È un sapore agrodolce, quello che lascia sul palato dello spettatore la nuova docuserie Netflix Il mondo segreto dei Pirati (trailer). Sceneggiata da Patrick Dickinson e David McNab e diretta dallo stesso Dickinson e da Stan Griffin, la serie si avvale di interviste ad esperti e della voce narrante del pluripremiato attore britannico Derek Jakobi, per raccontare le vicende accadute tra il 1715 e il 1721, nell’età dell’oro della pirateria.
Dopo la Guerra di Successione spagnola, i corsari ingaggiati dall’Inghilterra per assaltare le navi mercatili, vengono licenziati. Senza soldi e senza impiego, migliaia di uomini di mare vogliono continuare a occuparsi di ciò che sanno fare meglio: navigare, combattere e rubare. Interi equipaggi si aggirano attorno alle Isole dei Caraibi, luogo di interesse per i mercantili spagnoli, e instaurano a Nassau una Repubblica Pirata: il quartier generale di capitani autorevoli, ladri e assassini, dove si (ri)accendono rivalità tra ex corsari, nascono nuove alleanze e giovani pirati sbracciano per farsi strada. Da Benjamin Hornigold (Sam Callis) a Edward Thatch alias Barbanera (James Oliver Wheatley), passando per Black Sam Bellamy (Evan Milton) e Charles Vane (Tom Padley), la docuserie narra la vera storia dei (veri) pirati. Lo fa poggiandosi su un’alternanza di interviste di storici marittimi e scene live-action, svelando come tutto sia al servizio della divulgazione, anche a costo di sacrificare l’estetica.
Il fine giustifica i mezzi, dunque. Gli obbiettivi divulgativi de Il mondo segreto dei pirati sono chiari sin da subito. La presenza costante di un onnisciente Derek Jakobi testimonia la volontà della sceneggiatura di non dare nulla per scontato, accompagnare lo spettatore, prenderlo per mano, assicurarsi scrupolosamente che non si perda nessun passaggio. Ci riesce bene, sia chiaro, si destreggia tra la moltitudine dei personaggi dando la giusta importanza ad ognuno e soprattutto mantiene un’ottima aderenza ai fatti storici, senza cedere alla tentazione di eccessi di linee action o sotto trame romantiche. Tuttavia, l’impianto teatrale della messinscena (rarissimi i movimenti di macchina e statiche le inquadrature) mette in luce le debolezze di una regia troppo “timida”, che, come uno studente affatto pretenzioso, si accontenta di una sufficienza risicata, seguendo i personaggi solamente nelle loro parole. Le immagini non vivono di vita propria, se non nel solo uso riciclato degli stessi establishing shot all’inizio di ogni sequenza. Evidenti, quindi, i limiti tecnici della docuserie, ma non abbastanza da nascondere i meriti.
Il mondo segreto dei pirati contestualizza con cura le azioni dei caratteri nella Londra anglicana di Re Giorgio I, dove il sesso pre-matrimoniale è un peccato imperdonabile e i neri non sono altro che schiavi selvaggi da sottomettere. Tutto è valido, insomma, purché si rispetti la legge di Dio e del Re. In poco tempo Nassau finisce per diventare l’epicentro di una rivoluzione sociale: ex corsari, criminali e schiavi prestati alla pirateria da una parte, le autorità dall’altra. Lo stato è militarmente e ideologicamente guidato da Woodes Rogers (Kevin Howarth), portabandiera di “gentiluomini” dediti al Re e ai dettami della religione; è un marinaio, cattolico, autoritario. Tutto ciò che i pirati odiano.
Ma le fattezze dei due schieramenti sono sfumate, quasi ingannevoli. La maggior parte dei pirati sono ex corsari, che per dodici anni hanno rischiato la propria vita per lo Stato, nella Guerra di Successione; è un sentimento di ribellione scostante quello che pervade tra gli uomini di Nassau. Rogers riuscirà a trovare la crepa nel muro mettendoli davanti a una scelta dolorosa: la libertà da tempo sognata o l’onore. L’atto finale è una guerra fredda in Era georgiana, dove la posta in gioco è la dignità di ogni combattente.
Il mondo segreto dei pirati, dunque, è un buon prodotto Netflix, un esperimento complessivamente riuscito, meritevole di far coesistere (pur nelle sue lacune) divulgazione e intrattenimento.