Un pavone e una famiglia con delle verità non dette sono gli elementi che Laura Bispuri ci schiaffa davanti con Il paradiso del pavone (trailer). Passano pochi minuti e già cominciamo ad orientarci. Iniziamo a notare una similitudine fin troppo marcata con Perfetti sconosciuti, lo splendido film di Paolo Genovese. D’altronde la scelta di girare prevalentemente in interni e di far ruotare la trama attorno ai rapporti in evoluzione dei vari membri della famiglia non può che condurre la nostra memoria al suddetto lungometraggio.
La famiglia che Laura Bispuri ci presenta, si raduna a casa di Nena (Dominique Sanda) e Umberto (Carlo Cerciello). Subito notiamo la volontà della regista di farci comprendere il lato “oscuro” dei rapporti tra i singoli componenti. Adelina (Alba Rohrwacher) è una giovane donna fin troppo insicura, alla costante ricerca di approvazione da parte del marito Vito (Leonardo Lidi) e soprattutto della suocera Nena. Caterina (Maya Sansa) è da tempo separata dal marito Manfredi (Fabrizio Ferracane) ma lo nasconde alla famiglia e Lucia (Maddalena Crippa) è il vero amore di Nena, ma anche questo è un dettaglio che viene nascosto agli altri personaggi.
Osservando come i vari personaggi interagiscono tra di loro, ci sentiamo desiderosi di scoprire di più sui loro veri conflitti. Il cast fin troppo corposo è tuttavia il primo ostacolo allo sviluppo della trama che trascura in maniera evidente alcuni personaggi interessanti, relegandoli ad un ruolo di mera comparsa. Laura Bispuri tenta invano di dare maggiore respiro all’interiorità dei personaggi, ma tale tentativo naufraga e ad arrivarci è solo un velo di apparenza, messo in mostra durante i vari dialoghi, che ci divide dalla verità sui vari membri del nucleo familiare.
Il pavone, simbolo del film, non ci lascia indifferenti. Ha un suo significato, anche se non pienamente comprensibile. Fin quando l’animale è in vita, il nucleo familiare di Nena è sorretto dalle menzogne, facendoci provare una sensazione di quiete prima della tempesta. Quando l’animale si cimenta in un disastroso tentativo di volo, andando incontro alla morte, l’equilibrio familiare si rompe. Emergono quindi le prime verità sui singoli, dove ognuno inizia a scoprire le proprie carte. È in questo momento che si entra nella parte interessante del film.
In alcuni momenti di pausa dalla narrazione, Laura Bispuri si avventura nell’evocazione simbolica tramite l’immagine del già citato pavone e di un piccione bianco. Queste brevi ma interessanti inquadrature richiamano allo stile di Jean-Luc Godard, in film come Pierrot le fou. Tuttavia il tentativo non convince del tutto, risultando troppo ambizioso per quella che è la reale qualità del film, colpevole di non aver chiarito al meglio ciò che anima i personaggi.
Ciò che l’opera tenta di comunicare può essere a malapena interpretato da alcune battute dei personaggi. Ecco quindi che Il paradiso del pavone si trasforma in una riflessione sulla morte, sottolineando come il mondo continui a muoversi quando si cade. Adelina si fa portavoce di una vita che alle volte sa essere ineluttabile, con gli eventi che accadono senza che nessuno possa farci niente.
Il paradiso del pavone è un film che, come il pavone della storia, tenta invano di volare, schiantandosi al suolo. L’ambizioso desiderio di stimolare riflessioni profonde attraverso i simboli e le buone interpretazioni degli attori naufraga davanti a problemi strutturali evidenti, come i troppi personaggi e il conseguente mancato approfondimento delle dinamiche famigliari e dei conflitti. Il tutto ci lascia infine una sensazione di già visto, senza offrire nulla di concretamente nuovo ad un cinema italiano che ha bisogno di cambiare e di non adagiarsi più nelle zone di comfort.
In sala dal 16 giugno.