A rappresentare la Tunisia all’interno del programma del Francofilm Festival è Les ordinaires (trailer), film di Mohamed Ben Attia. In un luogo senza tempo né coordinate specifiche un uomo scopre di avere un’insolita abilità che vuole a tutti i costi condividere con il figlio. Già dalla sua premessa il film prende la forma di un sogno, un viaggio che porta i protagonisti a scoprire cose nuove di se stessi e del mondo che li circonda, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Da spettatori si è pienamente coinvolti nell’avventura di Rafik e suo figlio Yassine ed è quasi un dispiacere il doversi separare da loro, risultato a cui il cinema dovrebbe ambire ma che fa sempre più fatica ad ottenere.
Il coinvolgimento inizia quando gli attori entrano nell’inquadratura. Le interpretazioni dell’intero cast sono infatti credibili e per niente macchiettistiche o edulcorate, e conferiscono alla vicenda un tono molto realistico che non stride con l’atmosfera onirica del film bensì vi si intreccia. In questo senso Majd Mastoura, Samer Bisharat e il giovane Walid Bouchhioua (nell’ordine Rafik, un pastore senza nome e Yassine) non hanno un compito facile: i loro tre personaggi sono i testimoni di un evento inspiegabile, il volo di Rafik, ma non c’è nulla di magico nella situazione a cui assistono, perciò i tre interpreti devono dipingere sul proprio volto lo stupore più “normale” e sincero.
Il punto cruciale e probabilmente il nocciolo della storia di Ben Attia è l’incontro dei tre viaggiatori con una famiglia che vive tra le stesse montagne in cui Rafik ha volato per la prima volta davanti a qualcuno. Quest’ultimo, come in ogni altra situazione (con lo stesso Yassine ad esempio, che ha sequestrato per fuggire insieme a lui), impone la sua presenza con aggressività e pretende accoglienza da parte della famiglia. La richiesta si trasforma presto in ricatto ma Rafik è disposto a svelare il suo segreto, quasi come dono per ovviare alla prepotenza agita nei loro confronti. Tuttavia, nessuno che non abbia visto con i propri occhi il volo dell’uomo riesce a credergli e anzi, il suo racconto, così sinceramente deciso, scatena in loro una rabbia ancora più grande nei suoi confronti. Sembra quasi che più che dalla violenta occupazione di Rafik e i suoi compagni, la famiglia sia profondamente scossa dalla possibilità unica che l’uomo dichiara di avere e dalla semplicità con cui ne parla.
Che sia l’abilità di Rafik il simbolo di qualcos’altro? La domanda è lecita e forse necessaria. Un uomo che vola d’altronde è prima di tutto un uomo che può vedere le cose da infiniti punti di vista e che ha accesso a contenuti che agli altri sono negati. Di chi stia realmente parlando Ben Attia non si sa con precisione ma a prescindere dal significato è lodevole il modo in cui il regista dà forma alla sua metafora, a partire da una fotografia che ci offre uno sguardo inedito (almeno per l’immaginario occidentale) e intimo sul paesaggio tunisino, fino a una scrittura essenziale e al tempo stesso ricca di perle intertestuali nei dialoghi tra i personaggi. Les ordinaires è un film sorprendente che può aprire la porta a una riscoperta del cinema tunisino