Alba di una mattina di fine estate. Lungo un fiume che costeggia un grande bosco, spicca un’imponente quercia. Le sue radici si espandono saldamente nel terreno circostante, creando quasi un’arena che separa il grande albero dagli altri. D’un tratto, uno scoiattolo rosso fa capolino dal suo nido di rami e, dopo essersi guardato attorno, comincia a perlustrare vivacemente il territorio, controllando pazientemente la maturazione delle ghiande della quercia. Dopo di lui, tanti altri personaggi si rivelano: una colorata coppia di ghiandaie che si rincorre sui rami dell’albero; diversi balanini, piccoli insetti coleotteri, che si arrampicano lungo la corteccia; caprioli e cervi che pascolano ai piedi del grande albero; una numerosa famiglia di topolini selvatici sbuca da una tana all’altra, in cerca di cibo. La quercia è la casa di tutti questi animali.
La quercia e i suoi abitanti (trailer) si presenta come documentario naturalistico, ma ben presto si rivela essere una vera e propria narrazione cinematografica, una storia a tutti gli effetti. Abbiamo un numero di “attori” con un ruolo centrale e che va incontro a mutamenti ed evoluzioni scandite dal susseguirsi delle stagioni: che si passi dall’essere una larva ad un insetto maturo o che si diventi genitori di una nuova famiglia. La narrazione del film segue da molto vicino i personaggi, affidando a loro il compito di guidare la storia.
La fotografia del film ci restituisce una macro-videografia spettacolare: le immagini ravvicinatissime delle tane, dei particolari e delle emozioni degli animali creano un legame intimo con lo spettatore. La regia, nel farsi accompagnare dai vivaci movimenti del regno animale, mostra spesso l’ambiente naturale con le soggettive dei suoi abitanti. Non a caso, alcuni animali “secondari”, spesso predatori, pur rappresentando anch’essi parte centrale della natura, vengono sempre presentati negativamente: il nostro punto di vista è allineato con quello degli abitanti della quercia.
Il film vuole raccontare una storia in aderenza alle condizioni narrative e stilistiche del luogo: da un lato, sono gli animali i narratori, perché è solo di loro pertinenza l’intimità che ci viene mostrata, come se essi fossero i veri abitanti e custodi della natura; dall’altro, il film compie la scelta, coraggiosa per presentarsi come documentario, di non utilizzare la voice over narrante che spesso caratterizza opere del genere. L’unica voce è quella degli animali. Il pathos e il dramma che guidano la storia, e riescono con eccellenza a tenere viva l’attenzione dello spettatore, si originano dalle difficoltà e dalle sfide affrontate dai protagonisti: resistere alle intemperie, sfuggire ai predatori e approvvigionarsi abbastanza cibo. Si può dire quindi che la filosofia del film sia quella di prendere una storia documentaria e raccontarla con la competenza narrativa e tecnica dei lungometraggi di finzione.
La forza del film risiede proprio nel saper offrire una visione così ravvicinata del mondo animale, che si tratti di immagini macrofotografiche del mondo invisibile o di riprese acrobatiche, come gli inseguimenti aerei, le riprese notturne e le sequenze in slow motion. L’effetto è quello di riuscire a meravigliare tutto il pubblico, anche quello avvezzo al genere, grazie all’intervento di tecnologie sempre più performanti. Sono diverse le sequenze in cui ci si vien da chiedere: «ma come diavolo hanno fatto?». La meraviglia è il fulcro del film.
Il film esce nelle sale italiane il 25 Gennaio