Le immagini del film che trionfa alla Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro “non sono mai accadute”. Così il regista Noé Grenier introduce il suo cortometraggio, Les images qui vont suivre n’ont jamais existé, che in appena sette minuti riesce a trasmettere la sua anima e le sue intenzioni, quelle di un’opera la cui voglia è di andare oltre l’esperienza cinematografica. Verrebbe da dire paradossalmente, in quanto proprio l’esperienza cinematografica è al centro del discorso. Il punto di partenza dell’autore è stato il trailer in 35mm di Twister (Jan de Bont, 1996), ma come si sa il film da solo non costituisce un’esperienza: per renderla tale serve anche uno spazio di fruizione. Ad ispirare Grenier non è stato soltanto l’action movie, ma una proiezione, nello specifico una proiezione mancata.
In un drive-in nel sud del Canada la proiezione di Twister viene cancellata per un’allerta tornado, tuttavia la leggenda che si è costruita intorno a questo evento vuole che alcuni spettatori, quasi in preda a un’allucinazione collettiva, ricordino di aver visto il film. Ed è su questa suggestione che il regista costruisce il cortometraggio e lo fa proprio come se fosse un’allucinazione per il suo stesso pubblico. In uno schermo tripartito scorrono incessantemente dei frame il cui susseguirsi genera un effetto stroboscopico dato non solo dalla velocità, ma dai disturbi applicati alle immagini. Grenier gioca con il materiale a sua disposizione, proveniente anche da altri film oltre che dal trailer, lo sfregia se necessario e lo accompagna con un suono assordante, che non a caso, è quello di una tempesta.
Che si tratti del tornado di Twister o di quello che avvenne la notte della proiezione non ha importanza, d’altronde il videoartista francese realizza un’opera che si fonda esattamente sulla sovrapposizione di realtà e finzione, riflettendo sull’essenza stessa del cinema e domandandosi quando e dove esiste un film. Un tema che viene riformulato con un approccio sperimentale in una fase avanzata del cinema digitale, dove è sempre più raro che i film risiedano nel supporto fisico della pellicola. Con quest’opera, Grenier sostiene che il film può esistere anche esclusivamente nella memoria degli spettatori, andando a rinforzare e a radicalizzare l’idea dell’unicità dell’esperienza cinematografica.
Il maggior pregio di Les images qui vont suivre n’ont jamais existé consiste nel concentrarsi su un unico elemento, quello del tornado, il quale è sì contenuto, ma allo stesso tempo forma, ispirazione e metafora di un discorso affrontato in profondità, che non risulta né didascalico, né eccessivamente enigmatico. Il regista infatti suggerisce il suo intento con pochissimi ed essenziali elementi di testo posti all’inizio e alla fine del film, rendendo la visione un’esperienza circoscritta e dunque completa, comprensibile anche senza una spiegazione dell’autore. Una caratteristica da non sottovalutare quando si parla di nuovo cinema.
A cura di Lavinia Flavi e Simone Orazi