Ci sono voluti due anni per vedere al Cinema il film di Francesco Carnesecchi, La partita (qui il trailer), una storia amara sul mondo dello sport italiano, sui suoi lati oscuri e sulla perdita dell’innocenza di un bambino. La storia colpisce il cuore dello spettatore perché tratta di un tema carissimo a molti italiani, come il mondo del calcio, ma si rivela ben presto una storia nera di compromessi, traffici loschi, paure e mostruosità dell’Italia che non vorremmo mai vedere.
Il racconto separa nettamente in due i protagonisti dividendo gli amanti più puri dello sport da chi invece vive all’ombra dell’agonismo calcistico traendo profitto, o sperando di trarne, da scommesse clandestine, partite truccate e patti con il crimine organizzato. Quasi tutto il racconto si svolge durante una partita di periferia nell’area metropolitana di Roma, fra ragazzi che sognano ancora, allenatori che ci credono nonostante l’età e parassiti, alcuni simpatici ed altri un pò meno, che alimentano una “terra di mezzo” dove le persone possono rischiare la vita per una scommessa o per un goal di troppo.
Il film è un piccolo catalogo di maschere classiche del poliziesco nero romano con qualche lodevole esempio attoriale, ma rimane cristallizzato nello schema ripetitivo del genere. Il ritmo del film è degno di nota, non ci si annoia mai e non ci sono sbavature nella resa del montaggio, ma sono le sottotrame e lo spessore dei personaggi che mostrano le maggiori debolezze. La storia è chiara solo fino a un certo punto, lo spazio introspettivo un pò carente ed alcuni personaggi minori sono bozze non risolte che confondono lo spettatore ma non riescono a collocarsi razionalmente nella struttura del racconto. Non si resta delusi dallo spettacolo ma non si esce nemmeno convinti del prodotto, troppe falle di sceneggiatura ed un profilo generale troppo legato ai luoghi comuni del genere. Il vero peccato è che gli spunti non erano pochi e se ne poteva trarre molto di più.