A poco più di trent’anni di distanza dal celebre Il principe cerca moglie (1988) di John Landis, Amazon Prime Video tira fuori dal cilindro un delizioso gioiellino che occhieggia in modo prepotente all’immaginario passato e presente: Il principe cerca figlio (trailer) di Craig Brewer. Il principe Akeem (Eddie Murphy) non è più lo sprovveduto e frivolo giovane che era andato a New York in cerca del vero amore, ora è un principe maturo e consapevole, pronto per diventare re. La trama del film, all’apparenza, è molto semplice e basilare. Akeeem, che non è riuscito ad avere un erede maschio dalla sua unione con Lisa (Shari Headley), scopre di avere un figlio (Jermaine Fowler) e si reca nel Queens per conoscerlo e vedere se ha gli occhi e la tempra di un vero principe; parallelamente, il generale di un Paese straniero minaccia di invadere Zamunda e l’unico modo per portare a un trattato di pace è un matrimonio tra i due eredi dei rispettivi Paesi. Gli elementi caratterizzanti della pellicola sono l’ibridazione e la contaminazione.
Fin dai titoli di testa assistiamo a una ibridazione tra i titoli, che si integrano nell’opening image del film (le vaste montagne che circondando il regno di Zamunda). Entriamo nel palazzo reale e qui vengono mostrate delle “cornici”: diverse porte che si aprono in successione, introducendo i vari ambienti del palazzo, che ci riportano agli immaginari di film tratti dalle opere Oscar Wilde (L’importanza di chiamarsi Ermest, con le sue mille porte quando Jack è convocato da Lady Bracknell) e ovviamente alla serie Downtown Abbey. Una delle sequenza più significative è quella del funerale, dove assistiamo a una drammatizzazione musicale del defunto, che assiste (da vivo) da dentro a una bara al suo stesso funerale, che viene accompagnato da una musica che va al tribale al pop. Significativo e escatologico è il fatto che il defunto scelga quando andarsene.
Per quanto riguarda la contaminazione o, in questo caso, più precisamente citazionismo, non si può non accennare al riferimento dei due fratelli Ducke (antagonisti in Una poltrona per due e guest star de’ Il principe cerca figlio), che dopo aver ricevuto del denaro – mentre erano ridotti in miseria -, nel film dell’1988, non sono certo cambiati. I richiami alla contaminazione si ritrovano anche nelle battute nei personaggi e nel setting del film: si va dalle battute alla Star Wars (vengono citati Jar Jar Binks e Jabba the Hutt); a rappresentazioni del mondo Marvel: un personaggio cita la Wakanda di Black Panther rapportandola alla Zamunda del film e in effetti i costumi e gli intermezzi action sono un forte richiamo al pluridecorato film della Marvel; a improbabili James Brown (il reverendo si chiama appunto Brown) alla Blues Brothers, intenti a celebrare matrimoni con tanto di coro Gospel. Infine, il novello giovane che entra in un mondo principesco e del tutto opposto al suo, non può non farci venire in mente il giovane Aladdin (tra l’altro nel film viene citato Will Smith nel suo ruolo di Genio nel film di Aladdin del 2019).
Sul piano narrativo, ci sono due tipi di mentalità: una libera, appartenente al quartiere del Queens (anche se è curioso non venga criticata la criminalità e lo spaccio di droga che sono un lato di quella parte di NY) e l’altra conservatrice (le donne non possono ascendere al trono reale) e limitante nelle libertà, appartenente al mondo zamundiano. Alla prima realtà si associano personaggi come il novello principe e la donna di cui è innamorato; all’altra, il re Akeem e la principessa del Paese straniero, robotica sia nelle movenze che nella mentalità.
Una medaglia di merito non può non andare al talento camaleontico di Eddie Murphy e Arsenio Hall, che interpretano più di un personaggio e con sfaccettature e mimiche facciali completamente differenti, ma un plauso generale va a tutto il cast (proveniente in gran parte da ambienti comici, come il Saturday Night Live). Infine, inaspettato e alquanto piacevole il cammeo di John Legend.
In sintesi, Il principe cerca figlio è un film con un cast quasi interamente composto da talentuosissimi attori di colore, pieno di trovate brillanti e sorridenti e che miscela, cita e ibrida abilmente i generi dell’action, del musical e della comedy goliardica. E’ un film che racconta in modo ludico e disimpegnato due mentalità che confliggono fin dai primi minuti del film e sottotraccia affronta anche il tema del razzismo (“Non fare la voce da bianco” dirà un personaggio al giovane coprotagonista prima di un colloquio di lavoro). E’ un piccolo gioiellino assolutamente consigliato per tutti coloro i quali vogliano guardare un prodotto scorrevole, amabilmente divertente e con un modello narrativo fiabesco-mitologico, fluido, ben centrato nelle regole di Vogler (con tanto di 3 prove da superare) e che nasconde molti più contenuti di quanti non appaiono a una prima visione.