Come ogni estate che si rispetti, con le sue lunghe giornate, il mare e i tramonti romantici, per non parlare di tutti gli svaghi proposti, anche le case di distribuzione non tardano con le uscite di nuovi film, pronti a intrattenere e far ridere gli spettatori. Alcuni rispecchiano le richieste del pubblico pagante, altri cercano forsennatamente di staccarsi dai già altamente usurati canoni cinematografici, senza avere, loro malgrado, un buon risultato. L’amore a domicilio (trailer), del regista e sceneggiatore Emiliano Corapi, ricade purtroppo in questa categoria.
Di genere commedia – drammatico, distribuito su Amazon Prime Video nel mese di giugno dalla Adler Entertainment, il film si basa su una commedia surreale dalla trama inverosimile. Benché il soggetto originale potesse risultare innovativo ad un primo impatto, durante lo svolgimento della pellicola vediamo come questo non venga sviluppato a regola d’arte, visto che non ci mostra nulla del background narrativo. Compie, come già detto, il vano tentativo di staccarsi dai consueti dogmi della commedia, inserendo una vena drammatica e polemica rispetto alle condizioni precarie degli strati inferiori della società. Nel farlo però ricade nei soliti cliché e battute stantie, tipiche delle varie stand-up comedy, di un’Italia corrotta e senza futuro. Difatti una delle battute più citate all’interno del film è: “In Italia hai visto com’è…il carcere non se lo fa nessuno”.
Il film si basa sul concetto primario dell’inganno, in quanto analizza le varie sfaccettature della delinquenza, all’interno della quale possiamo collocare entrambi i protagonisti, Renato (Simone Liberati) e Anna (Miriam Leone). Infatti se uno raggira i propri clienti al solo scopo di vendere delle assicurazioni svantaggiose per il proprio tornaconto, l’altra seduce e sfrutta le persone che la circondano per scappare dai guai e rifarsi del suo passato tormentato. Paradossalmente questo lungometraggio lo possiamo definire come il film delle maschere, la versione 2.0 della commedia dell’arte settecentesca, caratterizzata da personaggi superficiali e stereotipati, come il giovane innamorato, ingenuo, che compirebbe l’estremo gesto per la sua amata o la prima donna, la femme fatale, meschina e non curante delle conseguenze che scaturiscono dalle sue azioni.
Anche i personaggi secondari vengono trattati come figure di contorno. Sono burattini senza volto e senza nome, privi di qualsiasi spirito, animati unicamente per essere scaraventati in scena, per riempire l’inquadratura. Questi infatti non danno alcuna rilevanza alla storia, in quanto, non agendo, sono vittime degli eventi. Ebbene se durante l’intero film vediamo una mancata caratterizzazione, verso il suo culmine notiamo, al contrario, una piccola evoluzione, uno stravolgimento di trama, che chiarisce alcuni punti della vicenda e rende leggermente più umani i nostri protagonisti. Purtroppo tutto ciò rimane recluso in uno spazio marginale, che non permette in alcun modo di sfondare le porte della nuova comicità. Il vero perno della storia in L’amore a domicilio è Franco (Fabrizio Rongione), ex di lei e criminale appena evaso dal carcere. Tramite questa maschera, il regista fa un uso eccessivo di escamotage forzati, i quali di conseguenza portano alla creazione di situazioni a dir poco paradossali e grottesche.
Il film, oltre alle evidenti lacune narrative, presenta errori produttivi piuttosto gravi. Infatti si nota chiaramente come alcune scene siano state doppiate in un secondo momento, e come queste siano state sincronizzate malamente con il labiale ripreso dalla camera. Nonostante tutto L’amore a domicilio vuole rappresentare il dilemma amoroso, tipico dei tormentati amanti, ma lo fa con un distacco raggelante che va a confondere, come una fitta nebbia, lo spettatore e la strada della narrazione da percorrere. Proprio come Paolo e Francesca, i due protagonisti vagano in un limbo senza uscita, privi di spirito e carattere.