Fatih Akin presenta a Cannes la tragedia contemporanea In the Fade, nono lungometraggio di finzione del regista quarantenne tedesco di origini turche. L’opera rispetta scrupolosamente le regole dei tre atti aristotelici e onora la terra che ha dato i natali alla tragedia, ambientando l’ultimo atto proprio in Grecia. Fatih Akin è nato ad Amburgo da una famiglia turca, ha l’Europa e la multietnicità nel sangue, ha poco più di 44 anni e rappresenta la generazione europea dei nuovi cineasti, quelli da cui potrebbero nascere storie giovani per un vecchio continente.
Nel primo atto il film si sofferma a mostrarci il trauma del lutto improvviso della protagonista, dovuto alla perdita del marito e del figlio a causa di una bomba terrorista. Nel secondo atto l’opera si concentra sulla catarsi del tribunale, la ricerca della giustizia, la burocrazia, lo scontro fra il desiderio di giustizia e la ritualità della forma legale. Gli avvocati e i giudici del processo sembrano diventare un moderno coro greco che espone al pubblico tutte le sfumature dell’evento che ha animato fino a quel momento la tragedia. Il terzo atto racconta l’elaborazione del lutto ma anche la vendetta della protagonista. Il film mette in gioco moltissimi elementi della contemporaneità europea come la multietnicità, il pregiudizio, la crisi economica e gli estremismi politici. Ci racconta un fondamentalismo diverso da quello a cui siamo abituati attraverso la scelta di far morire la famiglia di Katja per mano di terroristi neonazisti e creando una connessione diretta con il movimento politico greco di “Alba dorata”.
In una moderna Europa che troppo spesso piange le proprie vittime del terrorismo fondamentalista musulmano, Akin ci ricorda un’altra forma di estremismo denunciando la facilità con cui si può sospettare di un giovane dalla pelle scura e titubare sulla colpevolezza di una coppia bianca europea. Un film coraggioso, con una visione del nostro tempo lucida e alternativa e con una messa in scena impeccabile. Tutta la storia ruota attorno alla magistrale interpretazione di Diane Kruger, quasi sempre davanti alla macchina da presa. Proprio la Kruger, filmata e raccontata da Akin, sembra indicare la via a una nuova generazione di autori europei.
di Daniele Clementi