Realizzare film horror in Italia è possibile. O almeno questa è la speranza di un “Maestro del brivido” come Pupi Avati. Tuttavia, i diffusi scetticismi produttivi e spettatoriali italiani nei confronti dell’horror made in Italy rendono sempre più difficile l’avverarsi dell’auspicata rinascita del genere. È proprio a causa di questa condizione, a metà strada tra entusiasmo e rinuncia, che le opere recenti di alcuni giovani registi possono inquadrarsi come spinte propositive volte a rilanciare questo genere “maledetto”. Ricordiamo pertanto The Nest – Il nido (2019) di Roberto De Feo, A Classic Horror Story (2021) di De Feo e Paolo Strippoli, e Piove (2022) di Strippoli. A tale contesto si aggiunge ora Hai mai avuto paura? (trailer) di Ambra Principato che, come i suoi predecessori, pone i protagonisti di fronte ai dilemmi più bui.
Se ad esempio A Classic Horror Story volgeva ad indagare la difficile scelta di Elisa in merito a continuare o meno la gravidanza indesiderata, cosa racconta invece Hai mai avuto paura?‘? Un piccolo borgo dell’Italia del 1813 è sconvolto da una serie di misteriose uccisioni ad opera di un mostro non meglio identificato. Intanto, nella casa di una nobile famiglia del posto, si avvertono strani rumori e presenze che condurranno il giovanissimo Orazio (Lorenzo Ferrante) ad indagare sui misteri che tormentano il fratello ed i genitori.
Liberamente tratto dal romanzo Io venìa pien d’angoscia a rimirarti (1990) di Michele Mari, l’esordio alla regia di Ambra Principato trasforma il verso leopardiano di Alla luna (che dà il titolo all’opera letteraria di Mari) in una storia di perdizione, morte e recupero della memoria degli antenati. La luna è onnipresente ed è contemplata malinconicamente nei suoi scritti da Giacomo (Justin Korovkin), il fratello maggiore di Orazio. L’Io venìa pien d’angoscia a riminarti di questo alter-ego cinematografico di Leopardi è, da un lato, la dichiarazione d’amore per un inafferrabile ideale infinito e, dall’altro, la tragica manifestazione del suo tacito dolore. Giacomo è comunque condannato. Lo slancio poetico non bilancia affatto l’odio lancinante per la tossicità del nido familiare.
La casa è infatti più una prigione ed è, oltretutto, il focolaio dell’aspra diatriba tra la scienza illuminista – il padre (David Coco) che trascura emotivamente i figli – e l’ortodossia religiosa – la madre (Marta Paola Richeldi) che si autoflagella, scaricando però la colpa sui figli. Di fronte all’imperare di questa cecità genitoriale, i bambini ed adolescenti del film rimangono anime sole ed erranti nel deserto dell’abitazione. Significativa, in tal senso, è la scena che vede il piccolo Orazio curiosare in una sala inaccessibile alla prole. La tensione cresce fino alla rivelazione di qualcosa di malsano, spaventoso e profondo, che lascia senza respiro e che apre ad un secondo atto di narrazione in cui tutto diventa chiaro… qui, rimaniamo soli assieme al buio dei protagonisti, mentre assistiamo alla morte di chi più amiamo.
È proprio da questo secondo atto che comprenderemo il tema del film ed il dilemma posto dinanzi ai giovanissimi protagonisti. Su Orazio, Giacomo e sulla sorellina Pilla (Elisa Pierdominici) pesano le colpe e le maledizioni tramandate da quei genitori che hanno scelto di ignorare la verità dei sentimenti. Tocca ora ai figli sciogliere il dilemma della casata e decidere se seguire o meno i ciechi dettami familiari. Una battuta di Giacomo è esemplificativa: «Orazio, tocca a te scegliere se è meglio fuggire l’oscurità o accoglierla». Hai mai avuto paura? dichiara pertanto la sua distanza tanto dalla ragione quanto dalla fede. Perché a contare è la piena accettazione di quell’ombra mostruosa che da sempre alberga dentro di noi, ma a cui non sappiamo conferire un volto. Hai mai avuto paura? assume così una precisa connotazione morale. Occorre abbracciare ciò che più temiamo, persino le nostre maledizioni.
Al cinema dal 27 Luglio.
Sarebbe una recensione cinematografica, questa? Sembrerebbe invece una tesina letteraria. Niente sulla fotografia, la regia, la recitazione, la scenografia, la colonna sonora, niente di niente. Se fosse un racconto o una novella, andrebbe pure bene. Ma un film? E poi ho dei miei dubbi se il recensore l’abbia veramente visto. Ha sbagliato anche i crediti (usciti in quest’ordine:
Korovkin
Ferrante, Pierdominici,
Coco, Richeldi, Frezza.
E di quest’ultimo (ma non ultimo) neanche un fiato, ed era invece un ruolo importante d’un antieroe cruciale per la trama.