Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim, la recensione del film di Kenji Kamiyama

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Il Signore degli Anelli – La guerra dei Rohirrim (trailer) è un film d’animazione del 2024 diretto da Kenji Kamiyama e sceneggiato da Philippa Boyens. Adattamento cinematografico in stile anime della saga letteraria del Il Signore degli Anelli, la storia viene trasposta dalla famosa Appendice del romanzo di J. R. R. Tolkien. La pellicola si inserisce nella saga come un prequel e spin-off della trilogia de Il Signore degli Anelli diretta da Peter Jackson.

Dall’inizio della produzione sono state rilasciate diverse dichiarazioni, tra cui quelle della produttrice e sceneggiatrice Philippa Boyens. Quest’ultima ha affermato che, tra le intenzioni del film, vi era quella di raccontare una storia ambientata nella Terra di Mezzo che si “adattasse culturalmente agli anime”. Per raggiungere questo obiettivo, Boyens desiderava narrare una vicenda che non si basasse sull’anello – forse più un’esigenza che un desiderio – né che continuasse a vivere all’ombra di Sauron. Se da un punto di vista narrativo si può ritenere questa come una scelta corretta, Boyens non vive all’ombra di Sauron e del suo anello, ma si nasconde decisamente dietro quella di Peter Jackson, produttore esecutivo del progetto. Di fatto, la partecipazione di Jackson sembra più un biglietto da visita, una sorta di bollino di qualità, come a dire: “Ti piacerà perché Jackson ha accettato di lavorare come direttore esecutivo del progetto. Quindi, se ti piacciono le sue trilogie, ti piacerà anche questa.” Ma è davvero così?

La scelta è stata quella di ambientare la storia 250 anni prima delle avventure di Bilbo ne Lo Hobbit (2013) concentrandosi sulla vita di Helm Mandimartello, nono re di Rohan, ultimo uomo della sua stirpe, nonché colui che ha dato il nome al Fosso di Helm. Per questo film, si è deciso di spostare l’attenzione sulla figlia senza nome di Helm, ora rinominata Hèra. Sebbene a malapena menzionata nel racconto originale, Hèra viene trasformata nella protagonista della guerra dei Rohirrim: un’eroina pronta a sacrificarsi per salvare il suo popolo.

Il regno di Rohan è minacciato da una delle sue stesse casate, guidata da Wulf, figlio di Freca, un potente signore con legami dunlandiani. Freca, in aperta ribellione contro il re Helm, viene ucciso dopo aver cercato di imporre il matrimonio della figlia unica di Helm, Héra, con suo figlio, anziché con un erede di Gondor, come desiderava il re. Esiliato e assetato di vendetta, Wulf raduna un esercito composto da Dunlandiani e altre tribù di mercenari ostili, deciso a vendicare la morte del padre e a conquistare Rohan. Dopo una serie di devastanti sconfitte, Helm e il suo popolo si rifugiano nella fortezza che in seguito sarà conosciuta come il Fosso di Helm. Qui, resistono a un lungo e brutale assedio, lottando per la sopravvivenza del loro regno.

Durante l’assedio della fortezza, e dopo la tragica morte dei suoi figli, Helm per i suoi nemici diventerà figura spaventosa, sovrannaturale, che si muove nella neve come uno spettro per uccidere brutalmente i suoi nemici nutrendosi dei caduti. In realtà abbiamo a che fare con un coraggioso combattente che ,secondo il racconto – ripreso accuratamente nel film – affrontasse i suoi nemici a mani nude durante incursioni notturne, seminando il panico tra le fila degli assedianti. Nonostante le gravi perdite subite, inclusa quella della sua stirpe, il coraggio e il sacrificio di Helm permisero al suo popolo di sopravvivere. Il re, come un ultimo atto di eroismo, si sacrifica per salvare la figlia Héra, affrontando il suo destino davanti ai cancelli della fortezza. La leggenda narra che il suo corpo, congelato dal gelo implacabile, divenne una statua di ghiaccio, simbolo eterno della sua forza e del suo sacrificio per il regno di Rohan.

Il film arricchisce ulteriormente la leggenda attraverso compiere il “sacrificio” finale di Héra, che di fronte a una situazione sempre più disperata, troverà la forza e la determinazione di guidare la resistenza contro il nemico, portando speranza al suo popolo. La sua battaglia, nel climax, culmina in uno scontro diretto con Wulf, che non le ha mai perdonato di non aver accettato la sua proposta di matrimonio. Il film, di fatto, suggerisce un passato di attrazione reciproca tra i due, risalente all’infanzia, ma il loro legame si è poi trasformato in ostilità a causa delle ambizioni e dei conflitti familiari. Con la morte di Wulf, la guerra si conclude, il cugino di Héra viene proclamato re, e lei ottiene finalmente la libertà che la vita da principessa sotto la protezione del padre non le aveva mai concesso. La sua storia si intreccia con quella della leggenda di Helm, consolidando il suo posto come eroina nella memoria dei Rohirrim.

Le poche pagine dell’Appendice tolkieniana che ispirano la storia, offrono agli autori ampio margine per prendere decisioni personali e raccontare gli eventi da una prospettiva nuova. Testi brevi come questo permettono infatti una maggiore libertà creativa, riducendo il rischio di suscitare malcontento o opposizione nel fandom. Seguendo fedelmente i punti principali della narrazione, un racconto breve può essere ampliato con più facilità, senza stravolgere la struttura originale. Tuttavia, ciò non significa che non ci siano rischi. Parlare di Tolkien significa immergersi in una narrativa basata sul worldbuilding, tipico dell’epica e del fantasy, caratterizzata da una cura iper-dettagliata per ogni aspetto. Questo richiede estrema attenzione nella costruzione delle ambientazioni, dei personaggi, dei popoli e delle loro tradizioni e costumi.

A penalizzare la credibilità di questo adattamento potrebbe essere proprio la scelta di reinterpretare il mondo tolkieniano attraverso il genere e lo stile anime. Questa scelta rischia di trasformare un universo profondamente radicato nell’epica occidentale in qualcosa di estraneo alla sua essenza, suscitando dubbi sulla coerenza con il materiale originale. Innanzitutto, va sottolineato che per chi non è un amante del genere, la “legnosità” tipica degli anime può risultare particolarmente ostica all’interno di un film che si dovrebbe inserire nell’universo di LOTR, soprattutto nella mancata fluidità e nella rigidità dei movimenti, specialmente durante i combattimenti. Sebbene questo possa essere considerato una caratteristica intrinseca del genere, e quindi trascurabile, ciò che non si può ignorare è la forma che gli abitanti di Rohan assumono in questo film. Questi personaggi hanno ben poco delle vere fattezze dei signori dei cavalli tolkieniani, basati sulle fattezze degli antichi anglosassoni; a guardarli, sembrano più una fusione tra la casata Stark di Grande Inverno e le forze di ricognizione di Attack on Titan.

Proprio da anime come Attack on Titan sembrano scopiazzare la “divisa” indossata da Héra, perché tutto si può definire tranne che armatura. L’eroina protagonista ci appare sul grande schermo come vittima di iper-sessualizzazione totalmente fuori contesto (un aspetto tipico degli anime), ma che risulta completamente distante dalla visione di Tolkien e dalla mano di Jackson. Non si tratta di una questione di politicamente corretto, ma di rispetto per l’essenza di un mondo in cui le donne tolkieniane ottengono il loro valore dal coraggio fisico, dalla saggezza, dalla capacità di sacrificio e dalla forza emotiva.

Quel poco che Tolkien ci lascia sapere sulle fattezze dei suoi personaggi femminili è caratterizzato da un’aulica e candida bellezza, dove le donne guerriere indossano armature simili a quelle dei loro controparti maschili, e non tutine attillate adornate da cinture sotto il seno e stivali altissimi. Questo tipo di rappresentazione, purtroppo, tradisce l’approccio più evitante ma rispettoso che Tolkien aveva verso l’aspetto fisico delle sue eroine, che erano protagoniste non per la loro apparenza, ma per le loro azioni e il loro impatto sul mondo che le circonda.

Il paragone con Éowyn, la principessa di Rohan di Jackson, è inevitabile (dato che l’attrice che interpreta quest’ultima presta la sua voce a quella narrante del film). Parliamo di una delle figure femminili più forti e indipendenti ne Il Signore degli Anelli. Nonostante le limitazioni sociali imposte alle donne nel suo mondo, Éowyn dimostra un coraggio straordinario, combattendo al fianco degli uomini contro il Signore Oscuro, Sauron. È una delle principali protagoniste nella battaglia per la libertà di Rohan, colei che ucciderà il Re degli Stregoni di Angmar, tutto travestita da uomo!

Stride l’immagine che un’antenata di Éowyn, che ha combattuto con tale valore e determinazione per difendere il suo popolo, possa avere come “ava” una figura come quella di Héra. Sembra quasi strano che una signora dei cavalli, che ha ucciso il capo dei Nazgûl, possa essere paragonata ad una figura che appare più simile a Leila di Star Wars in versione giapponese. Questo contrasto tra l’eroismo di Éowyn e la rappresentazione di Héra evidenzia un grande divario in due generi forse tra loro incompatibili.

Guardando La Guerra dei Rohirrim, sembra di non avere a che fare con una trasposizione de Il Signore degli Anelli, ma più con un lungometraggio anime, che richiama gli stilemi dei fine anni ’90 e inizio 2000, cadendo nello stereotipo e, soprattutto, nella standardizzazione. Un approccio superficiale e generalista che manca di rispetto per i costumi tolkieniani e che ha poco in comune con l’opera di Jackson, se non per alcune ambientazioni, letteralmente copiate. È strano pensare che Rohan, e il rispettivo castello, a 300 anni prima del viaggio di Frodo, abbiano le stesse identiche fattezze di quello in cui la compagnia dell’Anello si rifugia. Il film si trova in bilico tra due estremi: la copia di un mondo e il suo stravolgimento, senza riuscire a farlo proprio né a rispettarne la profondità.

Insomma, la Warner e la New Line Cinema sembrano aver scelto una strada a basso rischio, una decisione che, a dire il vero, non merita molto credito. È l’opposto di quanto sta cercando di fare Amazon Prime Video con Gli Anelli del Potere, che sfida più apertamente i canoni tolkieniani all’insegna dell’inclusività, pur rispettando i costumi e le tradizioni degli abitanti delle Terre di Arda. Proprio ora che Amazon cercava di liberarci dallo schema tossico di inseguire il passato, è la Warner a riportare tutto nel dubbio, con un po’ di fan service privo di personalità.

Al cinema.

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