Quando ci si trova di fronte all’ennesima rielaborazione di un tema una tra le tante domande che sorgono nella nostra mente è: com’è possibile stupire, o convincere, con qualcosa che sicuramente abbiamo già visto? Figuriamoci se il tema in questione è l’adolescenza, topic stra-abusato in un periodo delicato, post-pandemico, come quello che stiamo vivendo. Thomas Cailley, con Le Règne animal (trailer), potrebbe avere una risposta al nostro quesito.
Giunto al secondo lungometraggio, il regista e sceneggiatore francese ha deciso di puntare in grande: una produzione il cui budget, si stima, viaggi attorno ai quindici milioni di euro; un cast di tutto rispetto (da una parte gli affermati Romain Duris e Adèle Exarchopoulos, dall’altra i lanciatissimi Paul Kircher e Tom Mercier); una storia sci-fi necessariamente bisognosa di un intervento in post-produzione.
Fin dalle prime battute, Le Règne animal scopre tutte le sue carte: un ingorgo e i nostri protagonisti, François (Duras) ed Émile (Kircher), che discutono in macchina. Dei rumori in lontananza irrompono in scena, attirando l’attenzione dell’obiettivo della macchina da presa su un camioncino dal quale uscirà una creatura non ben identificata: un uomo con delle ali da aquila che sprigiona una forza sovraumana (Mercier). Ben presto capiremo che una malattia sta colpendo l’umanità, facendo mutare le vittime in animali, esattamente come è accaduto alla mamma di Émile e come accadrà al ragazzo.
La trasformazione di Émile, i cui segni si manifesteranno subito, è la chiave di volta di Le Règne animal. Una rielaborazione del tema, come anticipato, che qui funge da perno per ribaltare lo sguardo dello spettatore sull’altro – gli infetti – a partire da un’esperienza sensoriale introdotta da uno stratagemma acustico (l’amplificazione di alcuni suoni come il respiro o i rumori della natura).
Uno dei lati più affascinanti del progetto di Cailley si situa proprio qui, nell’ipotizzare una Francia colpita da un’apparente male che divide gli uomini. Viene da sé qualsiasi rimando alla pandemia da COVID e a temi più che mai centrali per la nostra società, come la xenofobia, che rendono Le Règne animal un film strettamente attuale. In questo quadro, la relazione padre-figlio restituisce, di riflesso, tutti i nuovi tratti della famiglia moderna. François ed Émile vivono un rapporto difficile, fatto di pochi dialoghi (perlopiù scontri) e di continui trasferimenti, che finiranno per portarli nel sud del paese, nei pressi di una struttura dove sono internati tutti gli infetti.
Registicamente le idee poste su carta dall’autore pescano da generi e situazioni di segno opposto: la scena “dell’unghia” spinge al limite sulle atmosfere body-horror di cui si tinge il film nella prima parte; la chiamata notturna tra Émile e la compagna di scuola Nina, o i tentativi di volo dell’uomo-aquila, spostano tutto verso situazioni oniriche. Ad intercorrere tra queste sequenze, poste a gran distanza la prima dalle altre, il film perde decisamente qualche colpo (su tutti il mai sviluppato personaggio di Exarchopoulos), ma dall’altro lato la scelta resta coerente con le intenzioni di Cailley – approfondire i personaggi (la scena notturna musicale in auto con François ed Émile).
Nota di merito per le musiche di derivazione folk composte da Andrea Laszlo De Simone, che gli valgono il Premio César alla miglior colonna sonora per la capacità che hanno di saper riempire senza strafare gli spazi di una storia fantasy e sci-fi che, delicatamente, vorrebbe raccontare un modo dove è ancora difficile condividere e accettare l’altro.