Sin dall’inizio della sua esistenza l’essere umano ha sempre desiderato l’impossibile, l’ignoto. A partire dal fuoco, all’agricoltura, fino all’attuale inarrestabile evoluzione tecnologica, l’uomo ha compiuto passi da gigante per una vita più semplice e appagante. Ma, purtroppo, di tutti questi sogni solo uno rimane irrealizzato… Volare. Ecco che a questo punto sopraggiunge l’immaginazione, che talvolta si trasforma in animazione. Nel 2013 lo Studio Ghibli realizzò uno dei suoi lavori più esemplari e poetici, chiamato Si alza il vento (trailer).
Realizzato con un disegno estremamente pulito e definito, questo film si discosta dalla componente distopica, tipica di ogni suo altro predecessore per mostrare la realtà contingente, verosimile a ciò che noi viviamo, pur comunque mantenendo le sue particolarità. Una di queste, presente nella pellicola, è la perdita di consistenza del materiale. Si può dunque vedere come ogni oggetto e dispositivo, soprattutto nei sogni, nell’istante in cui arriva al suo punto di rottura, diventi malleabile, quasi inconsistente, mutando la sua organicità in altro.
Si alza il vento, ripercorrendo i passi e le gesta del giovane Jirō Horikoshi, un geniale, visionario ingegnere aeronautico, dà particolare importanza alla tradizione dei costumi e dell’educazione. Solca infatti una forte linea di demarcazione tra il mondo orientale e quello occidentale, in particolar modo tra il territorio nipponico e quello italiano. Questa differenza è ben visibile anche nella colonna sonora, dove viene fatto uso del mandolino, unito ai consueti strumenti d’orchestra. Si crea così una sensazione di tranquillità e dolcezza, che arricchisce lo sfondo delle tavole grafiche intrise di colori. Diametralmente opposte sono, però, le catastrofi naturali, evocate da sole tracce vocali. Simili per lo più a gorgoglii e respiri profondi, le tracce vanno ad alimentare l’inquietudine, il terrore, la tragicità dell’evento stesso.
Ciò che, al contrario, accomuna queste due nazioni sono le componenti del sogno e dell’ambizione, ovvero i concetti centrali su cui verte tutta la storia. Non sono altro che la lente di ingrandimento di cui abbiamo bisogno per comprendere a pieno ogni più piccolo significato, mascherato da un leggero velo invisibile. Nel lungometraggio il sogno e l’ambizione sono divisi da un confine molto labile, in quanto l’uno alimenta inevitabilmente l’altro. Entrambi vengono personificati da due figure centrali, il nostro protagonista e l’ingegner Gianni Caproni, e vengono rammentati, di conseguenza, dal rapporto tutt’altro comune che si instaura tra di loro. Infatti la raffigurazione dell’ingegnere italiano non è altro che un monito, un traghettatore spirituale a cui Jirō si affida, pronto ad accompagnarlo verso i suoi desideri reconditi e alla realizzazione dei suoi stessi aeroplani.
“Gli aeroplani sono uno splendido sogno. Il progettista è colui che conferisce forma al sogno”
Piuttosto singolari sono, dunque, i momenti di creazione, piccoli instanti in cui la creatività prende vita, non dissimili da un sogno ad occhi aperti. La componente onirica-favolosa di questi invade la realtà come una brezza imponente.
Altra idea presente in modo preponderante nel film è l’arretratezza della nazione giapponese, non solo rispetto alle altre, ma soprattutto al suo interno. Viene mostrata la differenza abissale economico-sociale che la caratterizza. Da una parte la classe imprenditoriale, ben munita di completi occidentali, mentre dall’altra la fazione più umile, legata ancora ad un abbigliamento tradizionale. Si alza il vento mette il punto, inoltre, sull’impiego della forza lavoro manuale e animale, obsoleta in confronto alla macchina industriale, dovuta alla povertà che dilaga in tutti i territori in un periodo a cavallo tra le guerre.
C’è una costante battaglia per l’onore, la prevaricazione di un paese sull’altro solo per mostrare la propria supremazia e determinare le sorti del futuro. Per questo motivo ogni uomo, di ogni nazione, compie una corsa contro il tempo per essere detentore di nuove e rivoluzionarie scoperte. Anche qui, lo Studio Ghibli raccoglie e unisce tutte queste sfaccettature in un unico simbolo. L’aeroplano assume una doppia valenza: un oggetto di speranza, felicità, emblema di un amore tortuoso di due giovani costretti a fronteggiare continue battaglie, e ancora uno spietato strumento da guerra, un mietitore di anime pronto a portarsele via in un battito di ciglia. Ma, nonostante tutto, questo macchinario meraviglioso ci affascina e ci porta lontano, in un luogo fuori dal tempo e dallo spazio, solo per farci cogliere il fiore della vita. Dopotutto “si alza il vento. Bisogna tentare di vivere”.