
«Solo insieme siamo noi stesse». Stravagante, ma anche intelligente. Divertente, ma anche riflessivo. Questo è il secondo lungometraggio di Noémie Merlant, Les Femmes au balcon (trailer), presentato in anteprima al 77º Festival di Cannes nel 2024 e distribuito nelle sale cinematografiche francesi nello stesso anno.
La camgirl Ruby (Souheila Yacoub), la scrittrice Nicole (Sanda Codreanu) e l’attrice Élise (la stessa Noémie Merlant), sono tre donne molto diverse tra loro, ma unite dalla convivenza in un appartamento nel cuore di Marsiglia durante un’ondata di calore. Le loro vite si intrecciano quando iniziano a osservare un uomo misterioso, il fotografo Magnani (Lucas Bravo), che vive nel palazzo di fronte al loro. Man mano che la curiosità cresce, il trio si trova coinvolto in situazioni sempre più bizzarre, che presto sfoceranno in qualcosa di ben più grande.
Nonostante all’inizio possa sembrare un film voyeuristico alla Hitchcock o – parlando in termini più recenti – alla Michael Mohan con The Voyeurs (2021), Les Femmes au balcon vira subito verso nuovi obiettivi, o meglio, verso un tema che permea tutta la sua durata: il femminismo. Ma non un femminismo didascalico, che predica o si mostra esplicitamente, bensì un femminismo che agisce in maniera più sottile e implicita, lasciando che il messaggio emerga tramite il contesto e le situazioni rappresentate.
Significativa in questo senso è la scelta registica di non mostrare il momento esatto in cui Ruby viene abusata, o ancora, il personaggio di Élise, che arriva nell’appartamento vestita da Marilyn Monroe. Merlant utilizza l’iconica figura della diva per sottolineare quanto la sua immagine sia sempre stata oggettivizzata, senza mai essere apprezzata per la sua intelligenza. Nel corso del film, Élise si spoglia progressivamente di questi abiti simbolici, ritrovando la propria identità. Un po’ come, forse, Marilyn Monroe ha fatto dopo la sua morte, quando si è liberata dalla maschera che l’aveva a lungo definita.
Insomma, noi spettatori veniamo catapultati nella vita delle tre protagoniste, e ciò che ci viene mostrato sono le loro esperienze e scelte che raccontano qualcosa di più grande sulla condizione femminile in generale. Senza impartire insegnamenti espliciti, a eccezione di qualche dialogo, il film punta a coinvolgere lo spettatore in modo naturale, evocando riflessioni su tematiche ancora troppo attuali, come lo stupro e la parità di genere.
Se vogliamo, anche la struttura del film riflette quanto detto finora. La prima parte è girata quasi interamente nell’appartamento delle tre donne, sicuramente oppresse dal caldo eccessivo, ma non costrette a rimanervi per tutto il tempo. È solo dalla metà in poi, in modo graduale, che iniziamo a vederle in ambienti esterni, culminando in una scena finale estremamente potente e significativa. La divisione degli spazi non è affatto casuale; anzi è un espediente che rafforza il senso di oppressione che molte donne vivono quotidianamente, schiacciate dal peso del maschilismo, del sessismo e del patriarcato. Un percorso difficile e complesso, quello che queste donne sono costrette ad affrontare, per conquistare una libertà autentica, lontana dallo sguardo maschile.

In questo suo secondo grande lavoro, Noémie Merlant intraprende anche un’ambiziosa sperimentazione stilistica, osando talvolta in modo eccessivo. Sebbene il suo coraggio nel realizzare un’opera così particolare sia degno di nota, si avverte, durante la visione del film, che alcune scelte – in particolare quelle relative all’apparizione di entità paranormali, in senso letterale – potevano essere evitate. L’aggiunta di troppi elementi, sia narrativi che tecnici, non fa altro che appesantire il prodotto, che sarebbe rimasto interessante anche senza di essi.
Les Femmes au balcon sfugge a una classificazione univoca, rendendo difficile attribuirgli un solo genere. Definirlo una horror comedy sarebbe riduttivo, in quanto il film abbraccia anche il dramma e il thriller, senza rinunciare a degli accenni allo splatter. Forse la definizione più appropriata sarebbe quella di una commedia grottesca, che mescola elementi diversi con una certa abilità. Passare, infatti, da un genere all’altro con la naturalezza che Merlant dimostra, è una capacità rara, soprattutto per una filmmaker alle prime armi. Indubbiamente, oltre alle sue capacità attoriali, Merlant si distingue per la sua destrezza dietro la macchina da presa. Tuttavia, proprio questa sua voglia di mostrarsi troppo potrebbe essere il suo limite.
Dal punto di vista visivo, Les Femmes au balcon vanta una fotografia eccezionale, curata da Evgenia Alexandrova, che richiama immediatamente lo stile di Pedro Almodóvar. La palette cromatica, dominata da colori vivaci e toni caldi, rispecchia le condizioni afose di Marsiglia, ma allo stesso tempo rende il film visivamente piacevole. Alla fine, proprio come accadeva con il technicolor, l’occhio umano trova sempre soddisfazione nell’osservare i contrasti generati dai colori, soprattutto in un’epoca in cui non si è più abituati a vedere tonalità così sgargianti sul grande schermo.
Nonostante qualche inciampo, Les Femmes au balcon si presenta come un’opera audace e intrigante, tanto da vedere quanto da vivere. Il film riesce a trasmettere un messaggio significativo e ben strutturato, e crediamo che la sua riuscita dipenda anche da alcune dichiarazioni di Merlant, che ha rivelato di essersi ispirata a esperienze personali per la scrittura. A ciò si aggiungono momenti di irriverente ironia che rendono la visione scorrevole e piacevole. Un esempio memorabile è la scena in cui Nicole, con estrema disinvoltura, passa da un urlo di paura a una simulazione di orgasmo, creando un momento di comicità sofisticata. Da sottolineare, inoltre, la bravura delle altre due protagoniste, Souheila Yacoub e Sanda Codreanu, le quali hanno saputo muoversi con grande abilità in un’opera tanto folle quanto complessa.
In sala dal 20 marzo.