Il gladiatore II, la recensione: una Roma che non esiste

Il gladiatore II recensione film Ridley Scott

Da Anzio si vede il Colosseo. Anche abbastanza bene. Nella realtà non è così, ma ne Il gladiatore II sì (trailer). E non solo. Ci sono i menù nei ristoranti, gli squali nel Colosseo e un’altra sequela infinita di inesattezze ed errori storici nel nuovo film di Ridley Scott, che ha anche (forse solo) dei difetti.

Napoleon era solo l’ultimo esempio del rapporto particolare di Ridley Scott con il racconto della Storia. A volte l’obiettivo non è ricostruire una storia nella Storia, con precisione e ricerca accurata (come nel sottovalutato The Last Duel). A volte Scott immagina un periodo (la Roma Antica con il primo Gladiatore), un personaggio (Napoleone), una famiglia (i Gucci) e ci fa quello che vuole. Il mondo de Il gladiatore II è frutto di questo lavoro reinterpretativo. È una Roma che non esiste, un po’ come la Preistoria dei Flintstone.

L’operazione di Scott è più che legittima. Infatti, non è il problema di questo film, che non ambisce a una ricostruzione storica precisa e accurata. Il gladiatore II è ambientato in un mondo fantastico e si rifà a un immaginario cinematografico, non storico. Si rifà ai mondi dei film storici, del peplum. E fra i modelli c’è il primo capitolo, ripreso con citazioni e rimandi continui. Come il protagonista Lucio Vero deve raccogliere l’eredità di Massimo Decimo Meridio, il sequel deve riprendere ciò che Il gladiatore aveva lasciato. Perciò, il confronto è immediato. Ed è altrettanto pietoso.

Partiamo dalla storia: Lucio (Paul Mescal), il figlio di Lucilla allontanato da Roma dopo gli eventi del primo film, viene catturato durante una battaglia in Numidia, in cui muore la moglie, e viene riportato a Roma. Qui viene comprato come gladiatore dal manager senza scrupoli Macrino (Denzel Washington), che gli promette vendetta verso il generale Marco Acacio (Pedro Pascal), responsabile della morte della moglie. Acacio, però, non è davvero cattivo (dopotutto è Pedro Pascal): i veri cattivi sono gli imperatori fratelli pazzi Caracalla (Fred Hechinger) e Geta (Joseph Quinn), contro cui Acacio, che si è sposato con Lucilla (Connie Nielsen), sta preparando un colpo di stato.

Ricapitolando. Genere: revenge movie, come il primo film. Arena: Colosseo e Antica Roma, come il primo film. Antagonista: imperatore pazzo (al quadrato), come il primo film. Ne Il gladiatore II è tutto come nel primo film, ma fatto peggio. E’ tutto più forzato, più frettoloso, più confuso. I (presunti) colpi di scena sorprendono come in una telenovela, anche perché si sanno già. Un esempio è il mistero sull’identità del protagonista: per tutto il film, Lucio tiene segreto di essere il figlio di Lucilla. Con i personaggi funziona, ma lo spettatore, che sa da anni che il protagonista sarebbe stato Lucio, non ci casca. E se non ci casca, non si immerge nella storia, non empatizza e resta deluso.

La storia è debole, ma alla fine è un blockbuster. Conta lo spettacolo. Contano le battaglie, le lotte nel Colosseo, l’epicità. Il gladiatore II, però, delude anche su questo fronte (ed è ciò che fa più male). È stata una produzione travagliata, certo, per cui molte cose non sono state facili da gestire, ma a noi arriva il risultato. Ed è mediocre. Scott è sempre Scott, per cui la regia è di livello, ma il montaggio è confuso e impreciso, come se si fosse perso alcune inquadrature. A volte si ha la sensazione che manchino delle scene (come in Napoleon), che rendono altre scene immotivate e casuali. Gli effetti speciali non sono all’altezza, probabilmente perché elaborati senza il tempo necessario.

I possibili discorsi introdotti da Scott passano in secondo piano, coperti da questa enorme e maldestra “tamarrata” (termine tecnico). Il gladiatore II sembra volerci parlare del nostro presente, attraverso il filtro di un mondo fantastico: il problema è che questo filtro non scompare, è predominante. Le scenografie pacchiane, cose come scimmie mutanti e rinoceronti per cena distraggono dalle riflessioni sul mondo dello spettacolo o sul populismo. Ci si potrebbe soffermare sui vari tipi di mascolinità rappresentati, ma le interpretazioni superficiali e i dialoghi banali annullano ogni interpretazione troppo elaborata.

L’azione è esagerata ed esaltata, stile Fast and Furious, alla costante ricerca di un’epicità neanche sfiorata. I personaggi sono sempre sopra le righe: Lucio è troppo macho, gli imperatori sono troppo pazzi, Lucilla è troppo ingenua. Macrino sembra il personaggio più sfaccettato, ma alla fine è comunque uno stereotipo. È tutto più ridicolo che epico: questo tono pomposo e artificioso ci allontana dalla vicenda. Non siamo coinvolti, non ci immergiamo. Da questa distanza, Il gladiatore II ha un aspetto più comico che tragico: il risultato è che più le scene aspirano alla grande epica, più è probabile che scatti la risata. A fine visione, Il gladiatore II sembra più la parodia che il sequel de Il gladiatore.

Dal 14 novembre al cinema.

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