In The hatefull eight c’è un concetto che permea l’intero film, quello di giustizia. Cosa sia giusto o sbagliato. Cosa sia soddisfacente o meno. Cosa sia moralmente corretto. Una serie di riflessioni riassumibili nell’emblematica frase di Oswaldo Mobray (Tim Roth): «la giustizia è tale solo se priva di passione». Per quanto nessuno possa accettare lezioni giuridiche da un personaggio scritto per essere un assassino, la frase risulta efficace ed interessante, adattabile all’odierno contesto sociale americano, lo stesso di cui parla Giurato numero 2 (trailer), l’ultimo e atteso film di Clint Eastwood con protagonista Nicolas Hoult.
Giurato numero 2 è una chiara, seppur non dichiarata, rivisitazione di 12 Angry Men , l’opera del cineasta Sydney Lumet che, nel lontano 1957, raccontò le vicissitudini di un gruppo di giurati il cui compito era decidere della sorte di un ragazzo, la cui colpevolezza sembrava più che ovvia. Undici di questi dodici uomini sono convinti del reato commesso, ma, con il passare delle ore, cambieranno il loro giudizio influenzati dall’uomo più assennato, l’unico consapevole del valore di una vita umana.
Ispiratosi a questa storia, Johnathan Abrams l’ha arricchita con un elemento fondamentale che la attualizzi: la colpevolezza del suddetto giurato. Se nel ’57 la narrazione di 12 Angry Men era complessa ma lineare, questa ulteriore stratificazione del nuovo millennio è una metafora dello stesso concetto di giustizia, che sembra complicarsi sempre di più con il passare del tempo. Il protagonista di Giurato numero 2 è Justin, un giovane ragazzo in attesa di diventare padre che, nel frattempo, fa parte della giuria di un caso di omicidio dall’esito più che scontato: è stato rinvenuto il cadavere di una ragazza, presumibilmente uccisa dal fidanzato violento e criminale. Una storia triste dall’esito ovvio che, in realtà, cela un grande segreto. Con l’analisi delle prove, Justin diventerà consapevole di essere lui il colpevole dell’omicidio, avendo involontariamente investito la ragazza con la sua auto in una notte buia e piovosa.
Clint Eastwood, con una regia chiara e pulita (forse troppo), mostra una completa decostruzione del sistema giuridico americano, analizzandone le logiche fallaci, anche nel più insospettabile degli ambiti. Il cineasta narra di un processo dai risvolti apparentemente prevedibili, come molti altri, un processo fatto di interessi politici, autopsie falsate, sensazionalismo mediatico e spasmodica ricerca di colpevolezza, il tutto arricchito da un elemento narrativo unico (la colpa di uno dei giurati) che non snatura il contenuto della storia. In tal senso, la storia di Giurato numero 2 è in perfetta linea con i migliori lavori del cineasta statunitense, che porta in scena una vicenda a tratti inquietante, sulla costruzione del processo perfetto che trascende ogni forma di morale e giustizia.
Il personaggio protagonista è l’emblema di questa metafora. Un padre di famiglia affettuoso, premuroso, che fugge dal suo passato da alcolista cercando di migliorare in ogni modo, ma dopo aver scoperto la sua colpevolezza, rifiuterà l’idea di rispettare quelle leggi che aveva giurato di garantire. Le pene troppo severe, in una nazione dal sistema carcerario punitivo e non rieducativo, sono soltanto uno degli elementi che allontanano Justin dai suoi valori, sospeso in un limbo tra ciò che è giusto per sé e ciò che lo è per la sua coscienza. Il protagonista, in perenne contraddizione, ricerca la giustizia laddove è impossibile raggiungerla a pieno senza farsi del male, senza sacrificare la propria vita per quella di un uomo innocente.
Ad una tale cura nella scrittura fa da contraltare una componente tecnica convincente ma mai memorabile. Forse dovuta all’anzianità del cineasta (ormai novantaquattrenne), la componente visiva dell’opera non raggiunge le vette di Mystic River, Million Dollar Baby e Gran Torino, mostrando un lato tecnico descrittivo, corretto, grammaticale, ma lontano dall’incisività che ci si aspetterebbe. I pochi picchi qualitativi sono riscontrabili nel montaggio, in linea con i flashback che scandiscono la vicenda.
Cosa resta dopo aver visto Giurato numero 2? Ciò che rimane è un ottimo film che intrattiene ed invita a riflettere lo spettatore sulla realtà che ci circonda, sulle infrastrutture sociali e giuridiche che regolano la vita quotidiana e sulla complessità della giustizia. Oltre a tutto questo, resta la profonda ammirazione verso un cineasta anziano, longevo ma ancora innamorato del suo lavoro, ancora in grado di portare avanti la sua passione, forse non come una volta, ma poco importa.
Al cinema dal 14 Novembre.