Alcune tribù dei nativi americani non conoscevano la parola “addio”, ma solamente “arrivederci”. Questo perché erano convinti che le cose non finissero mai davvero e che gli esseri umani, seppur distanti, in forme diverse, in modi diversi, riuscissero sempre a ritrovarsi.
L’amore secondo Kafka (trailer) racconta l’ultimo anno di vita dello scrittore praghese, colorato dall’intensa storia d’amore con Dora Diamant (Henriette Confurius).
I due si incontrano in una località sul mar Baltico, nell’estate del 1923. Franz Kafka (Sabin Tambrea) è già gravemente malato, ha un rapporto burrascoso con il padre, che gli rinfaccia i suoi insuccessi letterari e il suo corpo, sempre più esile, sta iniziando a cedere. Dora invece è piena di vita, si dedica ai bambini ai quali insegna e sogna di diventare un’attrice.
Franz e Dora si innamorano a prima vista, ma quando l’estate giunge al termine, si trovano costretti a dividersi, a causa della malattia e dell’ostilità della famiglia Kafka. Grazie all’aiuto della sorella Elli (Daniela Golpashin) e del fedele amico Max Brod (Manuel Rubey), riescono ad andare a vivere insieme in una gelida casa di Berlino, senza soldi e senza le medicine necessarie per le cure di Franz. La convivenza ha durata breve, poiché lo scrittore viene ricoverato in un sanatorio in Austria dove vive i suoi ultimi giorni. Qui si aggrava perdendo la possibilità di parlare. Nonostante tutto Dora lo segue, gli resta accanto e lo accompagna con amore e dedizione fino alla morte.
L’amore secondo Kafka è un adattamento del romanzo di Michael Kumpfmuller e, pur essendo fortemente legato al Kafka scrittore, il centro della narrazione è il Kafka uomo, inserito nel racconto della sua ultima storia d’amore, di cui si conosce già dal principio il tragico epilogo. La storia dello scrittore ceco è stata oggetto di numerosi adattamenti cinematografici, la maggior parte dei quali sono pervasi dal kafkiano senso di angoscia e terrore esistenziale.
L’amore secondo Kafka, invece, di cui l’eloquente titolo originale è The Glory of Life, sembra totalmente privo di questo aspetto. Questa scelta è dovuta ad una volontà da parte della sceneggiatura, realizzata da Georg Maas e Michael Gutmann, di presentare al pubblico la capacità che l’amore ha avuto di trasformare l’ultimo sofferente anno di vita di Franz Kafka nel più felice di sempre.
Il film è molto curato nei dettagli. Le scenografie (Katharina Woppermann) e i costumi (Tanja Hausner) sono precisi e corrispondenti storicamente all’epoca in cui la trama è ambientata. Anche la selezione dei colori è assolutamente non casuale: Franz, malato, indossa sempre abiti dai colori freddi; per Dora invece, bella e coraggiosa, la scelta ricade su colori caldi e accesi.
Sabin Tambrea e Henriette Confurius sono assolutamente perfetti nei loro ruoli e riescono a mettere in scena un ritratto efficace e convincente dei due amanti, con una sintonia che probabilmente non ha nulla di artificioso. Un terzo protagonista può essere identificato in Max Brod, che per quanto poco si veda nel film, è un personaggio fondamentale. Egli è, infatti, colui a cui si deve la possibilità di leggere le opere di Kafka, pubblicate dallo stesso Brod, nonostante l’amico gli avesse personalmente espresso la volontà di dare alle fiamme ogni suo singolo scritto.
Da un punto di vista puramente estetico, la regia non sembra poi tanto ambiziosa, ma anzi, risulta piuttosto basica e scolastica. Probabilmente l’intento era quello di lasciare che in primo piano ci fosse l’amore tra Dora e Franz, senza distrarre con scelte registiche troppo complesse. Inoltre, in alcuni momenti, c’è la sensazione che sia stata tagliata un po’ troppo la trama. Forse qualche minuto in più di durata avrebbe permesso di non sintetizzare così tanto fornendo al film un ritmo più accattivante. Nonostante questo, la delicatezza della storia coinvolge e trasporta lo spettatore all’interno del film, permettendogli di conoscere il lato più intimo di uno scrittore con il quale tutti, almeno una volta, sono entrati in contatto.
Nella sceneggiatura è stato inserito uno degli aneddoti più belli legati a Franz Kafka, raccontato con una licenza poetica che lo trasla in un contesto differente. Un giorno Kafka si trovava nel parco in cui era solito passeggiare e incontrò una bambina in lacrime. Si avvicinò, le chiese cosa fosse successo e lei gli disse di aver perso la sua bambola. Allora lui ebbe un’idea: invitò la bambina a tornare al parco nel pomeriggio, poi tornò a casa e si chiuse nel suo studio a scrivere.
Quel pomeriggio incontrò nuovamente la bambina e le consegnò una lettera dicendole che gli era stata data dalla sua bambola. Gliela lesse, la bambola invitava la bambina a non essere triste e le raccontava di aver intrapreso un lungo viaggio. La bambina chiese se ce ne sarebbero state altre e così, per le successive tre settimane, Kafka si dedicò alla scrittura di queste lettere. Un giorno si presentò con una bambola, naturalmente diversa e le disse che era tornata. Di fronte alla delusione della bambina Kafka le spiegò che a volte le persone vivono grandi avventure e quando tornano sembrano diverse, talvolta persino irriconoscibili.
Si racconta che prima di morire disse alla sua fidanzata che a dare senso al suo fare lo scrittore non erano stati i suoi romanzi, i suoi racconti, ma quelle settimane in cui aveva scritto delle lettere per consolare una bambina che aveva perso la sua bambola.
Forse, allora, Dora e Franz non si sono mai detti addio. Magari, proprio come la bambina e la sua bambola, si sono ritrovati in un’altra forma, nei ricordi, nei racconti, nelle pagine di un libro, oppure in due nuovi corpi sullo schermo di un cinema.
In sala.