Il 5 dicembre del 1997 usciva nelle sale Good Will Hunting, (trailer) un film diretto da Gus Van Sant e scritto da Matt Damon e il suo amico d’infanzia Ben Affleck (i quali parteciperanno anche al cast, in veste di attori principali).
Per molto tempo è stato considerato un film autobiografico, tuttavia è totalmente frutto dell’immaginazione di Matt Damon che in ogni caso non ha mancato di inserire alcuni elementi della sua storia personale, compresa la figura di Skylar, immagine e somiglianza dell’allora fidanzata di Matt. Il film è stato nominato per ben 9 categorie dall’Academy, portando a casa due Oscar nel 1998 come “miglior sceneggiatura originale” e “miglior attore non protagonista” al compianto Robin Williams, oltre ad aver ricevuto molte altre nominations e riconoscimenti.
L’idea nacque ad un giovanissimo Matt, studente di Harvard, che ad un corso di drammaturgia scrisse una scena di dialogo fra un ragazzo e il suo psicologo. Successivamente, con l’aiuto dell’amico Ben Affleck, quell’unico atto divenne un film.
Per quanto gli sceneggiatori spinsero affinché fosse ambientato tutto a Boston, alcune delle scene (soprattutto in interno) furono girate all’università di Toronto, poiché il MIT non concesse i permessi per poter girare sul proprio suolo. Molte altre scene sono state comunque girate nella città desiderata, compresa la famosissima sequenza della panchina al parco, ora divenuta luogo di pellegrinaggio di fan, soprattutto di Robin Williams, a cui è stata edificata una statua in onore sul luogo.
Inizialmente la sceneggiatura era stata pensata per essere un thriller, ma il produttore iniziale, Rob Reiner della Castle Rock Entertainment suggerì di asciugare la storia e limitarla al rapporto che il ragazzo avrebbe avuto con il suo psicologo. Uno degli aspetti particolari è la forte collaborazione ed i grandi contributi che diedero gli attori, improvvisando molte delle scene cult fra cui alcuni dei dialoghi più esilaranti – ricordiamo quello in cui Sean parla dei difetti dell’ormai defunta moglie. In questa scena si può addirittura notare un piccolo movimento di macchina in quanto l’operatore non seppe trattenersi dal ridere.
Un fatto molto divertente fu che gli sceneggiatori, per mettere alla prova le varie produzioni su un’effettiva lettura dell’intera sceneggiatura, inserirono delle parti strambe e che non avrebbero mai voluto nel prodotto finale. Harwey Weinstein, che aveva effettivamente letto fino all’ultima parola, decise di produrlo a patto che fossero eliminate queste parti in eccesso, come la scena di sesso fra il ragazzo ed il suo terapeuta.
Will è un ragazzo di strada, cresciuto da solo, sballottato da una famiglia adottiva all’altra, da cui ha ricevuto sempre e soltanto vessazioni e violenza. Lavora come bidello al MIT di Boston, ha un’indole burbera ed aggressiva e una certa calamita per i guai. Tuttavia nasconde una spiccata genialità e intelligenza fuori dal comune. Infatti Will con in mano stracci e spazzoloni, di nascosto e sottobanco si cimenta in impossibili teoremi matematici destinati agli studenti, problemi che farebbero andar fuori di testa perfino il “figlio di papà” più bravo del college.
Così Will, reduce da una condanna per rissa e aggressione, verrà notato dal professor Lambeau che deciderà di prenderselo a cuore, e aiutato ad uscirne nonostante le iniziali resistenze. Attraverserà un percorso difficile fatto di sedute di psicoterapia con Sean (di cui ricorderemo certo le scene più iconiche con il mitico e compianto Robin Williams); infine con l’arrivo di una donna che finalmente gli farà perdere la testa, Wll comprenderà cosa davvero fare della propria vita.
Fra le pieghe di un film divenuto ormai cult, divertente ed emozionante allo stesso tempo, si cela una bellissima storia di crescita e abbandono del passato, di indipendenza emotiva e mentale, di consapevolezza e accettazione di sé. Per aprirsi al mondo e scoprire davvero se stesso, Will dovrà incontrare sulla propria strada persone di cui pian piano imparerà a fidarsi, che condividono con lui i medesimi sentimenti di solitudine e abbandono e con cui potrà esserci uno scambio reciproco di comprensione e affetto. Will ben presto inizierà a fidarsi di Sean e di Skylar, capirà che può provare e ricevere amore, e con l’aiuto del fratello-amico Chuckie (Ben Affleck) scoprirà finalmente la strada che vuole intraprendere e la persona che vuole diventare.
Fin da subito notiamo nel protagonista un forte senso di inadeguatezza: Will infatti molto spesso preferisce i propri libri e i problemi matematici piuttosto che restare con gli amici al bar. Il rapporto fra Will e Sean sarà essenziale in tal senso: il loro si rivelerà inoltre un rapporto reciproco, entrambi avranno bisogno l’uno dell’altro per la propria crescita e il proprio sblocco interiore. Non è soltanto Will, infatti, a dover andare avanti rispetto al suo passato, ma soprattutto Sean che, dopo la morte della moglie, è sprofondato in una pericolosa depressione – messa in mostra da una bellissima scena, seppur non una delle più importanti, che vede il dottore sofferente in una casa sporca, disordinata e lasciata a se stessa – che gli impedisce di rifarsi una vita e guardare al futuro. Sarà proprio Will e quello che si instaurerà fra queste due anime simili e sole, con lo stesso vissuto di abusi domestici e violenze, ad aiutare Sean a guardare avanti.
La storia d’amore fra Will e Skylar, infine, ha bisogno di una menzione speciale: sarà proprio questa a spronare la vera e propria trasformazione e guidare al cambiamento il protagonista. La ragazza, fin da subito affine, nonostante le insicurezze, non ha paura di aprirsi e innamorarsi e questo coinvolgerà Will a fare lo stesso.
Non è un caso il successo che ha avuto e continua ad avere questa storia: chi nella vita non si è mai sentito insicuro delle proprie scelte, inadeguato o messo di fronte alle – se non identiche – simili scelte? In fin dei conti, tutti siamo stati Will almeno per una volta, nel nostro personale percorso di crescita e consapevolezza, ed è per questo che Good Will Hunting continuerà sempre a farci emozionare.