«In ogni storia, se è una buona storia, c’è una parte che si vede e una che non si vede». È una delle prime frasi del film L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat (trailer) e fin da subito il regista John Madden e la sceneggiatrice Michelle Ashford dichiarano i propri intenti: raccontare qualcosa di nuovo, che pur essendo sotto i nostri occhi, non abbiamo mai davvero visto. Qualcosa che, se non illuminato, rimane nell’ombra.
Il film è ambientato sul finire del Secondo Conflitto Mondiale e potrebbe sembrare un periodo storico ampiamente battuto, quindi che non possa offrirci lo stupore che riserva l’ignoto. Invece Madden fa ricredere anche i più scettici. Ci riesce grazie alla scelta di rappresentare un fatto molto specifico, ovvero lo sbarco delle truppe inglesi sulle coste della Sicilia avvenuto il 9 luglio 1943 e decide di farlo seguendo una trama sotterranea, che di rado viene studiata a scuola, sicuramente non con la perizia con cui viene approfondita nel film.
Il tempo della storia copre i sei mesi prima dello sbarco sull’isola e racconta dell’operazione di depistaggio architettata dagli agenti dell’intelligence inglese Ewen Montagu (Colin Firth) e Charles Cholmondeley (Matthew Macfadyen). L’inganno consiste nel convincere l’esercito tedesco che gli alleati non sbarcheranno in Italia, bensì in Grecia e dirottare in questo modo le forze militari di Hitler lasciando la Sicilia scoperta. Useranno il corpo di un uomo dalla vita di moralità dubbia, concedendogli così un’opportunità di riscatto dopo la morte.
Il punto di forza di questo film coincide con il suo punto debole: è una storia realmente accaduta di cui conosciamo tutti quanti il finale. Il regista punta molto sulla tensione con un montaggio frenetico nei momenti cruciali, ma talvolta il suo sforzo risulta vano, proprio perché come andranno le cose è noto da subito. Questo però non toglie il gusto di assistere ad uno spettacolo ben costruito, evidentemente romanzato, ma centrato nelle atmosfere di quegli anni. Ci mostra il lato benestante delle alte cariche inglesi, si accenna solo alle brutture in corso, ma è pur vero che la guerra non ha toccato tutti allo stesso modo: vivono in uno dei periodi peggiori della storia contemporanea, ma non si ha la percezione di esserne soffocati. Non mancano momenti spiritosi, il che è raro per una narrazione ambientata in quegli anni.
I personaggi, come tutto nel film, sono tratti dalla realtà e gli autori sono stati abili a non appiattirli, a non renderli monocromatici. In ognuno di loro convivono le contraddizioni tipiche dell’umano, che tende al bene ma che non sempre ha la forza per perseguirlo. La tensione con se stessi ha spesso come conseguenza l’aggrovigliarsi in rapporti poco chiari, annodati tra le cose non dette e quelle dette male, come risulta evidentemente nei rapporti che Ewan ha con la moglie Iris (Hattie Morahan) e con la loro collaboratrice Jean (Kelly Macdonald).
L’arma dell’inganno – Operazione Mincemeat non teme di mostrare dei personaggi indecisi, pieni di sfumature, talvolta in luce e altre in ombra ed è una condizione che va accettata, senza per questo sentirli incoerenti. Ricalca verosimilmente ciò che accade davvero nella vita. La fotografia tiene conto di quest’idea, contornando i personaggi di penombra: dal sotterraneo in cui lavorano, a quella del locale in cui si svagano, dalle dimore dei personaggi, alla stessa città spesso vista di notte. Luce e ombra attraversano tutto il film fino all’ultima sequenza, prima di lasciare definitivamente lo spettatore al buio della sala.
Il film è al cinema dal 12 maggio.