Sullo sfondo di una Hong Kong del 1962 il signor Chow (un magistrale Tony Leung Chiu-wai) ama in segreto la dirimpettaia signora Chan (una magnetica Maggie Cheung). La coppia vive un amore clandestino privo di fisicità e sesso, basato solo su corpi che si sfiorano appena, respiri che si percepiscono e sguardi distanti che si tramutano in sogni e desideri. Tre anni dopo il ritorno di Hong Kong nelle mani della Cina, Wong Kar-wai mette in scena un melodramma carico di intensità e raffinatezza che folgora la critica al Festival di Cannes del 2000 e segna l’inizio di un cambiamento estetico e stilistico nella cinematografia hongkonghese.
In The Mood for Love offre al pubblico un amore rarefatto, essenziale e sottile, carico di raffinatezza e ossessione per il dettaglio visivo. L’Immagine Ritrovata di Bologna e la Criterion hanno riportato in vita il film sotto la supervisione del regista consentendo alla Tucker Film di far tornare il film in sala nello splendore del 4K e inaugurando la riapertura di moltissime sale italiane dopo il lockdown. Il film è un trionfo al 53° Festival di Cannes e Tony Leung Chiu-wai vince la Palma d’oro come miglior attore mentre i capireparto Christopher Doyle, Mark Lee Ping-bin e William Chang il prestigioso Grand Prix per la tecnica.
Wong Kar-wai nasce a Shangai nel 1958 e si trasferisce a Hong Kong all’età di cinque anni, impara il dialetto locale guardando i film al cinema con sua madre (la cui somiglianza con la signora Chan è impressionante). Scopre la fotografia quando ancora è uno studente di design grafico al Politecnico di Hong Kong e dopo il diploma frequenta un corso di formazione dell’Hong Kong Television Broadcasts Ltd dove comincia a lavorare come assistente alla produzione di serial televisivi. La sua opera prima As Tears Go By (1988) è un tributo al cinema di Martin Scorsese e ottiene molti consensi ai festival del cinema e nel film già recita da protagonista femminile una giovanissima Maggie Cheung.
In merito a In The Mood for Love il regista ricorda: «Abbiamo girato il film nel 2000 come un addio all’Hong Kong del XX secolo, prima che quel capitolo della città sfumasse nei ricordi…». Chiaramente il sapore nostalgico e la sensazione di opportunità perdute che evoca il film sono ritrovabili anche nella mutazione definitiva della natura ideologica e culturale di Hong Kong del 2000. Ed è forse proprio questo lutto che a 21 anni di distanza fa vivere oggi ad Hong Kong in modo diretto e fisico il trauma della perdita della sua identità rispetto al tentativo di adeguamento etnico e culturale apportato dalla Cina con tutte le conseguenze del caso che sono oggi all’attenzione del mondo intero.
Ma il ritorno in sala del film di Wong Kar-wai può essere vissuto anche in altro modo. Mai come ora, nell’epoca delle distanze e dell’intoccabilità dell’altro, un film del genere sembra trovare un nuovo collocamento diventando specchio di ricongiungimenti sognati e di fisicità negate. Tornare al cinema per ritrovare gli eterni amanti distanziati di Wong Kar-wai significa in fondo guardare noi stessi nella più profonda contemporaneità.