L’opera più emblematica (per ora) della carriera di Guillermo del Toro, Il Labirinto del Fauno (trailer), compie 15 anni. Questo film ha portato all’attenzione del grande pubblico uno dei registi più visionari degli ultimi anni, e si potrebbe dire che la sua reputazione lo precede: ha ricevuto una standing ovation di 22 minuti al suo debutto al Festival di Cannes 2006, ha fatto man bassa di candidature ai Premi Oscar 2007 vincendone tre (miglior scenografia, miglior fotografia e miglior trucco), perfino chi non lo ha mai visto potrebbe sapere della sua esistenza grazie ad un particolare fotogramma diventato virale sul Web che ritrae il mostro interpretato da Doug Jones: l’Uomo Pallido.
Il film, ambientato nella Spagna franchista del 1944, unisce l’estetica e i tropi del “dark fantasy” al crudo realismo di molte pellicole ambientate nel secondo conflitto mondiale. Questa splendida unione, che non risulta mai tirata per i capelli e non mina mai la credibilità della storia, dà vita ad una pellicola il cui messaggio non è solo fortemente antifascista, ma anche anti-conflitto nel senso più ampio del termine.
La chiave di tutto è il personaggio di Ofelia (interpretata da una giovanissima Ivana Baquero), l’unica in grado di percepire entrambi i mondi, data la sua giovane età: il mondo reale e il mondo fantastico. Questa particolare capacità non le impedisce di percepire anche gli orrori provenienti da entrambe le dimensioni, ma ciò che rende chiaro il messaggio del film è il modo in cui la protagonista reagisce a quegli orrori.
La piccola Ofelia si ritrova succube del mondo reale: sua madre, vedova e incinta oltre che debole di salute, ha dovuto sposare il crudele Vidal, capitano dell’esercito franchista. Il luogo in cui vive è pervaso da pioggia, proiettili e sangue, e il suo unico desiderio è quello di allontanarsi dalla costante carneficina così da poter vivere un’esistenza più serena insieme a sua madre e al nascituro fratello. L’unico modo che Ofelia ha per scappare è leggere i suoi libri di favole, ed è per questo che lei non proverà alcun timore al suo primo incontro con il mostruoso Fauno (anch’esso interpretato da Doug Jones). Nonostante la creatura sia lignea, colorata di verde, cornuta e dotata di dita lunghissime, Ofelia non ha paura. Anzi, è incuriosita.
Più la sua avventura nel mondo fantastico prosegue, più esso diventa terrificante. Eppure, Ofelia va avanti. Non indietreggerà dinanzi a un gigantesco rospo che vomita le sue stesse interiora, e ruberà due chicchi d’uva dal banchetto proibito dello spaventoso Uomo Pallido, scappando da esso solo nel momento in cui rappresenterà un pericolo concreto e immediato.
Gli orrori del Fantastico sono molto più belli e misteriosi di una congrega di uomini che uccidono altri uomini. Non ci sono mostri, non c’è magia e non c’è spettacolo nell’omicidio: un attimo prima vivi, e il momento dopo muori. Tutto qui. Nient’altro che uno spreco, orrendo e per nulla divertente agli occhi di un bambino.
Il ritorno alla realtà è traumatico. La morte della madre durante il parto, l’inizio dei massacri da parte del capitano Vidal e l’improvvisa urgenza di proteggere il fratello neonato: queste sono le tre gocce che fanno traboccare il vaso, i pilastri che spingono la protagonista a fuggire per sempre dall’inferno della guerra insieme a suo fratello. L’emblematica “ultima prova” è il miglior pretesto per dimostrare la risolutezza di Ofelia. La bambina affronta per la prima volta a testa alta gli orrori del mondo reale, e decide di sacrificare se stessa per salvare suo fratello invece di condannare entrambi ad una vita miserabile. Ofelia potrà vivere per sempre nel mondo fantastico che aveva sempre sognato, mentre suo fratello potrà crescere in un mondo meno doloroso del precedente.
I franchisti sono sconfitti, gli antifranchisti piangono i loro morti, ma i bambini innocenti e senza peccato sono gli unici ad uscire veramente vittoriosi dal conflitto presentato nel capolavoro di Guillermo del Toro.