L’incredibile storia dell’isola delle Rose, la recensione del film su Netflix

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Siamo arrivati all’ultimo mese di questo complicato anno, che ha provocato continue battute d’arresto in tutti i settori. Fra tutti, purtroppo, anche la distribuzione cinematografica. Ma in suo soccorso sono intervenuti i famigerati canali streaming, che hanno garantito la produzione e programmazione di nuovi prodotti, originali e non. Uno di questi è il nuovo film, tutto italiano, di Sydney Sibilia, L’incredibile storia dell’isola delle Rose (trailer).

Uscito su Netflix, il film racconta l’affascinante storia dell’ingegnere Giorgio Rosa, che negli ultimi anni del 1960 decide di costruire una chiatta di 400 metri quadrati nelle acque internazionali a largo di Rimini. Una nuova utopia, fatta di bulloni, cemento e tubi di acciaio, dotata di una propria valuta e di una lingua ufficiale, ma soprattutto dichiarata libera e indipendente. Come si può vedere anche nel film, l’isola delle Rose è la rappresentazione di un sogno, oltre i confini della società dell’epoca. Infatti Giorgio Rosa, interpretato dall’istrionico Elio Germano, è stato il primo a trovare una scappatoia, riuscendo a sovvertire le norme opprimenti dello stato italiano. È inoltre il fiore all’occhiello del movimento di ribellione studentesco del 1968 che trascinò nel ciclone anche l’Italia ai tempi a trazione democristiana.

Al contrario però del periodo di grandi violenze e manifestazioni lungo le strade di tutto il territorio, L’incredibile storia dell’isola delle Rose volge il suo sguardo verso questa guerra pacifica, fatta di strategie e intimidazioni.
L’ingegnere bolognese, invero, desidera semplicemente un mondo tutto suo, luogo di  creatività e divertimento di stampo libertino. Su quest’isola di metallo al largo di Rimini non vengono solo accettati ragazzi in cerca di avventura, ma in primo luogo i reietti che la società elimina. La pellicola infatti si focalizza sulla creazione di un improbabile gruppo di amici (Tom Wlaschiha, Leonardo Lidi, Viola Zironi), nonché ministri dello stato di quella che andrà a cercare la legittimazine di micro nazione. La loro unione si basa sul forte sentimento di rivalsa, dovuto al profondo senso di reclusione che li accomuna.


Come nella vicenda reale (seppur qui romanzata e anche di molto), ne L’incredibile storia dell’isola delle Rose non tarda ad arrivare l’opposizione di ferro dello stato italiano. In realtà la creazione di questo paese utopico, e il simbolo pericoloso che ne deriva, rappresenta una questione politica di massima rilevanza che va a screditare il governo, il secondo a guida Leone, agli occhi del mondo, ma soprattutto degli italiani. Nel film i rappresentanti dello stato vengono per di più dipinti come dei fantocci (Luca Zingaretti, Fabrizio Bentivoglio), uomini vecchi e rimbambiti aggrappati alle proprie poltrone che motivano la situazione delle insurrezioni con attenuanti ridicole: “Tutto questo è colpa dell’inquinamento, dell’alimentazione eccessivamente proteica e della televisione…”.

La regia peculiare di Sydney Sibilia, già regista della trilogia di Smetto quando voglio, anche in questa pellicola si fa portavoce di una critica politica e sociale piuttosto tagliente. Mostra, come di consueto, la difficoltà di inserirsi nella corrente comune del popolo da parte di individui straordinari. L’incredibile storia dell’isola delle Rose è stata però semplificata e rivisitata, forse fin troppo. La trama viene proposta al pubblico come una favoletta, a tratti romantica, di un sogno di due giovani, i quali non sembrano incontrare alcun ostacolo fino alla seconda metà della vicenda. Al contrario, Giorgio Rosa si scontrò immediatamente con il dissenso politico – militare italiano. L’isola viene vista inoltre come pegno d’amore per una donna, declassando completamente l’aspetto estremamente rivoluzionario e innovativo, che avrebbe posto le basi di una nuova storia.

All’interno de L’incredibile storia dell’isola delle Rose, alcuni personaggi risultano piatti e deboli rispetto al contesto in cui sono stati inseriti. Anche lo stesso gruppo di amici, tutti libertini, non esprimono a pieno le ideologie delle quali dovrebbero andare a farsi portatori, ostacolando anche il pubblico nella possibilità di andare a empatizzare con questi personaggi.
Ogni tanto però si nota una scintilla di spirito di speranza e orgoglio, in particolar modo negli occhi del protagonista, anche se in definitiva, purtroppo, anche il finale del film risulta troppo debole e inverosimile, in quanto al posto del rancore e forte amarezza, vengono enfatizzati eccessivamente una felicità e spensieratezza contrastanti col tono melanconico dell’intera pellicola. 

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