto male, dunque. Anzi, è la vittoria a diventare allegoria di un supplizio, quello di riuscire a resistere a diverse riprese incassando i pugni ilari degli sfidanti.
E allora qual è la genialità di Lol – Chi ride è fuori? Un programma dal regolamento così semplice, quasi sadico, da chiedere ad ogni concorrente di trattenere anche la più lieve smorfia di riso in una stanza con altri nove artigiani della risata? Non avere copioni. Il comedy show ha il merito di mettere artisti dai più disparati trascorsi comici nelle condizioni di improvvisare, portare con sé il proprio bagaglio creativo (chi più, chi meno) e farsi interpreti di un canovaccio scritto in modo ottimale. Lol funziona, diverte senza averne la pretesa. La caccia alla risata tra gli sfidanti diventa emblema di un istinto di sopravvivenza, per cui “intrattengo gli altri per salvare me stesso”. Il risultato è scoppiettante. Merito del talento dei singoli: dalle gag misurate di Lillo, alla naturalezza spiazzante di Elio, passando per i personaggi iconici della Guzzanti, l’eccentricità carismatica di Pintus e l’ironia fuggente (letteralmente) di Frank.
L’eterogeneità del cast, pur nel suo movente commerciale, è una mossa rischiosa quanto affascinante, come quella di affidare la conduzione alla Maionchi e a Fedez, già colleghi ai tempi di X Factor. La prima, forse troppo poco valorizzata, riesce a regalare solo verso la fine alcuni sprazzi della sua spontaneità. Il cantante milanese, invece, è uno spettatore compiaciuto, il quale non si sostituisce ai concorrenti per eccessi di ego, e anche se a volte rischia di pagare dazio e restare in ombra per il suo affascinato spirito voyeuristico, la sua è una conduzione congeniale all’anfiteatro formato “tutti contro tutti”.
Nella stagione televisiva in cui la spaesata pezza satirica targata Lundini-Fanelli riscuote un successo tale da accontentare tutti con una seconda stagione in arrivo e il sarcasmo disilluso di una musica (apparentemente) leggerissima conquista il pubblico-social pandemia edition di Sanremo, Lol-chi ride è fuori, più che una sorpresa, è la conferma rassicurante di ciò di cui abbiamo un bisogno spassionato: non prenderci troppo sul serio, ridere, sì, ma senza troppa retorica o tanto meno la pretesa di scovare il famigerato “messaggio di fondo”. La morale, se così vogliamo chiamarla, non è altro che la risata stessa, il travestimento giusto al momento giusto, la costruzione meticolosa di un personaggio, l’improvvisazione riuscita o la gag studiata. Lol possiede tutto questo: funziona in quanto governato da un continuo senso di imprevedibile, per cui anche un tip-tap ballato con tanto di parrucca e due braccia di troppo, può rivelarsi una mossa letale per gli avversari.