Un libro non si giudica mai dalla sua copertina. Lo stesso vale per i film ed il loro titolo. Ciò non vuol dire che l’apparenza vada negata in toto, ma che sotto di essa si nasconde sempre qualcos’altro di più complesso. Fin troppe letture del film si sono limitate a seguire l’indicazione data dal titolo, ovvero un ragionamento sull’identità e sulla sua dissoluzione. C’è qualcos’altro, però, sotto questa apparente letteralità, sotto quegli elementi che vengono presentati come apparentemente bidimensionali?
Partiamo dalla trama de I fratelli Sisters (qui il trailer ufficiale), perfettamente inscrivibile nel genere western. Due fratelli assassini devono rintracciare, per conto del commodoro dell’Oregon, un chimico ed estorcergli con la forza una formula chimica in grado di fa brillare l’oro e facilitandone la ricerca. La ricerca però si complica, visto che il ricognitore incaricato di guidarli dal chimico li tradisce e scappa insieme al chimico. Una trama classica, che si dipana in maniera lineare. Tanto che sembra che i fratelli Sisters attraversino un corridoio, tra l’altro familiare: gli ostacoli che incontrano non sono delle vere prove e raggiungono facilmente i fuggiaschi, nonostante la sterminata dimensione del territorio statunitense. Ma quello che potrebbe essere un demerito, il film lo trasforma in un pregio: lungi dal generare noia, il fatto di avere uno svolgimento senza veri colpi di scena crea divertimento. Come? Applicando il meccanismo della suspence in chiave comica: lo spettatore sa quello che i personaggi non sanno, facendo del film a tratti una commedia degli equivoci.
Ciò porta a considerare il tono del film, che lo distanzia fortemente dall’atmosfera mitica del western classico. Lo avvicina, anzi, al postmoderno, dal quale prende la commistione di generi. Perché nel dispiegare la trama, il tono vira dalla commedia leggera al dramma intimo. Pian piano il film nega il suo essere western, fino a far passare in secondo piano la loro missione in confronto al rapporto tra i personaggi. Questo processo giunge al suo apice in una visione inaspettata per il genere: il mare. Si ha, in questa immagine, la negazione di due motori del genere: quello visivo del deserto, paesaggio principe del Western, e quello concettuale del mito della Frontiera.
Berrai come un pesce e starai male come un cane… dice Eli Sisters. Ti dimentichi che scoperò come un coniglio, risponde Charlie Sisters, esplicitando un altro dei temi che percorrono il film: il rapporto tra uomo e natura e tra società e natura. Successivamente alla visione del mare, ci viene mostrata la San Francisco del tempo, negazione in quanto modernità del mondo naturale e crudele tipico del Western. Nella città si ha l’unico screzio tra i due fratelli, che rischia di separarli, mentre proseguendo la rincorsa ai fuggiaschi, rientrano nella natura. Rintracciatili, si uniscono nel tentativo di fondare un nuovo tipo di società che recuperi il rapporto con la natura, fallendo. Un esito pessimista? No, perché racchiude un messaggio estremamente positivo. Il fallimento del loro progetto non è dovuto dal fatto che esso sia un’utopia: al contrario, ciò che lo rende tale è il fatto di avere fretta, di volerlo realizzare tutto e subito. Così si possono prendere solo scelte stupide che portano ad un’inevitabile autodistruzione.
Così, l’ambiguità e il dilemma sull’identità, affrontato in maniera letterale nel film a partire dal suo titolo (The Sisters Brothers in originale, letteralmente I fratelli Sorelle), diventa solo la punta dell’iceberg. Ci troviamo, quindi, davanti ad un monito, una parabola che col suo esito negativo afferma il suo contrario positivo: nel momento in cui un qualcosa annuncia, anzi urla, la propria letteralità non vuol dire che non ci sia qualcosa di più complesso sotto. Anzi, è il momento esatto in cui quel qualcosa si maschera di più. La letteralità annuncia la sua negazione. Il vestito tanto più è appariscente, quanto più non fa il monaco.