Una pietra infranta contro la vetrina di una gioielleria, così Hans (Franz Rogowski), il protagonista di Great Freedom (trailer), compie il gesto più sovversivo della sua esistenza per andare incontro alla più giusta delle sue condanne. Il film del regista austriaco Sebastian Meise, presentato al Festival di Cannes del 2021 nella sezione Un Certain Regard, dimostra sin dalle prime clip rilasciate da MUBI sui suoi profili social di avere un potenziale drammatico non indifferente, merito di un sempre più rilevante Franz Rogowski (impegnato nello stesso anno in Freaks Out di Gabriele Mainetti) e della questione cruciale di cui il film si fa portavoce.
Siamo in Germania sul finire della seconda guerra mondiale, il paragrafo 175 del Codice penale tedesco afferma che i rapporti sessuali tra persone di sesso maschile sono puniti con la reclusione e Hans ci fa i conti per ben tre volte, la prima con esiti catastrofici, il campo di concentramento e il carcere subito dopo, le altre due quasi con disinvoltura. Hans infatti non solo ama gli uomini ma li ama sfacciatamente, nei bagni e nei parchi pubblici, nel cortile della prigione e nell’intimità di una cella divisa con un compagno scontroso.
Il film si costruisce su tre linee temporali che coincidono con i tre periodi di tempo passati dal protagonista in prigione. A ogni suo ingresso Hans si presenta con stili e comportamenti nuovi, a dimostrazione del fatto che in prigione trascorre non solo gli anni in cui storicamente il mondo, l’Europa ma soprattutto la Germania vivono il periodo di maggiore mutamento, ma anche gli anni della vita in cui è l’uomo stesso ad essere per sua natura in continua trasformazione. Principale testimone del cambiamento di Hans è Viktor (Georg Friedrich), suo compagno di cella che da un iniziale atteggiamento di ostilità e scetticismo nei confronti del “175” e del suo ostentato romanticismo, sviluppa per lui un sentimento fortissimo di tenerezza e un vero e proprio desiderio.
Franz Rogowski è disarmante. A partire dalle frequenti inquadrature in cui vediamo il suo corpo completamente nudo fino al caratteristico fischio nella voce (dovuto al labbro leporino) che lo rende ancora più vulnerabile, l’attore sa esprimere tutto il candore e l’ingenuità di un personaggio estremamente umano. Lo sguardo ha un’importanza cruciale nel film: Hans in fondo è un uomo di poche parole, ama con gli occhi e anela un riconoscimento negli occhi degli altri. Non è un caso che nei ripetuti periodi di isolamento dovuti alla sua impulsività Hans venga sempre privato di ogni fonte di luce, come se togliergli la possibilità di vedere sia la forma di deumanizzazione più drastica per uno come lui.
Forse è proprio questa sua sensibilità a portare Hans al gesto esasperato della scena finale. Finalmente uscito dal carcere e risoluto a non tornarci mai più, sembra invece che la libertà non corrisponda per lui a uno spazio in cui realizzare se stesso ed essere felice: gli sguardi degli uomini nel gay club sono più freddi e distaccati di quelli feroci e passionali del carcere; tutti sembrano dare sfogo a un esibizionismo sfrenato (come nelle stanze sotterranee del gay club adibite a luoghi voyeuristici), che se allo spettatore può risultare una conseguenza abbastanza ovvia della progressiva disinibizione della popolazione omosessuale seguita all’abolizione del paragrafo 175, su Hans ha invece un effetto di estraneità e alienazione che lo porta a scegliere nuovamente il carcere.
In Great Freedom si configura dunque la contrapposizione paradossale tra l’intimità e la genuinità di un amore nato in una cella e da essa custodito e l’ostentazione del sesso offerta dalla società come strumento di manipolazione ed esibizionismo e svuotata di qualsiasi valore affettivo (emblematica la reazione di indifferenza dei giudici alla carrellata di registrazioni dei rapporti sessuali di Hans in un bagno pubblico mostrate in tribunale come prova per incriminarlo). Gli amori di Hans passano dunque in secondo piano davanti all’emergere di istanze che oltrepassano persino il discorso sui campi di concentramento e la repressione della popolazione omosessuale per dedicarsi alla più semplice condizione dell’uomo in mezzo agli altri uomini.
Great Freedom è disponibile su MUBI dal 27 gennaio.