Ventunesimo anno, trentaseiesimo film. La vita televisiva per l’eroe di Andrea Camilleri non si è fermata nemmeno con la scomparsa del suo padre letterario e del suo padre visivo Andrea Sironi. I tre film incompiuti sono stati conclusi dal più degno erede del progetto: Luca Zingaretti. Dopo Salvo amato… Livia mia, quello che la Rai proporrà lunedì 16 marzo, La rete di protezione, sarà l’ultimo film del 2020.
Il terzo prodotto sarà infatti tenuto da parte per la programmazione del 2021, senza contare che il commissario così amato dagli italiani ha ancora due avventure letterarie non adattate: Il cuoco dell’Alcyon e un libro che la casa editrice Sellerio tiene per il momento in cassaforte. Dopo queste ultime avventure il destino di Montalbano sarà il vero mistero italiano e si dovrà decidere se salutare con affetto l’eroe o tentare la strada di nuove avventure scritte per la televisione o, come avvenuto per altri eroi della letteratura, la creazione di una collana di storie editoriali a firme diverse (lo si fece per molti fra cui Sherlock Holmes e James Bond) in grado di fare da base per nuovi film.
La rete di protezione si avvale della collaudata squadra di sceneggiatori che hanno curato i capitoli precedenti: Francesco Bruni (il più amato da Camilleri), Salvatore De Mola e Leonardo Marini. Si tratta anche del penultimo film ad avere avuto la supervisione di Andrea Camilleri. Per Zingaretti questo film è ricco di riferimenti extradiegetici legati all’esperienza televisiva di Montalbano, la scelta di inserire nella storia una troupe cinematografica a Vigàta viene vista dall’interprete e regista come un vero omaggio al mondo dello spettacolo ed alle conseguenze sociologiche e antropologiche che hanno per forza trasformato il paese da sorniona località siciliana a meta turistica di tantissimi fan dei libri e dei film. Zingaretti ci fa riflettere su alcuni elementi del film, in particolare gli stravolgimenti sul territorio ragusano dettati dalle riprese della troupe svedese che alludono chiaramente alle esperienze reali dei cittadini e degli artisti che hanno in questi anni vissuto le riprese dei film di Montalbano.
L’ingegner Sabatello consegna a Montalbano dei vecchi filmini super8 girati dal suo defunto padre che potrebbero essere frutto di una bizzarria o forse di qualcosa di più inquietante. Tutti i filmati mostrano esclusivamente un muro, Montalbano insospettito decide di indagare. Ma nella storia troveremo anche fantomatici terroristi e persino il modernissimo e spaventoso cyberbullismo, non mancherà anche la tradizionale “tragedia” siciliana tanto amata da Camilleri.
L’Italia e prima di tutto la Rai possiede lunghissima tradizione televisiva di commissari o ufficiali indagatori, una moltitudine di detective che susseguendosi per generazioni hanno costruito un tessuto culturale popolare fortissimo. L’indagatore di omicidi in casa Rai è un po’ come Sanremo o il calcio: un contenuto imprescindibile della tradizione televisiva italiana. Insieme a Montalbano si può facilmente pensare ad altre figure che con toga o divisa hanno risolto piccoli e grandi misteri italiani includendo Don Matteo o figure più sgangherate e guascone come Coliandro. Come per la contemporaneità chi scrive questo pezzo si scusa con il lettore se nella piccola sintesi storica dimenticherà un eventuale investigatore preferito dal lettore, ma sono tantissimi e meriterebbero un libro piuttosto che un articolo per essere raccolti e analizzati tutti.
I tre grandi padri delle saghe poliziesche italiane Rai risultano essere il tenente Sheridan, Nero Wolf ed il commissario Maigret. Sheridan nasce in tv nel 1960 per mano di tre italiani: Mario Casacci, Alberto Ciambricco e Giuseppe Aldo Rossi, il volto è quello iconico di Ubaldo Lay. Sheridan è un investigatore della polizia di San Francisco, siamo ancora lontani dall’idea di raccontare di commissari italiani. Tra il 1964 ed il 1972 si sviluppa la serie di successo del commissario francese Maigret, dai libri del maestro George Simenon, interpretato con incredibile magnetismo da Gino Cervi. Ma quello, tanto per restare in tema poliziesco, che mette davvero i brividi è scoprire che l’ipotesto Maigret fu uno dei primi importanti incarichi professionali di Andrea Camilleri.
Fu proprio il futuro padre di Montalbano a scegliere il regista e sceneggiatore Mario Landi per il progetto e fu Landi a scegliere Cervi. Con un po’ di romanticismo viene spontaneo credere che la genesi di Montalbano sia pertanto cominciata proprio sul set di Maigret. Camilleri però non ha mai nascosto il legame tra Montalbano e il commissario Ingravallo creato da Carlo Emilio Gadda per il romanzo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Camilleri non ha mai fatto mistero del fatto che fisicamente Montalbano se lo è sempre immaginato simile a quello di Pietro Germi che diresse l’adattamento di Gadda interpretando Ingravallo nel 1959 per il film Un maledetto imbroglio. Del resto Ingravallo/Germi tenta per tutto il film di avere conversazioni telefoniche con la sua fidanzata: la fantomatica signorina Paola e le poche volte in cui ci riesce deve interrompere per una svolta dell’indagine così come capita spesso fa Montalbano e la fidanzata Livia.
Luca Zingaretti studiò teatro con Camilleri, ma al momento del provino non avvisò il suo vecchio maestro per non fare la figure di chi cerca raccomandazioni, chiamò direttamente l’autore solo dopo aver ottenuto la parte sapendo bene di non somigliare a Germi, ricevendone l’affettuosa benedizione.
Fra i grandi commissari che contribuirono alla leggenda Rai non va lasciato da parte Nero Wolf creato nel 1969 e portato avanti fino al 1971, interpretato da Tino Buazzelli, basato sul personaggio di Rex Stout ma cosa più interessante diretto sempre da una donna: la leggendaria Giuliana Berlinguer, vera colonna portante degli sceneggiati Rai. Negli anni 80′ il commissario italiano più amato fu Cattani interpretato magistralmente in quattro sceneggiati da Michele Placido, contrariamente ai suoi predecessori Cattani è il primo vero eroe poliziesco della tv italiana moderna ed è anche lo specchio dei tempi e della lotta alla mafia, un simbolo fortissimo che lascerà un grande vuoto nel cuore del pubblico italiano, la serie proseguirà con successo fino al decimo sceneggiato e si incrocerà verso la fine del suo arco commerciale con un giovane attore di talento: Luca Zingaretti. Negli anni 90′ prima della venuta di Montalbano (1999) va ricordato il maresciallo Rocca con l’immenso Gigi Proietti che farà strage di ascolti fino al 2005.
Zingaretti sintetizza la formula di La rete di protezione in tre parole: ironia, tragedia e modernità che in fondo sono anche le parole chiave dell’intera serie di Montalabano