In casa Disney oggi c’è posto anche per il rifacimento de La bella e la bestia. L’offerta degli ultimi dieci anni è potenzialmente predisposta ai remake e alle re-realese dei classici d’animazione della leggendaria casa di produzione. La carne al fuoco era ovviamente tanta, non solamente sul piano realizzativo/distributivo (ennesimo lancio “in 3D, real3D e IMAX3D”) ma anche da un punto di vista prettamente contenutistico. Si tratta del primo film Disney in assoluto a contenere un personaggio gay. Voglia di emancipazione gender da parte degli addetti ai lavori? Stimolo ormai intrattenibile di comunicare al pubblico infantile delle platee mondiali nuovi messaggi sull’attrazione amorosa anche in una fiaba? (Molto) probabilmente si….
Il lungometraggio di Bill Condon, remake del cartone del 1991 e del musical broadwayano di tre anni sucessivo, promette bene nei primi cinquanta minuti. Ricalca molto fedelmente la struttura narrativa originaria inserendoci un gusto decorativo nella messa in scena digitale e nell’architettura degli spazi stilistici. L’uso eterogeneo e asciutto dell’arrangiamento dei brani e della coreografia nei numeri musicali ben si plasma con il tessuto narrativo e in generale con l’atmosfera fiabesca del film.
L’ambientazione e alcune scelte stilistiche della prima parte hanno un sapore a tratti molto cinefilo. Riprende stilemi alla “Hugo Cabret” (2011) e non tradisce la lezione del musical alla Tutti insieme appassionatamente (1965) del quale omaggia il gusto fotografico dell’ambientazione agreste contrapposta al decorativismo degli interni. Possono apparire interessanti anche alcune scelte di script: il personaggio della Bestia si oppone alla letteratura shakesperiana e puntualizza di possedere anche letteratura greca nella biblioteca di palazzi. Molto apprezzati anche certi virtuosi effetti speciali durante alcuni numeri musicali – come quello centrale “Stia con noi”. Per contro abbiamo però una sceneggiatura piuttosto statica nella seconda parte e alcuni spunti d’azione molto prevedibili dovuti a un uso di effetti speciali a volte scontato. Ma nel complesso, lo sviluppo della storia risulta per niente forzata e va a compensare in parte questi difetti.
La bella e la bestia ci appare quindi come un segno inequivocabile di un’industria Disney che ancora una volta dimostra una grande determinazione nella rilettura contemporanea della fiaba e che la volontà di rinnovare la fascinazione spettatoriale grazie alle nuove tecnologie digitali, non ha il fiato corto. Sopratutto, non nega la necessità di rilasciare visioni alternative su storie ben collaudate nel mondo dell’animazione. Forse qui si sarebbe potuto osare molto di più. È infatti lecito concludere che quest’operazione soffre di molti limiti, e che la rilettura dell’opera originaria è stata minima. Fortunatamente nei dintorni dell’immaginario d’animazione hollywoodiano l’offerta appare più variegata e interessante: è il caso degli spin-off della Marvel e di Star Wars. Senza ombra di dubbio questa tattica andrà rifinendosi anche in casa Disney con gli anni.
di Gianmarco Cilento