Katsushika Hokusai fu un magistrale pittore e incisore giapponese, la sua popolarità si deve principalmente per le sue opere in stile ukiyo-e. In vita fu artista eccentrico, meticoloso, iracondo e ribelle e la sua fama si deve principalmente alle stampe che prima girarono per tutto il Giappone e poi raggiunsero l’occidente turbando ed isprando Vincent Van Gogh ed Édouard Manet.
Il regista Hajime Hashimoto vanta una carriera brillante nel campo delle serie televisive avendo firmato alcuni grandi successi nazionali come Doctor Car ed una buona parte delle 362 puntate della serie poliziesca culto Aibô. Hashimoto è anche noto per avere affrontato molti generi cinematografici diversi fra loro nella sua carriera da regista spaziando dal fantastico alla crime story, sfiorando anche il sottogenere erotico del pink heiga e raggiungendo una certa popolarità all’estero per il suo Sakura Hime – Princess Sakura che ha ottenuto un certo consenso nel mondo otaku occidentale anche grazie alla presenza della magnetica Kyoko Hinami della serie culto Forrest of love. Risulta quindi un pò atipico vedere un regista di genere impegnarsi in un film che affronta una figura in apparenza più vicina al cinema d’autore o al cinema blasonato da Oscar, ben lontani quindi dal talento da B-movie tipico di Hashimoto. Il film è una produzione piuttosto imponente che si avvale di capi reparto di alto livello ed un cast molto intrigante per il mercato giapponese.
Nella parte dell’illuminato editore tipografico che lanciò le opere di Hokusai troviamo infatti il divo Hiroshi Abe,, apprezzato in occidente per Ritratto di famiglia con tempesta e i due film live action di Thermae Romae, ed in quello dell’artista erotico che più ispirò Hokusai il capace Hiroshi Tamaki a cui spetta il ruolo del carismatico Utamaro Kitagawa che fu fortunato protagonista di due cult movie giapponesi del passato come Utamaro e le sue cinque mogli (1946) del maestro Mizoguchi Kenji e Il mondo di Utamaro (1977) blockbuster internazionale degli anni 70′ diretto da Akio Jissôji.
Il ruolo del ribelle Hokusai è invece assegnato a due attori diversi: per il giovane ed impulsivo Hokusai il regista ha optato per Yûya Yagira, scoperto in occidente grazie al meraviglioso Nessuno lo sa del grande regista contemporaneo Hirokazu Kore’eda. Per il maturo Hokusai è invece stato scelto da Hashimoto il grande attore giapponese Tanaka Min, attivo dal 1966 come danzatore sperimentale e noto in occidente per le sue apparizione in Testuo II – Body Hammer, Il crepuscolo del samurai e 47 Ronin.
La recitazione di Yagira mostra un Hokusai tormentato, insicuro, ambizioso ed in eterno conflitto interiore alla ricerca di una sua identità di artista ed in lotta con le convenzioni e gli obblighi della società in cui vive. Tanaka offre invece un Hokusai maturo, poliedrico, carismatico e combattivo, che recita con il corpo come con la voce costruendo il suo personaggio attraverso le tensioni muscolari e le azioni improvvise o rallentate, mostrandoci un pittore in conflitto con la materia così come con la morale del suo tempo.
Il film ricostruisce piuttosto bene alcuni momenti salienti della vita dell’artista e li contestualizza con molta attenzione nel complesso spaccato storico e sociale dell’epoca, aiutando lo spettatore a carpire l’essenza di un Giappone lontano e suggestivo ma difficilmente decodificabile perfino per uno spettaore del sol levante di oggi. Sebbene il film abbia una natura da mainstream ed un taglio comprensibile e gradevole al pubblico occidentale, alcune scelte registiche di Hashimoto, primi fra tutti i movimenti di camera che in alcuni casi sono davvero acrobatici, potrebbero tuttavi risultare un pò eccessivi e difficili da contestualizzare con l’artista narrato e l’ambiente in cui si svolge la storia.
Il film è stato presentato alla 19esima edizione dell’Asian Film Festival di Roma.