L’Abbaglio, la recensione: la grandiosità di un’illusione

L'abbaglio, recensione film

La Sicilia risorgimentale protagonista dell’impresa dei Mille fa da cornice al nuovo film di Roberto Andò, L’Abbaglio (trailer). Dopo il successo de La stranezza, il regista, affidandosi al medesimo cast tecnico, accetta la sfida del raccontare uno degli eventi più noti e narrati della storia d’Italia.

Per far ciò Andò sceglie di concentrare il focus del lungometraggio su una figura meno nota, ma altrettanto fondamentale rispetto a quella garibaldina, il colonnello Vincenzo Giordano Orsini. Dopo aver capeggiato nelle truppe borboniche, questo passa dall’altra parte della barricata al comando di un’incredibile impresa strategica, da Marsala fino al diversivo creato a Corleone. Lo spettatore affronta con questa carismatica figura e con il resto dei volontari provenienti da tutta Italia la battaglia cruciale per la liberazione della Sicilia dai Borbone. L’inquadratura viaggia così da una personalità a un’altra, dalle più valorose alle più distaccate da qualsiasi impulso patriottico, come Domenico e Rosario, che disertano fin dalla prima battaglia. Da qui il racconto si sdoppia, seguendo simultaneamente le vicende dei due fuggiaschi e quelle del colonnello e del suo esercito. Sarà poi una casualità a ricondurli su un destino che spingerà i due al cambiamento, ma senza tener conto della loro ottusità, a rimetterli in cammino con il colonnello.

Lo sviluppo del soggetto risulta ben valorizzato da un’ottima fotografia e ripresa, che mette la camera a servizio dei movimenti corali attraverso l’utilizzo di travelling. Soprattutto risaltano poi le musiche, firmate da Emanuele Bossi e Michele Braga, che mantengono alta l’attenzione e il coinvolgimento di tensione emotiva dello spettatore.

L'abbaglio, recensione

Andò propone dunque una prospettiva bifocale, più che corale, sul Risorgimento, servendosi di una sceneggiatura scritta in accordo con Ugo Chiti e Massimo Gaudioso. Questa colora di passioni i dialoghi del colonnello con il suo sottoposto Ragusin, delineando una figura che sembra avere in sé l’eco degli spunti romantici comuni a tutta l’Europa nel corso del XIX secolo. Come un perfetto viandante sul mare di nebbia, Orsini, dopo l’esperienza deludente a servizio dei Borbone, è un eroe disilluso ma speranzoso che, per quanto sia pienamente realista e coscienzioso, non perde la motivazione necessaria a compiere l’impresa strategica che si prospetta avvenire a Corleone. Grazie anche a un’interpretazione impeccabile di Toni Servillo, il personaggio del colonnello appare sfaccettato e mantiene l’attenzione dello spettatore alta durante le sue riflessioni profonde, ma un po’ pompose, e i suoi scambi con gli altri personaggi.

Con questo si confrontano i due “eroi per un giorno”, Domenico e Rosario, interpretati da Salvo Ficarra e Valentino Picone. Qui, per contrasto, per gran parte del film l’atmosfera cambia registro virando su toni più leggeri e spiritosi. I due personaggi, arrivati in Sicilia per scopi puramente personali, perdono ben presto anche quelli, e sono quasi costretti a riprendere contatto con un’umanità con cui si scontreranno direttamente a Corleone e che pare per un momento scuoterli dal torpore dell’egoismo a loro solito. All’interno del lungometraggio si insiste poi più volte sullo scambio tra i due e più figure femminili, tra cui emerge quella di Assuntina, ma si ha la costante impressione di non riuscire a comprendere con quale intenzione si dia rilievo a questi personaggi, privandoli però di qualsiasi profondità. Come in un trucco di carte ben fatto, l’altruismo e il coraggio mostrati da Domenico e Rosario in occasione della venuta a Corleone del generale von Mechel, comandante delle truppe borboniche, sembrano disfarsi in breve tempo.

È proprio questo “l’abbaglio” nominato nel titolo stesso del film. Si tratta cioè della speranza momentaneamente sostenuta da fatti di poter sognare un’Italia unita sotto valori morali clementi, che diventa ben presto, al più attento osservatore, puramente un’illusione. Il miraggio del superamento dei limiti dati da una moralità scadente che si infrange davanti agli occhi dell’ancora fiducioso colonnello che di fronte alla dura presa di coscienza finale non può far altro che affermare «Povera Italia. Che abbaglio.»

In sala.

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