Il tocco del peccato (trailer), settimo lungometraggio di finzione di Jia Zhangke, presentato alla 66esima edizione del Festival di Cannes, è il ritratto disilluso di una Cina dai mille volti e di un’umanità ridotta a uno stato animalesco a cui la vita non ha più nulla da dare.
Quattro episodi: Il minatore Dahai (Jiang Wu) si scontra con la corruzone e l’arricchimento dei funzionari; San’er (Wang Baoquinag), lavoratore nomade torna a Chongquing per i settant’anni della madre ma decide di ripartire lasciando la moglie, ormai diventato rapinatore e assassino; Xiao Yu (Zhao Tao, compagna e musa del regista) fa la receptionist in una sauna e si ribella a un cliente taiwanese che la scambia per una prostituta; Xiao Hui (Luo Lanshan) dopo aver fatto ferire per sbaglio un collega va a lavorare in un night-club di lusso dove conosce Lianrong (Li Meng)
Ci sono voluti sette anni a Jia Zhangke per tornare al cinema di finzione. Dal 2006, anno in cui vinse il Leone d’oro a Venezia con Still life, al 2013. Nel mezzo 3 documentari: Useless (2007), 24 city (2008), I Wish I Knew (2010) e il corto Cry Me a River (2008). In questi anni, in Cina, avvengono diversi episodi di violenza che spingono il regista a interrogarsi sulle loro cause per mezzo del cinema (le quattro storie narrate nel film sono tratte da fatti realmente accaduti). La scelta di realizzare un film a episodi così come lo è Il tocco del peccato, con quattro ambientazioni diverse, deriva dall’ esigenza di mostrare che ciò che è accaduto (e continua ad accadere) non è stato frutto del caso, ma di un determinato contesto sociale.
Jia attraversa la Cina da Nord a Sud per offrire un ritratto che sia il più esauriente possibile, ispirandosi anche alla pittura tradizionale cinese e alla tendenza a presentare in un unico disegno i diversi volti della Cina. Il primo episodio si svolge nello Shanxi (nord della cina), dove l’economia è fortemente legata all’estrazione del carbone. Il secondo a Chongqing, il posto più popolato della Cina. Il terzo nello Hubei (Cina centrale), con il suo bellissimo paesaggio naturale. Il quarto nella provincia di Guangdong, dove si trovano gran parte delle multinazionali, e che è andata incontro a una forte crescita economica. Quattro storie diverse che non si incontrano mai per davvero, ambientate in quattro diversi luoghi, ma legate dalla violenza, dal capitalismo e dal Capodanno cinese: primo, secondo e terzo episodio si svolgono rispettivamente prima, durante e dopo il Capodanno.
Il tocco del peccato delinea una Cina contraddittoria e dalle mille facce: le miniere, i villaggi rurali e i luoghi tradizionali, le città e i treni ad alta velocità, l’Opera di Pechino, il cinema (Exiled di Johnnie To e Green Snake di Tsui Hark) e i ricchi di Hong Kong e Taiwan. E non è un caso che un cliente dica a Lianrong: “i giovani d’oggi non hanno alcun senso dell’orientamento” . In questo contesto gli uomini sono ridotti ad animali e bestie. Il regista accosta numerose volte i suoi personaggi ad animali diversi: cavalli, tigri, pesci, mucche, serpenti, ecc. In questo mondo si può essere solo animali-prede o animali-predatori. Non esiste più alcuna via di mezzo e la violenza non può che essere una logica conseguenza, sia essa rivolta all’esterno o contro se stessi.
Dahai stanco della corruzione nel villaggio e del divario tra ricchi e poveri dovuto alla privatizzazione delle miniere decide di farsi giustizia da sé. Nel secondo episodio San’er decide di diventare un rapiantore e un assassino: la violenza e l’assassinio, in un mondo dove la vita non ha più valore e non sembra più esistere alcuna legge o morale, diventano pratica quotidiana per sfuggire alla noia. Nel terzo Yu reagisce con un’esplosione di violenza nel momento in cui un cliente la schiaffeggia con del denaro scambiandola per una prostituta e negandole la dignità. Nel quarto è lo sfruttamento, l’umilazione, l’amore e le speranze negate, la mancanza di denaro e la mercificazione dei corpi a spingere il diciannovenne Hui a un gesto estremo. Nella scena conclusiva Yu si ritrova a vedere la rappresentazione dell’opera “L’interrogatorio di Su San” (Su San Qi Jie) e le ultime parole che si sentono dire sono: “ammetti la tua colpa ?”, finendo per assumenere una connotazione a metà tra il grottesco e lo sconsolato.
Nel cercare di trovare un’adeguata modalità di rappresentazione per queste storie Jia si rifà al wuxia e in particolare a King Hu (esplicitamente citato A Touch of Zen-La fanciulla cavaliere errante tanto nelle movenze di Yu al momento della vendetta quanto nel titolo internazionale A Touch of Sin). Riconoscendo in entrambi la presenza di personaggi che reagiscono con violenza a una condizione di oppressione, il regista ha adottato lo schema del wuxia, caratterizzato da vicende ambientato nel passato, e l’ha applicato alle sue quattro storie ambientate nella Cina moderna. E sarebbe fino troppo semplicistico ridurre l’uso e la messa in scena esplicita della violenza a un debito/omaggio nei confronti di Takeshi Kitano (co-produttore). Quella di Jia è una presa di posizione forte, una scelta tanto coraggiosa quanto rischiosa all’interno di un contesto produttivo che ha sempre tentato di ostracizzare e bandire la rappresentazione della violenza e infatti il film avrà non pochi problemi con la censura).
Vincitore del Prix Du Scenario a Cannes, Il tocco del peccato, che segna un punto di rottura nel cinema di Jia Zhangke rispetto ai suoi film precedenti, è disponibile su Amazon Prime Video.