Com’è ben noto, Amazon Prime Video si presta un po’ ad essere portatore di un catalogo estremamente vasto, che include pellicole che variano dalla più commerciale sino alle meno note e alle chicche apprezzate dai più accaniti cinefili. Tra queste ultime troviamo una serie di horror interessanti riconducibili al periodo hollywoodiano degli anni ’50 e ’60. Impossibile, dunque, non far riferimento a Roger Corman con il suo ciclo horror ispirato alle opere del fantasmatico Edgar Allan Poe, segnato dall’ammirevole performance istrionica di Vincent Price. In particolare, in questa sede, dopo una breve contestualizzazione, si prenderà in esame Il Pozzo e il pendolo (1961, trailer).
A seguito dell’evidente diffusione della televisione e della sentenza Paramount del 1948, la maggior parte di film prodotti proveniva, ormai, da case di produzione indipendenti. Inoltre, spesso i produttori più deboli si stavano specializzando nei film di exploitation, facilmente sfruttabili dal punto di vista commerciale. Tra queste, caratterizzate da una qualità più elevata, erano i film prodotti dalla AIP. Inevitabilmente, quelli di maggior successo erano gli horror ispirati alle opere di Poe (diretti e prodotti da Corman), primo dei quali ad essere prodotto fu I vivi e i morti (1960). Prerogativa della casa di produzione era quella di girare i lungometraggi in un numero concentrato di giorni. Il colore e l’illuminazione, gli effetti speciali a basso costo e la presenza di Vincent Price caratterizzano tali horror. Quest’ultimo, fu inevitabilmente eletto a idolo dei giovani.
Ma si può affermare che l’ammirazione per Vincent Price sussiste tutt’oggi in diverse personalità come quella del genio di Tim Burton. Più volte Burton ha sostenuto di identificarsi nell’attore stesso, creando un vero e proprio mito. I racconti di Edgar Allan Poe, i film sui mostri e Vincent Price hanno nutrito la mente di Burton sin dall’infanzia, fino ad arrivare all’ideazione e alla produzione del cortometraggio Disney Vincent (1982), a cui l’attore ha prestato la sua voce in veste di narratore. Da quel momento in poi, si inaugurerà un rapporto duraturo che passerà per l’apparizione di Price nei panni dell’inventore in Edward Mani di Forbice (1990) e per la produzione di un documentario diretto dallo stesso Burton: Conversations with Vincent (1994).
Il Pozzo e il pendolo è ispirato all’omonimo racconto dello scrittore sopracitato. La sceneggiatura viene affidata a Richard Matheson, che non si atterrà letteralmente all’opera. I racconti di Poe non sono rigidamente impostati, dunque è necessaria una riscrittura e questo processo, a primo impatto, è evidente. Quello che si viene a creare è un vero e proprio antefatto che, in qualche modo, rende note le motivazioni sia narrative che puramente psicologiche, le quali portano al finale mozzafiato. La riscrittura dovrà tenere conto di altri racconti dello scrittore, insieme ad un’analisi delle stesse sensazioni e delle stesse paure che questo cerca di trasmettere (come quella di essere sepolto vivo) e che si celano dietro le narrazioni. La sceneggiatura si presenta come densa, completa e ben sviluppata, curata sin nei minimi dettagli e creata su misura per Price.
Il film, naturalmente, non può non avere luogo in un castello gotico e infestato da spiriti. Esso gode della presenza di una stanza della tortura, nella quale, soltanto nel finale, si svolgerà quello che è il vero e proprio racconto dai cui è tratto il film (ed è anche l’unico ambiente presente nel testo letterario). Il castello diventa un metafora dei tormenti interiori e dei traumi del protagonista, Don Medina, il quale teme di aver sepolto viva la moglie Elizabeth (Barbara Steele). La scenografia, dunque, risulta avere un ruolo determinante. Così come la scelta di filmare in Panavision e l’utilizzo del colore non passano inosservati, recando un effetto di spettacolarizzazione. Essi, infatti, contribuiscono a coinvolgere lo spettatore pienamente dal punto di vista emotivo all’interno della storia. La fotografia, più che gradevole, è opera di Floyd Crosby, vincitore del Golden Globe per la migliore fotografia nel 1953 per Mezzogiorno di fuoco (1952).
Grazie a queste precise scelte registiche e produttive, il film, pur essendo datato, riesce ad esprimere un alto grado di tensione, tenendo chi guarda con il fiato sospeso. Si può quasi immaginare lo spettatore americano negli anni ’60, in una qualsiasi sala cinematografica, a gustare i suoi pop-corn incollato allo schermo e poi un amico che per scherzo lo spaventa e lo fa sobbalzare. Eppure quello spettatore potrebbe esistere ancora nel 2021, certo, con un metodo di fruizione diverso e, quindi, con una resa spettacolare ed emotiva enormemente ridotta. Il film, però, è ancora in grado di suscitare interesse e curiosità e ciò è significativo. Un cinefilo, e proprio lui, poiché forse Il pozzo e il pendolo non potrebbe attirare un pubblico non appassionato, viene incantato dalla visione del film. Questo accade magari e soprattutto per un sentimento romantico, in tutti i sensi, per la necessità di rifugiarsi forse in un mondo lontano che, da una parte potrebbero essere gli anni ’50, dall’altra epoche remote e gotiche.
In sintesi, la visione del film può essere considerata come una vera e propria esperienza formativa ed emotiva, di cui non bisognerebbe privarsi, a maggior ragione se esistono piattaforme che promuovono ed esortano lo spettatore a cliccare il tasto play. Che dire, provare per credere.