Il male non esiste (trailer) vince l’Orso d’Oro alla settantesima edizione del festival di Berlino ponendosi una sola domanda: e tu, al posto loro, cosa avresti fatto?
Mohammad Rasoulof in questo suo ultimo film s’interroga riguardo i limiti e le possibilità cui è sottoposta la libertà individuale della popolazione iraniana, costretta a vivere sotto un regime dispotico. Il regista inscena quattro diverse variazioni sul tema della forza morale e della capacità individuale di opporsi a un sistema politico coercitivo. Ogni società che impone la pena di morte ha bisogno di persone che uccidano altre persone. Questa è la premessa che lega i quattro brevi episodi indipendenti narrati all’interno del film. Nel primo, intitolato “il diavolo non esiste”, incontriamo il quarantenne Hesmat (Ehsan Mirhosseini), marito e padre esemplare. È un uomo onesto e di sani principi che trascorre la sua routine domestica esattamente come farebbe qualsiasi altra persona, affrontando i classici problemi di vita quotidiana e inciampando spesso nei luoghi comuni più diffusi: il traffico della città, fare la spesa, ritirare lo stipendio in banca, andare a prendere sua figlia a scuola, baciare sua moglie. Nel complesso, dalle ambientazioni ai dialoghi, la narrazione della sua vita non lascia equivoci di comprensione, instillando un naturale processo di empatia col personaggio che, con le sue abitudini, non fa altro che ricordarci il rassicurante sogno di vivere una vita serena. Tale sensazione risulta essere disorientante e porta lo spettatore a porsi delle domande che si aggrappano all’inquietudine degli occhi di Hesmat. Hesmat ha uno sguardo attonito, costantemente perso nel vuoto, dissociato dalla realtà, che entra nettamente in contrasto con le immagini e i significati della sua vita. I suoi occhi sono l’unica risposta a un tormento esistenziale: il suo lavoro.
Il cinema di Rasoulof si è sempre affidato a un tipo di narrazione allegorica e nelle sue pellicole – pensiamo a Gagooman (2002) esordio alla regia e miglior film al Fajr film festival di Teheran – l’elemento provocatorio si svela attraverso la condizione disumana dell’uomo nel sistema carcerario iraniano. Rasoulof è dunque un cineasta che non solo adempie perfettamente al suo lavoro, ma nel farlo compie delle scelte. Sceglie di schierarsi contro l’autocrazia e la censura repressiva del suo governo e sceglie di farlo nella maniera più diretta possibile, mostrandoci la realtà, ma lasciandoci liberi di trarre le nostre conclusioni. Ed ecco che, senza aver avuto neanche il tempo di metabolizzare la prima narrazione, torna a far da filo conduttore la riflessione sulla libertà, sulla tragicità del non poter scegliere per se stessi. Nel secondo episodio intitolato “Lei ha detto: lo puoi fare” il protagonista, il giovane innamorato Pouya (Kaveh Ahangar), compie il suo destino scegliendo di tentare la fuga dal servizio di leva militare obbligatoria e rinnegando i codici sleali imposti dalla legge. Pouya, a differenza di Heshmat, è spinto dal pervasivo desiderio di ricongiungersi alla sua amata, con la coscienza pulita. Particolare attenzione in questo secondo capitolo va alla colonna sonora che accompagna l’azione: Bella Ciao nella versione integrale cantata da Milva. Questo interessante accostamento è esaustivamente spiegato da Rasoulof stesso: «Quando stavo scrivendo la sceneggiatura mi piaceva che questa felicità incontaminata avesse un significato idealista, che generasse una sorta di sentimento comune in tutte le lingue del mondo. Il successo personale del singolo individuo doveva avere un suono simbolico universale in cui tutti potevano ritrovarsi per capirne il valore».
Se da un lato il film ci offre uno schema narrativo sempre uguale, arricchito da convincenti espedienti sensoriali tra cui, per l’appunto, l’elemento sonoro (certamente più efficace grazie alla visione in sala), dall’altro ci isola e, giunti ad appena metà proiezione, nasce spontaneo un excursus riflessivo parallelo, che evidentemente mette a confronto le dinamiche geopolitiche e sociali iraniane con i recenti provvedimenti emanati dal governo russo. Il terzo e il quarto racconto, infatti, traducono la negazione del libero arbitrio convogliandolo in un altro tipo di scelta compiuta dai nuovi protagonisti, quella che eticamente risulta essere forse la più conveniente di tutte: dimenticare.
Dimenticare è un concetto che ritorna in tutto il film e che si lega tristemente al passato e al presente di ogni paese: mai come in questi giorni torniamo a riflettere sull’importanza di non commettere gli stessi errori del passato. Il prodotto cinematografico di Rasoulof stimola, però, una memoria collettiva priva di retorica. In “compleanno” Javad (Mohammad Valizadegan) è un soldato che ha fiducia nel futuro. In caserma riesce a ottenere un permesso di tre giorni che possa permettergli di correre dalla sua fidanzata per chiederla in sposa. Anche in questo caso la normalità delle prime scene lascia ben presto spazio all’illusione, fino al momento in cui il giovane militare scopre che una lacerante decisione del suo passato cambierà per sempre la sua vita e quella della sua consorte.
Mosso da esigenze personali, Il male non esiste racconta storie che si chiedono: come cittadini responsabili abbiamo scelta nell’applicare gli ordini disumani dei despoti? Come esseri umani fino a che punto dobbiamo essere ritenuti responsabili del nostro adempimento a quegli ordini? In che modo i governi autocratici riescono a trasformare le persone in semplici ingranaggi delle loro macchine? Di fronte a questa dittatura governativa, quando si tratta di emozioni umane, come ci si relaziona con l’amore e con la responsabilità morale?
L’episodio conclusivo “Baciami” che vede protagonisti Bahram (Mohammad Seddighimehr) e Darya (Baran Rasoulof) non risponde a queste domande, bensì alimenta un sentimento critico che supera il mero gusto personale nei confronti del film. Ciò che è effettivamente importante non è il film in sé ma tutte le domande che si pone. Domande aperte che valgono la visione, che ci riportano all’inizio: e tu al posto loro, cosa avresti fatto?
Il male non esiste è in tutte le sale italiane dal 10 marzo 2022 distribuito da Satine Film col patrocinio di Amnesty International.