Riecheggia al cinema il ruggito del leone, questa volta in versione live action. Ma la storia del capolavoro Il Re Leone firmato Disney festeggia quest’anno il venticinquesimo anniversario dalla sua uscita, avvenuta nel 1994 per la regia di Rogers Allers e Rob Minkoff.
Per chi ancora non l’avesse visto, la storia narra di Simba, il leoncino prossimo erede del trono delle Terre del Branco, che fugge via convinto di aver causato la morte del padre Mufasa. Cresciuto dal suricato Timon e dal facocero Pumbaa, tornerà per riprendersi il potere e salvare il branco convinto dalla sua amica Nala e dal saggio babbuino Rafiki, uccidendo lo zio usurpatore Scar, reale omicida del padre.
Vincitore di due premi Oscar per la miglior colonna sonora a Hans Zimmer e per la miglior canzone, Can you feel the love tonight, a Elton John e Tim Rice, e di 3 Golden Globe, detiene ancora oggi il nono posto nella classifica dei film d’animazione di maggiore incasso della storia del cinema ed è il terzo classico Disney di maggiore incasso. Di fronte a risultati di questo genere e il risonante sentimento di attesa estivo verso il nuovo remake, non si può evitare di chiedersi cosa abbia reso Il Re Leone un cult condiviso tra bambini e adulti. Anche perché il clima iniziale della produzione era tutt’altro che positiva: l’assetto sperimentale del film provocò la sfiducia di molti animatori Disney che preferirono lavorare per Pocahontas, in produzione nello stesso periodo. Probabilmente fu però questo che giovò la buona riuscita del lungometraggio, in quanto il team si compose di persone realmente interessate a far andar bene le cose.
Lo stesso Rob Minkoff in un’intervista per Collider (29 agosto 2017), aveva dichiarato la notevole concessione di libertà lasciatagli dalla Disney. <<Una delle cose che Jon Favreau (regista del film del 2019) ha detto, che ho trovato interessante, è stata “se avessimo fatto questo film per la prima volta oggi, lo studio non ci avrebbe mai lasciato uccidere Mufasa nel modo in cui abbiamo fatto” perché non è nella prima bobina>> dice Minkoff nell’intervista, continuando <<Uccidere un personaggio importante come lo è Mufasa a metà film […] non è usuale. Non è quello che in genere si fa. Non c’è bisogno di farlo. Quindi noi lo abbiamo fatto non perché dovevamo, ma per il fatto che non c’era la base di qualcosa, e il Re Leone era una storia originale, e nessuno sapeva quali erano le regole>>. Basti pensare, infatti, che in tutti i film Disney, da Bambi a La ricerca di Nemo o altri, la morte del genitore avviene sempre nella prima bobina del film.
Il carattere originale de Il Re Leone rispetto agli altri figli di casa Disney fu senza dubbio importante quanto i temi che affronta. Uno già accennato è il rapporto padre-figlio che, anche se prende un aspetto drammatico quasi riesumando la tragedia shakespeariana dell’Amleto, colpisce lo spettatore nel suo lato più intimo. A questo si aggiunge quello del ciclo della vita, perfettamente riassunto nella famosa canzone del film Circle of life composta da Elton John e Tim Rice, che connette ogni essere vivente permettendogli nascita, crescita e invecchiamento. È quello che Mufasa spiega a suo figlio proprio nel film con << Simba, tutto ciò che vedi coesiste secondo un delicato equilibrio. Come re devi capire questo equilibrio e rispettare tutte le creature, dalla piccola formica alla saltellante antilope>>. Un tema che è moderno più di quanto si possa pensare se lo si lega all’attuale problema del riscaldamento globale. Infine, il tema dell’oscillazione tra il dolore che ognuno di noi deve affrontare nella sua vita e quello della spensieratezza, ha preso spazio nell’immaginario collettivo con la locuzione “Hakuna Matata” (‘senza pensieri’), a cui il film dedica una parentesi musicale divertente grazie ai personaggi di Timon e Pumbaa, ma che non era presente nella sceneggiatura originale.
Così come la colonna sonora e i temi, le immagini animate stupiscono lo spettatore per la straordinaria naturalezza e semplicità, frutto dello studio attento da parte degli animatori su leoni veri portati in studio che li hanno aiutati a dare un tocco autentico, così come era accaduto per Bambi. Anche l’animazione al computer venne utilizzata con lo stesso scopo di resa naturale, soprattutto nella sequenza della fuga degli gnu, che prendono tutti percorsi casuali. Per non parlare degli splendidi paesaggi ispirati a quelli del Kenya visitati dal team, che hanno reso maestose scene come quella iniziale in cui il piccolo Simba viene presentato sulla Rupe dei Re e ricche di colori sequenze come quella musicale intercorsa durante la canzone Voglio diventar presto un re.
L’importante campagna di marketing del film rese a casa Disney 1 miliardo di guadagni derivati dalla vendita di giocattoli, prodotti e videogiochi solamente nel 1994, aumentando l’interesse pubblico per la pellicola.
Nel 2011 una versione convertita in 3D uscita nelle sale per due settimane, ha confermato il successo avvenuto quasi venti anni prima.
Cosa aspettarsi ora dal remake diretto da Jon Favreau, già regista del live action de Il libro della giungla? Noi ne abbiamo già parlato qui, ma dopo aver analizzato gli aspetti i quali hanno reso questo film un cult, non resta che recarci nelle sale dal 21 agosto per gustarci l’evoluzione della tecnica fotorealistica in un film amato come Il Re Leone.