C’è un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato. Un luogo in cui delle bizzarre figure si aggirano trascinando sulle spalle il peso del loro passato e l’incertezza del domani. Un’ex attrice spaventata dal tempo che avanza, un colonnello che non ha mai realizzato il sogno di diventare generale, un’infermiera dallo sguardo impenetrabile ed altri abitanti anticonvenzionali. Il punto di rugiada (trailer) è un film diretto da Marco Risi e presentato al Torino Film Festival.
Carlo (Alessandro Fella) e Manuel (Roberto Gudese) vengono destinati ad una casa di riposo per scontare un anno di lavori socialmente utili. Villa Bianca è accogliente, calda, ma si delinea ben presto anche come un luogo che porta a sperimentare la solitudine. I due ragazzi scopriranno una nuova esistenza, stringeranno dei legami che li porteranno a guardare il mondo con occhi più attenti ed empatici. O almeno è questa quella che sembra essere la finalità del film: offrire un esempio di redenzione personale che passa per l’accettazione e la comprensione dell’altro.
In realtà, Il punto di rugiada fa fatica ad attecchire. Si dirama per oltre un’ora e mezza alla ricerca della propria identità, tra sequenze di ostentata leggerezza, personaggi forzatamente eccentrici e snodi narrativi che non trovano sbocchi. Durante il suo svolgimento si fa fatica a riconoscere al film degli elementi di innovazione. Fatta eccezione per qualche scena capace di cavalcare l’emotività dello spettatore, sembra una storia già vista, di cui altri sembrano già aver parlato. Una storia che sembra fare il “verso” ad altre storie.
Nonostante l’opera di Risi sia abbellita da convincenti performances di attori come Luigi Diberti e Massimo De Francovich, una scrittura approssimativa dei personaggi toglie forza al film. Sappiamo poco del main character, Carlo, se non che aderisce perfettamente allo stereotipo di ragazzo viziato che commette errori spinto dalla noia e dalla leggerezza. Non sembrano esserci delle reali conseguenze alle sue azioni, non viene delineata una traiettoria tanto plausibile da giustificare la sua evoluzione, la sua crescita umana. I protagonisti di questa storia, alcuni dei quali vengono ben presto accantonati dalla stessa senza troppe spiegazioni e smancerie, sembrano essere posizionati lì e spesso sacrificati in favore di qualcosa di più grande. Ma cosa?
Qual è l’obiettivo del film? Una riflessione su una giustizia che non sembra esserci? L’opera di Risi si concentra sulla rieducazione dei due protagonisti, facendo scivolare in secondo piano i crimini da loro commessi. Ma può esserci davvero una redenzione senza una presa di coscienza delle proprie colpe? I reati di Carlo e Manuel sembrano più pretesti volti a motivare la loro presenza nella casa di riposo che effettivamente un carico da portare che li smuove a cambiare. Il punto di rugiada non trova una collocazione specifica: mette insieme una serie di tematiche, di storylines, che faticano a rimanere in piedi e che tendono irrimediabilmente a scollarsi le une dalle altre. Condizione di confusione aggravata da un finale, indiscutibilmente toccante, capace di liberare con forza tutta la sua componente emotiva, ma che sembra raccontare un’altra vicenda rispetto a quella vista precedentemente.
Un pregio da riconoscere al film di Risi è la capacità di saper dare spazio alla vecchiaia, la spinta a riscoprire l’anzianità in relazione alla giovinezza. Carlo e Manuel vedono negli occhi degli strambi abitanti di Villa Bianca una parvenza di speranza, di resistenza. Dino (Massimo De Francovich), Antonella (Erika Blanc), Pietro (Eros Pagni) e gli altri dimostrano un attaccamento alla vita, una genuina e bambinesca meraviglia verso il mistero dell’esistenza che i due giovani protagonisti sembrano aver oramai dimenticato.
Pur con i suoi inciampi, il film dimostra dei tratti interessanti. Apprezzabile è sicuramente la volontà di offrire un volto agli ospiti delle case di riposo, uomini e donne che sembrano destinati a concludere le loro esistenze chiusi in una struttura, e di estirparli dal destino inclemente di costituire una massa indistinta senza nome.
Al cinema.