#RomaFF19: Le Choix de Joseph Cross, la recensione del film di Gilles Bourdos

Le Choix de Joseph Cross, la recensione del film di Gilles Bourdos

A chi non ha mai visto Locke, questo film piacerà. Chi l’ha visto penserà: “Ma io questo film l’ho già visto, solo che il tizio guidava al contrario”. Questo perché Le Choix de Joseph Cross (trailer) di Gilles Bourdos, presentato in concorso alla Festa del Cinema di Roma 2024, è il remake del film di Steven Knight, riproposto con assoluta fedeltà.

La costruzione di Le Choix de Joseph Cross è la stessa di Locke: il protagonista, Joseph Cross, alla guida della sua auto, deve gestire tre situazioni complesse, potendo parlare solo per telefono con le persone interessate. Come Knight, Bourdos decide di concentrarsi solo sul protagonista in azione. Perciò, tutte le inquadrature seguono l’auto e il suo guidatore. Degli altri personaggi si sentono solo le voci. I conflitti sono tutti fuori campo (visivo e sonoro). Come nel film inglese, il particolare meccanismo usato per costruire la tensione funziona bene – al netto di alcuni cali.

Il merito del ritmo di Le Choix de Joseph Cross è quasi tutto dell’unico attore in scena, Vincent Lindon (il padre-pompiere in Titane). Ci sono poche scelte registiche degne di nota; tutto il dramma è sulle spalle dell’attore protagonista. La decisione di Bourdos di fare un passo indietro viene premiata da una performance completa, pulita, centrata. I conflitti sono fuori dall’auto, ma la tensione è dentro gli occhi di Lindon. Il film passa dalle sue mani nervose e calme allo stesso tempo. La sua voce, qualunque cosa accada, trasmette controllo, non cede mai all’impotenza. Joseph non crolla mai.

Le Choix de Joseph Cross, la recensione del film di Gilles Bourdos

Di fronte a un remake è impossibile non paragonarlo con l’originale. Non tanto per capire quale sia meglio, ma per capire come viene rielaborato un prodotto che ha creato interesse. Attestato che la qualità de Le Choix de Joseph Cross è all’altezza del film di Knight, diventa complesso differenziarli. Stessa trama, stessi passaggi, stessi dialoghi. Sembra un tipo particolare di remake, quello shot-for-shot. Un esempio è il remake di Psyco del 1998, diretto da Gus Van Sant: si gira il nuovo film prendendo alla lettera il film originale, scena per scena, inquadratura per inquadratura.

I rifacimenti di questo tipo, però, sono rari e hanno un successo molto limitato. Il motivo è semplice: il film è stato già fatto. Non c’è niente di male nel rifare un film, ma, cercando una fedeltà così aderente, il tutto sembra solo un esercizio di stile. Non serviva rifare Locke in questo modo. Il film di Knight ha poco più di dieci anni: è conosciuto da chi l’ha visto, ma è fuori dall’immaginario collettivo. Non è un capolavoro come Psyco, innovativo e rivoluzionario. Il film di Van Sant trovava senso perché riproponeva quei codici dopo quasi quarant’anni, dimostrando come fossero all’avanguardia. Anche se Locke è un thriller unico nel suo genere, è un film troppo recente. Non si sentiva la necessità di un remake così fedele. Fatto così, Le Choix de Joseph Cross sa solo di già visto, non ha una ri-elaborazione. Manca il “re” di re-make.

Vincent Lindon guida un film di buona fattura, incentrato tutto sulla sua performance, ma troppo simile all’originale. Le Choix de Joseph Cross resta sui binari tracciati da altri, finendo per essere (solo) il remake di Locke. Niente di più, niente di meno.

Ti potrebbero piacere anche

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ho letto la privacy policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali ai sensi del Regolamento Europeo 2016/679 (GDPR) e del D.Lgs. n. 196 del 2003 cosi come novellato dal D.Lgs. n. 101/2018.