Dopo undici anni Eugenio Cappuccio torna a girare un film: La mia ombra è tua (qui il trailer), tratto dall’omonimo romanzo di Edoardo Nesi. Di che parla? Di tutto e di niente. I primi venti minuti del film sono estremamente godibili: vediamo un Giuseppe Maggio imbruttito, imbranato e “toscanizzato” nei panni di Emiliano, un ragazzo laureato in Lettere antiche ingaggiato dal suo vecchio professore (Claudio Bigagli) per fare da assistente\spia a Vittorio Vezzosi (Marco Giallini). Quest’ultimo è uno scrittore di romanzi, che dopo il successo del primo libro “I lupi dentro”, si ritira a vivere in una villa in campagna. La sua tranquillità viene però improvvisamente turbata: gli viene richiesto un sequel, dopo che una influencer riporta in voga il romanzo facendolo schizzare in classifica tra i libri più venduti.
Emiliano è incaricato di seguire Vittorio passo dopo passo nella stesura del libro e di informare l’editore riguardo il suo avanzamento. Il rapporto tra i due è improntato fin da subito sulla dualità giovane/vecchio, precisino e sguaiato. Emiliano è inizialmente frastornato dalla personalità di Vittorio e dalla sua guardia del corpo\tuttofare Mamadou (Sidy Diop). Le risate sono garantite grazie alla naturale inclinazione di Giallini alla comicità.
La tematica del giovane e del vecchio e la solita vecchia storia del “si stava meglio quando si stava peggio”, però, è trita e ritrita da anni. Sembra che i film italiani arrivino sempre dopo ad afferrare gli avvenimenti e a portarli sul grande schermo. Che i social fanno parte del nostro quotidiano è noto, come è noto che se un influencer pubblicizza qualcosa, quello diventa virale. L’era post-mediale, dunque, è arrivata già da tempo (Black Mirror, per fare un esempio, è uscito nel 2011).
Non appena i due salgono sulla jeep dello scrittore per arrivare a Milano (dove Vittorio deve promuovere il nuovo libro) il film comincia a perdere di forza. Emiliano è ancora traumatizzato per la morte del padre e ogni tanto questa tematica esce fuori senza capo né coda. Anche il rapporto apparentemente problematico di Vittorio e la figlia viene fuori saltuariamente. Si scopre poi che lo scrittore ha accettato di andare a Milano solo per rivedere una ragazza con cui era stato 38 anni prima, Milena (Isabella Ferrari). E siamo a quota tre per quanto riguarda l’inserimento randomico di tematiche generali trattate con estrema superficialità, che non si amalgamano tra loro e creano confusione.
Le donne che il film ci presenta sono imbarazzanti e celano una certa ansia di castrazione evidentemente irrisolta. Abbiamo prostitute, donne isteriche, desperate housewife che giocano a burraco, e Milena, il cui abbandono del letto coniugale avviene alla stessa velocità e indifferenza con cui questo film probabilmente verrà ricordato.
La problematica più grande risiede nel fatto che ogni scena è un quadro a sé stante; c’è un problema di comunicazione. Alcune parti richiamano poi una recitazione forzatamente teatrale che va solo ad aumentare il conflitto tra le varie sequenze. L’unica nota positiva è Marco Giallini, e menomale, altrimenti il film sarebbe stato come Joker senza Joaquin Phoenix: inguardabile.
Dal 29 giugno al cinema.